Tutto è connesso 2
Il Castello di Rivoli presenta al pubblico tutto è connesso 2, un nuovo allestimento della collezione permanente, in continuità con la più ampia ridefinizione degli spazi dedicati alla precedente mostra tutto è connesso. La rassegna, che si tiene nelle sale storiche al primo piano della Residenza Sabauda, è stata ideata come ulteriore riflessione sul percorso espositivo basato sulle opere della collezione.
Comunicato stampa
Il Castello di Rivoli presenta al pubblico tutto è connesso 2, un nuovo allestimento della collezione permanente, in continuità con la più ampia ridefinizione degli spazi dedicati alla precedente mostra tutto è connesso. La rassegna, che si tiene nelle sale storiche al primo piano della Residenza Sabauda, è stata ideata come ulteriore riflessione sul percorso espositivo basato sulle opere della collezione. Come ormai tradizione del Museo, le opere sono state allestite con il determinante contributo degli artisti, dialogando con la particolarità architettonica delle sale storiche del Castello.
tutto è connesso 2 offre al pubblico la possibilità di incontrare acquisizioni inedite o depositi a lungo termine mai esposti prima al Museo. Sono esposte opere di Allora&Calzadilla, che presentano Stop, Repair, Prepare: Variations on Ode to Joy for a Prepared Piano (Fermati, ripara, prepara: variazioni all’Inno alla Gioia per un pianoforte modificato) del 2008, ambiziosa performance che viene eseguita nella sala 14 durante gli orari di apertura del Museo dal 23 maggio al 12 giugno. Domenica 5 giugno è inoltre in programma un incontro aperto al pubblico con gli artisti, che rappresentano gli Stati Uniti alla prossima Biennale di Venezia; Elisabetta Benassi, artista invitata a partecipare anch’essa alla Biennale che, nelle sale 15 e 16, presenta l’opera Telegram from Buckminster Fuller to Isamu Noguchi explaining Einstein’s theory of relativity (Telegramma inviato da Buckminster Fuller a Isamu Noguchi per spiegare la teoria della relatività di Einstein) del 2009. Oggi quel telegramma diventa un grande tappeto, un oggetto quotidiano e un ricordo, un segno trasmesso dalle utopie moderne del Novecento alla nostra epoca, e da un altro luogo di riformulazione e appropriamento della storia del Novecento in una originale riscrittura narrativa attraverso una preziosa serie di acquerelli eseguiti tra il 2010 e il 2011; Goshka Macuga, artista già presente in collezione con una grande e complessa installazione, nella sala 10 presenta Untitled (After P. Gallizio) (Senza titolo - dopo P. Gallizio) del 2006, una serie di sculture ispirate ai disegni di Pinot Gallizio; Anna Maria Maiolino con il trittico fotografico Entrevidas (Between Lives) – from Fotopoemação Series del 1981-2010 oltre alla grande installazione omonima nella sala 7 in cui il pubblico è invitato a camminare tra le uova generando tensione al visitatore che come in una sorta di ricognizione del territorio, si fa strada in questo campo minato con la fragilità della vita; e di Kateřina Šedá No Light (Nessuna luce), 2010 presentata nella sala 11. Il progetto dell’artista ceca è una sorta di mappatura del nuovo insediamento industriale che il noto marchio automobilistico Hyundai ha costruito nella cittadina di Nošovice, località rurale di appena 960 abitanti. Questa interferenza ha creato un’irrimediabile compromissione delle relazioni sociali e delle dinamiche comunitarie preesistenti all’insediamento industriale.
La maggior parte delle opere in mostra sono parte del gruppo di acquisizioni 2010 della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT.
tutto è connesso 2 è il secondo atto del riallestimento della collezione permanente. La scelta ricade su un discorso artistico di particolare attualità - la rilettura di avvenimenti del passato con collegamenti storici, culturali o sociali in chiave non solo di denuncia, di riflessione o di appartenenza, ma anche con un taglio fortemente poetico.
Al primo piano del Castello di Rivoli sono presentate nuove acquisizioni di cinque artisti di varie generazioni e identità culturali e geografiche: Allora&Calzadilla, Elisabetta Benassi, Goshka Macuga, Anna Maria Maiolino, Kateřina Šedá che proseguono il percorso espositivo iniziato con la rassegna tutto è connesso a partire dalle opere di Emily Jacir, Mona Hatoum, Marzia Migliora, Susan Philipsz e della stessa Goshka Macuga.
L’obiettivo è approfondire gli aspetti multiformi della collezione permanente e delle nuove acquisizioni delineando una ricerca nell’ambito dei progetti espositivi del Museo, un tracciato nelle viscere della memoria e nelle direzioni per l’avvenire.
Il lavoro di ciascun artista in mostra riflette le scelte, spesso radicali, che ne hanno influenzato il percorso culturale. Prospettive individuali difformi, esempi capaci di guardare ‘avanti e indietro’ con modalità intrise di emozioni, sensibilità e messaggi. Spesso occorre un evento particolare, un anniversario, una crisi, un conflitto o una coincidenza per renderci consapevoli, per metterci in pausa. Gli artisti di tutto è connesso 2 ripongono ogni sforzo per comprendere la memoria e, attraverso la capacità di recuperarne la consapevolezza, ne trasferiscono poeticamente gli esiti, ponendo le condizioni per il futuro.
