To keep at bay
To keep at bay, ovvero Mantenere le distanze. I protagonisti del progetto espositivo, attraverso differenti medium – dalla scultura all’arazzo, dalla pittura all’installazione – costruiscono, ribaltano e decostruiscono frammenti di realtà, recuperando forme, percezioni e progettualità da sconfinati repertori. È una convivenza, la loro, sotto il tetto della galleria.
Comunicato stampa
To keep at bay, ovvero Mantenere le distanze. I protagonisti del progetto espositivo, attraverso differenti medium – dalla scultura all’arazzo, dalla pittura all’installazione – costruiscono, ribaltano e decostruiscono frammenti di realtà, recuperando forme, percezioni e progettualità da sconfinati repertori. È una convivenza, la loro, sotto il tetto della galleria.
Il titolo è da intendere in un senso paradossale, poiché le opere dei giovani artisti invitati saranno parte integrante di un allestimento dinamico, accessibile, all’insegna del dialogo, che consentirà al pubblico di immergersi nelle loro ricerche, privilegiando connessioni tra percorsi differenti e spesso del tutto discordi, favorendo la stretta relazione tra il pubblico e le opere. Ogni artista è presente con uno o più lavori di grandi dimensioni e altri interventi.
Le distanze a cui si fa riferimento sono anche le differenti prospettive con cui gli artisti invitati offrono specifici sguardi sul medium che costituisce la propria personale ricerca: la mostra si caratterizza quindi come un arcipelago in cui i generi si mescolano. Il percorso diviene così policentrico, rivelando un allestimento di analogie, inciampi, vuoti, progettualità e scoperte inattese. Gli artisti – tutti nati tra la metà degli anni Settanta e il decennio successivo – generano, attraverso una dialettica coesistenza delle differenze, una convivenza tra opere, che dialogheranno a distanza più o meno ravvicinata.
Le opere in mostra, relative alla più recente produzione degli artisti coinvolti, sono inedite o reinstallate e ripensate per il progetto espositivo, ribadendo il ruolo della galleria come spazio di osservazione sulle ricerche della stretta contemporaneità e come luogo di sperimentazione sui linguaggi del presente, una palestra.
C’è un legame sottotraccia che si ravvede osservando le opere in mostra, riguarda questioni sulla forma, declinata con approcci quanto mai differenti, dall’immagine al suo azzeramento totale, dalla scultura di ascendenza minimalista a quella giocosa e scanzonata, dalla bidimensionalità alla tridimensionalità. Perciò l’allestimento non è da intendere come un itinerario tra isole monografiche, ma spesso come un ragionato pretesto per mettere in relazione opere che vivono una dialettica aperta, nelle proprie accentuate disuguaglianze. Tutti gli spazi della galleria, in senso orizzontale e verticale, sono messi alla prova da queste improvvise forze contrastanti, che però generano una multiforme panoramica anche di metodi di lavoro, dall’opera progettata con l’ausilio della tecnologia a quella concepita con sapienza da giocoso bricoleur, alla pittura, a stratificazioni di materie generate da un homo faber. Mantenere le distanze pertanto è un invito opposto, che chiede al pubblico di addentrarsi in queste dinamiche, di interrogare non soltanto le opere nella loro legittima autonomia, ma di entrare nel percorso di mostra vivendo pienamente la plurale esplorazione dei dialoghi.