Ugo La Pietra – I Gradi di Libertà
La mostra, che inaugura la nuova stagione espositiva della galleria milanese, raccoglie una serie di importanti opere concepite dall’artista negli anni Settanta, un decennio tra più innovativi e produttivi dell’intera attività di La Pietra e che ora è al centro di una nuova attenzione da parte del pubblico e degli addetti ai lavori. La mostra è accompagnata da un testo critico di Marco Scotini.
Comunicato stampa
La Galleria Laura Bulian è lieta di annunciare l’apertura della mostra “I Gradi di Libertà” di Ugo La Pietra, prima personale dell’artista presso i propri spazi. La mostra, che inaugura la nuova stagione espositiva della galleria milanese, raccoglie una serie di importanti opere concepite dall’artista negli anni Settanta, un decennio tra più innovativi e produttivi dell’intera attività di La Pietra e che ora è al centro di una nuova attenzione da parte del pubblico e degli addetti ai lavori. La mostra è accompagnata da un testo critico di Marco Scotini.
Il titolo della mostra “I Gradi di Libertà” ricalca uno degli slogan più fortunati di Ugo La Pietra, con cui l’artista ha voluto indicare alcuni cicli della propria ricerca, a carattere più dichiaratamente concettuale, compresi tra il 1969 e il 1976: anni dell’architettura radicale e della costellazione Global Tools. Ma più che circoscrivere un periodo, l’espressione “gradi di libertà” indica piuttosto una risposta radicale all’utopia modernista e alla fine dei grandi soggetti collettivi. Si tratta di un metodo di lavoro e, allo stesso tempo, di una vera e propria filosofia. Sostituire il carattere esclusivo del progetto con forze d’espressione molecolari e molteplici, così come rimpiazzare il processo di trasformazione con concatenamenti graduali o forme di modulazione, significa incidere non solo sui modi con cui tanto il sociale che l’urbano sono stati pensati nella modernità. Significa anche compromettere le stesse categorie dell’arte.
Cicli di lavoro, prevalentemente fotografico e testuale, come “Itinerari preferenziali”(1969), “Recupero e reinvenzione” (1969/76) oppure “Ad ognuno la propria realtà” (1972/74) e “Viaggio sul Reno” (1974) - tutti presenti in esposizione - rifiutano l’astrazione e recuperano territori prima emarginati in favore della scoperta di una creatività anonima e di spazi ancora disponibili. Allo stesso modo, dispositivi elementari come “Il Commutatore” (1970) o la panchina in “Decodificazione dell’ambiente” (1975) - anch’essi in esposizione - sospendono ciò che esiste di costituito, individuato e di abitudinario per promuovere l’evento. Lo stesso vale per la straordinaria opera-inchiesta “Il desiderio dell’oggetto” (1973) che è una sorta di critica istituzionale e disciplinare in atto.
Quando Ugo La Pietra, negli anni ’70, interviene nell’architettura e nell’urbano con una pluralità di proposte semiotiche (eclettiche ed eterogenee) non articola la sua ricerca nell’ordine della libertà espressiva o stilistica (come si è ripetuto) ma in quello della necessità percettiva: rottura del monolinguismo (non solo disciplinare) in funzione dell’adesione a quei processi di trasformazione topografica e sociale, non più riconducibili ad una relazione univoca tra dispositivi d’osservazione e fenomeni osservati.
Di fatto La Pietra è un costruttore di modelli, un toolsmaker, e negli anni Settanta si trova ad operare alle soglie di quella che è stata definita società dell’informazione, con la sua morfologia ‘a rete’ e il ‘controllo’ come dispositivo di potere. Se non c’è un modello che prevale su tutti gli altri, se è vero che l’artista “si allontana dall’unidirezionalità di una ricerca intesa a conoscere solo un’unica soluzione progettuale” (come è stato detto), ciò è perché La Pietra intende affermare una molteplicità di relazioni, una pluralità di biforcazioni, una coesistenza di possibilità in attesa di attualizzazione.
In rapporto a questa proposta difficilmente categorizzabile e riducibile, la mostra presenta una pluralità di elementi espressivi che vanno dai collage e fotomontaggi al video, dal libro d’artista alle strutture plastiche, senza aver la pretesa di esaurire l’infinita proliferazione estetica di Ugo La Pietra.
Ugo La Pietra was born in Bussi sul Tirino (Pescara) in 1938. He lives and works in Milan
Selected works since 2007
2016: Un Art Pauvre, Curated by Mnam/Cci, Frédérique Paul, Bernard Blistène, Centre Pompidou, Paris, France;
ABITARE è essere ovunque a casa propria. Opere e ricerche nell’ambiente urbano 1966-2016, Curated by Marco Meneguzzo, MA*GA Museum, Gallarate, (Va), Italy;
L'Inarchiviabile, Curated by Marco Scotini, FM Centro per l'Arte Contemporanea, Milan, Italy;
From the Collection: Bild, Realität und Forschung von 1960 bis 1980, Curated by Gudrun Danzer and Günther Holler-Schuster, Universalmuseum Joanneum Neue Galerie Graz, Graz, Austria.
2014 : Ugo La Pietra. Disequilibrating Design, curated by Angela Rui, Triennale Design Museum, Milan, Italy. (solo show).
2012: Goodbye Seventies, Palazzo Reale, Milan, Italy; Radical City, Archivio di Stato, Turin, Italy;
Living in Milan, Fondazione Mudima, Milan, Italy (solo show).
2010: Ugo La Pietra. Ceramics, Museo Hoffmann, Caltagirone, Italy (solo show).
2009: Ugo La Pietra. Architectural works from the 1960s and 1970s , FRAC Centre, Orléans, France (solo show); Ugo La Pietra. Ceramics, MIC, Faenza, Italy (solo show).
2008 : Ugo la Pietra, curated by Vittorio Fagone, Fondazione Mudima, Milan, Italy (solo show).
2007: Public, actions and ideas in the Seventies in Italy, Museo Villa Croce, Genoa, Italy; Seventies. The long decade of the short century, Triennale di Milano, Milan, Italy