Tre mostre
Due mostre personali e una doppia personale, tra pittura, scultura, fotografia e tecniche miste.
Comunicato stampa
Terzo appuntamento per la Galleria 20:
un nuovo spazio per l’arte contemporanea a Torino
Si inaugurano domenica 20 ottobre 2013, alle ore 16.00, presso la neonata “Galleria 20”, a Torino, in Corso Casale 85, negli ampi spazi espositivi, due mostre personali e una doppia personale, tra pittura, scultura, fotografia e tecniche miste.
Queste le tre mostre presentate nei tre differenti spazi che compongono la Galleria20:
Paulus Helbling: Variété d'abstraction (mostra di fotografia)
Giuseppe Orsenigo: La vita che vorrei – mostra antologica 2000/2013 (tecniche miste)
Ezio Mazzella e Dennis Fazio: La forma e la sintesi (mostra di pittura e scultura)
Tutte e tre le mostre sono curate da Virgilio Patarini.
La Galleria20: quattro vetrine su strada, sei sale spaziose, per oltre 170 mq complessivi di esposizione sulla riva del fiume Po. Uno spazio dedicato all’arte contemporanea emergente, soprattutto italiana, nato dalla collaborazione tra la Galleria Ariele di Torino, la Rivista 20 e Zamenhof Art di Milano. Sotto la direzione organizzativa di Enzo Briscese e quella artistica di Virgilio Patarini. Per un'Arte Contemporanea vera, di sostanza, al di là delle mode e del sensazionalismo.
Le mostre resteranno aperte fino al 31 ottobre 2013, tutti i giorni, dalle 15 alle 19. Lunedì chiuso.
Ingresso libero
Qui di seguito una breve presentazione delle tre mostre
In allegato alcune foto di opere esposte.
Paulus Helbling: Variété d'abstraction
Paulus Helbling (nato a Milano nel 1956, attualmente vive e lavora a Basilea) presenta lavori di fotografia che tendono ad un'astrazione geometrica e "minimal" al tempo stesso. Le sue opere si caratterizzano per la realizzazione di particolari strutture in cui predomina l'aspetto intellettuale rispetto a quello emozionale. Buona parte dei lavori effettuati si basano su attenti studi e lunghe ricerche svolte negli archivi d'arte, fotografici e architettonici di vari musei, fondazioni, istituti, gallerie e nel mondo del web. Le immagini che propone nelle sue mostre sono state realizzate con apparecchi analogici degli anni sessanta (hasselblad serie 500c e nikomat). Il suo lavoro parte dall'idea, prosegue con lo scatto, poi in camera oscura procede con correzioni, migliorie, accorgimenti tecnici o alcune manipolazioni necessarie, come assemblaggi ed altro, rimanendo però sempre fedele alla struttura dell'immagine di base.
L'utilizzo del colore viene riservato spesso a quelle opere più "emozionali" che per il fruitore hanno una lettura meno impegnativa rispetto ai lavori in bianco e nero. Usa raramente obiettivi abituali sull'apparecchio fotografico. Utilizza invece delle lenti molto particolari fabbricate appositamente e spesso pellicole vecchie non usate. A volte lavora con il solo corpo macchina senza obiettivi e lenti. Dall'idea primaria alla realizzazione finale di queste opere sono necessari a volte anche lunghi periodi di “incubazione”.