Nelle due sale a lei dedicate, Elisabetta Benassi compone un insieme di opere riformulando la storia del Novecento in un’originale riscrittura narrativa - una sorta di raccolta caotica di casi temporali sovrapposti e intrecciati - attraverso una preziosa serie di acquarelli che riproducono il retro di fotografie, eventi descritti da ritagli e note applicate alle immagini, materiale ritrovato negli archivi di grandi quotidiani e agenzie stampa italiane e statunitensi. Insieme alla serie degli acquarelli è esposto Telegram from Buckminster Fuller to Isamu Noguchi explaining Einstein’s theory of relativity (Telegramma inviato da Buckminster Fuller a Isamu Noguchi per spiegare la teoria della relatività di Einstein), 2009. Quel telegramma diventa oggi un grande tappeto, un oggetto quotidiano e un ricordo, un segno trasmesso dalle utopie moderne del Novecento alla nostra epoca, oltre ad un’inedita scultura. L’installazione è accompagnata da un libro d’artista che raccoglie circa cinquecento acquarelli. Afferma l’artista “Tutto va visto dal punto di vista dell’oggi: è adesso che gli avvenimenti diventano contradditori, che non c’è più coincidenza tra quanto annunciato nel passato e quel che è poi realmente accaduto o che gli eventi appaiono dotati di un valore profetico che non possedevano in origine.”
In una delle sale auliche del Castello, Jennifer Allora & Guillermo Calzadilla portano l’ambiziosa e complessa opera performativa Stop, Repair, Prepare: Variations on Ode to Joy for a Prepared Piano (Fermati, ripara, prepara: variazioni all’Inno alla Gioia per un pianoforte modificato) del 2008.
Un pianista suona in piedi, rivolto al contrario, da un buco scavato al centro di un pianoforte Bechstein, eseguendo il quarto movimento della Nona Sinfonia di Beethoven, comunemente conosciuto come Inno alla Gioia. Questo famoso finale, da sempre invocato come rappresentazione musicale della fraternità universale, è stato spesso utilizzato in contesti ideologicamente molto diversi tra loro: dalla Rivoluzione Culturale Cinese, alla pretesa supremazia dei bianchi in Rhodesia, al Terzo Reich. Oggi è divenuto l’inno dell’Unione Europea. Per la sua struttura musicale incompleta (il buco rende infatti inoperative due ottave dello strumento) e a seconda della dinamica del pianista all’interno dello spazio espositivo, interprete e pianoforte diventano un unico strumento, creando variazioni alla melodia rispetto alle proprie caratteristiche. Un paradosso che genera un’esplosione di poetica contemporanea.
Artista italiana immigrata in Sud America da bambina, Anna Maria Maiolino pratica il proprio lavoro, attraversato da diversi linguaggi, rimanendo sempre legata alle questioni riguardanti la propria identità di emigrante. In tutto è connesso 2, insieme al trittico fotografico omonimo, presenta la grande installazione Entrevidas (Between Lives) in cui il pubblico è invitato a camminare tra uova adagiate sul pavimento. Bypassando la minaccia del passo falso che corre il rischio di distruggere i fragili segni di vita sul pavimento, il visitatore si trova coinvolto in una ricognizione del territorio, un percorso in situazione di tensione attraverso una sorta di campo minato.
L’esperienza vissuta durante i difficili anni della dittatura militare in Brasile, ha portato Maiolino a interrogarsi sui limiti tra la vita e la morte, sui temi della resistenza, della fecondazione e del pericolo. Come l’artista stessa precisa “Così riviviamo quello che è stato dimenticato e passo dopo passo ricordiamo ciò che è conosciuto”.
Già presente nella collezione del Museo con la grande installazione The Nature of the Beast, Goshka Macuga espone una serie di sculture in ceramica dedicate a Pinot Gallizio (Alba, 1902 – 1964). La dedizione all’approfondimento tematico attraverso indagini d’archivio, nel 2006 porta Macuga a scoprire l’artista albese Pinot Gallizio. Nell’analizzarne i materiali d’archivio, l’attenzione di Macuga si focalizza su un insieme di sculture in ceramica del 1955, con il tempo andato distrutto. Traendo ispirazione dai disegni preparatori o dalle fotografie dello stesso Gallizio, l’artista polacca ha deciso di ‘riprodurre’ quattro sculture creando l’opera Untitled (After P. Gallizio) (Senza titolo - dopo P. Gallizio), 2006.
Ancora una volta, come spesso avviene nei suoi progetti, l’artista rimette in circolazione oggetti, storie, forme di altri artisti riposizionandoli in luoghi e tempi differenti.
No light, una sorta di mappatura scultorea, è il primo step di un complesso progetto con cui l’artista ceca Kateřina Šedá analizza il contesto sociale nel quale si è ritrovata la cittadina di Nošovice, località rurale di appena 960 abitanti, all’indomani della nascita del nuovo insediamento industriale che il noto marchio automobilistico Hyundai ha costruito dividendo traumaticamente la città in due. L’insediamento ha creato notevoli disagi: il tempo necessario ad attraversare la città è diventato undici volte superiore, raggiungere un conoscente diventa un problema anziché un piacere. Il paesaggio naturale non esiste più. La viabilità dell’intera area si è trasformata, i sentieri sono divenuti vicoli ciechi. Anche la luce è cambiata. Questa interferenza, questo fattore estraneo al tessuto sociale ha creato un’irrimediabile compromissione delle relazioni e delle dinamiche comunitarie preesistenti, arrecando un serio disagio alla popolazione. L’artista sta proseguendo il proprio progetto con l’intenzione di rappresentare utopisticamente un nuovo modello di impianto urbanistico accessibile da tutti i lati.