Tothi Folisi / Massimo Ricciardo – Se stessimo uno di fianco all’altro ci sarebbe posto per tutti e spazio per nessuno
Allestita come un’unica grande esposizione, questa
doppia personale esplora l’esperienza dell’arte al cospetto delle strategie di trasformazione susseguenti alla mutata condizione del concetto di abitare.
Comunicato stampa
DOM art space presenta la mostra "Se stessimo uno di fianco all'altro ci sarebbe posto per tutti e spazio per nessuno" con Tothi Folisi e Massimo Ricciardo curata da Vincenzo Estremo. Allestita come un’unica grande esposizione, questa doppia personale esplora l’esperienza dell’arte al cospetto delle strategie di trasformazione susseguenti alla mutata condizione del concetto di abitare. L’assetto dello spazio urbano è in perenne mutamento ed è chiaro che le città ed i luoghi urbani in generale, tendano verso una sempre più crescente modificazione a favore del controllo, della repressione e della sorveglianza operate quotidianamente. Razionalizzazione e controllo sono due elementi contingenti di una più ampia strategia biopolitica. Un controllo garantito da un apparato di tecnologie indispensabili al mantenimento di rapporti sociali di oppressione e
sfruttamento. La sorveglianza tecnologizzata contribuisce al mantenimento della pace sociale, così che tutto quello che rompe questa condizione di accettazione realista finisce per essere stigmatizzato e avversato. La mostra si muove ai margini di Manifesta provando a sottolinearne la genealogia liberista-progressista. Una riflessione sulla condizione dell’arte e del suo ruolo all’interno di un sistema che assimila e anticipa tendenze del capitalismo globale. Attraverso le singole ricerche degli artisti e una discussione intrecciata fra gli artisti e il curatore, si è inteso dialogare a margine sul peso che le piattaforme espositive biennali hanno sulla trasformazione urbana. Un dispositivo, quello delle grandi mostre internazionali, che è espressione diretta del tardo capitalismo e che condiziona sensibilmente il dato abitativo. Una riflessione che, partendo dalla "deregulation" dell’abitare contemporaneo, vuole riflettere sulle conseguenze e sui benefici che l’arte apporta al mercato immobiliare. Una indagine sulle conseguenze del neoliberismo e sul suo peso rispetto al diritto alla casa. Una meta-riflessione sull’arte e sulle sue conseguenze che ha avuto come punto di partenza il concetto di economia libidinale di cui parlava Lyotard nel 1974 e che guarda al sistema dell’arte come piattaforma narcisistica svuotata del suo stesso senso critico. Una mostra che ripensa l’artista come quell’uomo di Orwell che “...ha solo commesso l’errore di scegliere un mestiere col quale è impossibile diventare ricco.”