Giuseppe Orsenigo: La vita che vorrei. Mostra antologica 2000-2013
Giuseppe Orsenigo (Cantù, 1948) è il prototipo dell'artista post-moderno. In lui c'è un impulso irrefrenabile ad una sintesi estrema di elementi lontani tra loro, apparentemente incongruenti, discordanti. La contaminazione per l'artista canturino è una seconda natura, un habitus mentale che è diventato una seconda pelle. Egli usa di tutto per le sue composizioni: fotografia, disegno, pittura, disegno geometrico, materiali di ogni tipo come metallo, legno, resine, carte applicate. Spesso i suoi quadri sono veri e propri bassorilievi, con bombature metalliche, parti in rilievo, aggettanti. Gli elementi figurativi si mischiano a quelli informali, l'uso pop di fotografie tratte da riviste patinate si alterna a guizzi geniali di arte provocatoria e concettuale, in una ridda ubriacante di riferimenti, citazioni, allusioni, capaci di conciliare la dimensione onirica e delirante del mito con la quotidianità. Ogni opera di Orsenigo è l'esplorazione di un mondo. Ogni volta un nuovo mondo, in un gioco differente di razionalità e emozione, di sogni affastellati, scomposti e ricomposti e di concreti, puntuali riferimenti alla realtà. Con colpi di scena e alzate d'ingegno uniche e spiazzanti. Come ad esempio nell'opera intitolata 'Psicanalisi': una grande lastra di metallo nero, un metallo cangiante alla luce, lucido e opaco al tempo stesso, con al centro un buco, in profondità, qualche centimetro nel buio, una minuscola superficie di specchio infranto e ricomposto, in cui, non chiunque, ma solo il fruitore che si avvicini e guardi dentro, nel buco, può scorgere se stesso: il proprio volto, il proprio occhio infranto e ricomposto. Un'opera così, che coniuga Fontana e Pistoletto (e che li supera, almeno in sense of humour), basta da sola a sancire la statura di un artista. Perchè , certo, un artista come Orsenigo è un nano rispetto a giganti come Fontana e Pistoletto, ma se il nano si arrampica sulle spalle dei giganti ...
Virgilio Patarini
(Da “Post-Avanguardia”, a cura di P. Levi e V. Patarini, Ed. Mondadori, 2010)
Dennis Fazio e Ezio Mazzella: La forma e la sintesi
Mentre la scultura di Dennis Fazio (nato a Melbourne nel 1963 e residente a Pieve di Teco, Imperia) presenta una serie di silhouettes di legno scolpito e levigato, allungate, dalle forme sinuose ed ellittiche, filiformi ed elegantemente stilizzate, la pittura di Ezio Mazzella (nato a Milano nel 1936 e ivi residente) si gioca tutta tra una gestualità espressionista dinamica e decisa, che può richiamare alla memoria il magistero di Vedova o di altri protagonisti dell’Action Painting come Kline o De Kooning, e una sapiente costruzione di spazi virtuali, immaginari, fatta di piani che si sovrappongono, intersecano, di vaga reminescenza proto-cubista, con una tavolozza calda, intensa, decisa in cui si privilegiano le ocre, i gialli, i rossi, le terre.
Il maturo pittore milanese giunge a questi traguardi dopo aver praticato per decenni una solida pittura figurativa dalla pennellata pastosa e dalla sintesi decisa delle forme, dichiaratamente debitrice dell’esperienza di Ennio Morlotti. Verso la fine degli anni novanta Ezio Mazzella varca il rubicone della figurazione per addentrarsi nei territori dell’astrazione pura, rivelando un’inquietudine e una vocazione alla ricerca fino ad allora forse insospettabili. Allo stesso modo la scultura del più giovane artista ligure nasce da una matrice figurativa in cui un processo di sintesi formale trasforma delle figure femminili ad un puro gioco di forme allungate allusive ed elusive.
Entrambi gli artisti fanno tesoro dell’esperienza acquisita in tanti anni nell’arte della composizione e della distribuzione degli equilibri delle forme, per giungere, grazie all’abbandono della componente figurale, ad una essenzialità e ad una efficacia inedite. Ed è come se assistessimo al prodigio di vedere materializzarsi, davanti ai nostri occhi, l’essenza dei paesaggi e delle nature morte dipinti nei decenni precedenti da Mazzella o delle figure dipinte o scolpite da Dennis Fazio. E l’astrazione rivela il suo etimologico significato primigenio di ‘distillato’ della figurazione.