Tommaso Ottieri
il filo conduttore della ricerca di Ottieri, nonché il tema della mostra, è da sempre la città, intesa come un organismo vivente, fatto di carne e sangue che, giorno dopo giorno si consuma, si altera, si modifica.
Comunicato stampa
il filo conduttore della ricerca di Ottieri, nonché il tema della mostra, è da sempre la città, intesa come un organismo vivente, fatto di carne e sangue che, giorno dopo giorno si consuma, si altera, si modifica. L’autore desidera partire da una città per raccontare agli uomini cose e vicende che li riguardano, vuole sì rappresentarla ma vuole disegnare nel contempo le nostre vite che la attraversano, che la pervadono e inevitabilmente la modificano. Le città esprimono la potenza dell’essere umano, che ha saputo crearle, distruggerle, riedificarle e incarnano quindi potenzialità e risorse, fiducia e speranza nel genere umano che non può dissolversi in pessimismi e autocommiserazioni.
“Non dipingo città in fiamme per dare voce al lamento di una terra affranta. Io metto il fuoco perché il fuoco è potenza e salvezza, è la forza che scorre dentro le mura e dentro le vene.
Dipingo le città sempre come le donne che amo, per metterle in piedi davanti ad un cielo maestoso ed allo spettacolo di un mondo che sempre tramonta ma sempre albeggia.”
Con queste parole Ottieri parla della proprio pittura e di ogni forma espressiva che, vissuta come redenzione, può guidarci, attraverso l’espiazione, fino alla salvezza. La funzione dell’arte e dell’artista è vissuta da Ottieri con profonda consapevolezza “Cerchiamo di creare qualcosa che possa contrastare i venti di pessimismo che ci si rovesciano addosso di questi tempi. Ci proviamo con la grazia, ci proviamo con l'eleganza e ci proviamo anche con la forza, l'intensità delle suggestioni che evochiamo, la densità del colore violento ed aggressivo. (..) Più che in altri momenti storici, quello che facciamo non abbellirà soltanto, non darà stupore o riposo agli occhi da giornate troppo confuse. Ora noi alleniamo alla speranza, noi cerchiamo di persuadere che il temporale si sta allontanando, noi vogliamo convincere che insieme a quello che ci portiamo dietro dal passato può aprirsi in ogni momento un nuovo passaggio dentro la notte.”
L’autore ama rappresentare la città servendosi del monocromo, sfumando un unico colore dalle tonalità più sature a quelle più trasparenti: una piazza di Parigi totalmente blu, palazzi ed alberi compresi, una visione aerea di Madrid, ove tutto è color ocra. Non è certo casuale la scelta del colore ma senz’altro di secondaria importanza, sebbene sia la prima cosa che ci colpisce, e anche con una certa violenza. Uno sguardo più attento svela luminosità, contrasti, volumi, prospettive e asimmetrie che anche in assenza del colore si imporrebbero con grande forza.
Capitali storiche e modernissime metropoli sono animate da luci e bagliori, chiarori improvvisi e luminosità diffuse che contrastano con l’oscurità di fondo dei notturni, che l’autore predilige come ambientazione per i suoi paesaggi urbani.
Aspetto non irrilevante è la predilezione di Ottieri per i grandi formati che sembrano avvolgere e fagocitare l’osservatore. E’ sulle ampie superfici infatti che Ottieri ama lavorare, a volte anche su più tele contemporaneamente dando origine a dittici e trittici che arrivano sino a 5 metri di larghezza. Si ha a volte l’impressione di essere risucchiati verso il fulcro del dipinto: piazze, strade, edifici presentano spesso un’insolita prospettiva ed una sorta di circolarità che sembra attivare una forza centrifuga che fa convergere ogni cosa, portando con sé anche lo sguardo dell’osservatore.
_____________________________________
Tommaso Ottieri nasce nel 1971 a Napoli, dove vive e lavora. Studia architettura all'Università Federico II di Napoli ed alla Robert Gordon University di Aberdeen (UK). Nel 1996 apre il suo studio in Oia, Santorini (Grecia). Nel 1998 apre il suo studio a Napoli, dove tuttora vive e lavora.