Ugo Ricciardi – De Altaribus
De Altaribus – La densità dei luoghi è un progetto di mostra inedito con fotografie che l’autore ha realizzato in loco esplorando i suggestivi spazi dell’antica Abbazia di Cavour.
Comunicato stampa
L’Associazione Culturale Anno Mille in collaborazione con il Comune di Cavour è lieta di ospitare le opere del fotografo Ugo Ricciardi presso il complesso abbaziale di Santa Maria.
De Altaribus - La densità dei luoghi è un progetto di mostra inedito con fotografie che l’autore ha realizzato in loco esplorando i suggestivi spazi dell’antica Abbazia di Cavour. Opere che dialogano con una selezione di alcune immagini del progetto espositivo Nightscapes che fanno parte della ricerca fotografica dell’artista che nel corso degli anni ha sperimentato diverse tecniche di “scrittura di luce”. La costante ricerca di Ricciardi, dall’incontro con il paesaggio notturno di un ambiente naturale al confronto con uno spazio-luogo come la cripta della millenaria Abbazia benedettina, trova espressione nel delicato rapporto tra sacro e profano. La cripta della Chiesa di Santa Maria è uno spazio celato, tutto da scoprire e riscoprire: intimo, nascosto, denso di stratificazioni temporali che rimandano a un significato codificato che permane, integro, oltre il tempo, oltre il sacro, oltre il profano. Un ambiente suggestivo dominato dalle colonne che incorniciano al centro dell’abside maggiore l’altare, secondo la tradizione il più antico del Piemonte, costituito da materiali di reimpiego dell’antico centro romano di Forum Vibii sul quale sorge l’Abbazia. Un altare in pietra e marmo che rimanda alle origini della mensa cristiana sopra la quale si offre a Dio il sacrificio che è divenuto mistico. Il senso del mistero che si respira in questo spazio cattura il pellegrino che visita il luogo sacro così come il visitatore laico che ne esplora la conoscenza e l’artista che si è calato nei suggestivi spazi interpretandoli attraverso la sua ricerca artistica.
Dalle visioni notturne in esterno a quelle scaturite dall’incontro con il buio ambiente della cripta, che accende lo sguardo nella ricerca degli elementi che lo caratterizzano, le immagini in mostra portano ad una visione tra il mondo terreno e quello spirituale. Due mondi opposti e dai forti contrasti, ma strettamente connessi, indagati dal fotografo attraverso una ricerca che inizia di giorno, tempo in cui l’autore esplora i luoghi e le cose che poi sceglie di catturare al tramonto, con la luce naturale del giorno che trapassa in quella notturna, tra le pieghe di ombre e penombre.
De Altaribus è un lavoro che abbraccia il significato profondo e simbolico dell’altare che in senso più metaforico indica la crescita, il sollevarsi verso il luogo elevato e la sommità dell’ara sopra cui si facevano le offerte e si bruciava l’incenso agli Dei celesti. L’altare è l’oggetto più sacro del tempio, la ragione della sua esistenza è la sua stessa essenza, perché in caso di necessità si può celebrare la divina liturgia anche fuori dalla chiesa, ma è assolutamente impossibile fare questo senza un altare di pietra. Pietra che rappresenta il forte legame tra la sacralità e la natura e rimanda ai misteri che venivano celebrati in luoghi aperti e silenziosi, ricongiungendoci alla sacralità degli alberi destinata alle offerte per la statua del nume. Gli alberi, opere monumentali della natura e sacri per molte culture, ritornano continuamente nei lavori dell’artista come fonte inesauribile d’ispirazione. Alberi come ara e altare come “centro” da cui tutto si sprigiona e converge come un’anima armoniosa che emana un’energia che si irradia seguendo le linee delle forme e dei volumi in espansione, che si dilata fino a riempire lo spazio e poi si raccoglie nel cuore della sua origine che è interiorità pura. Dal “centro” ai cerchi di luce di Ricciardi che abbracciano i luoghi con i quali instaura un forte contatto, immergendosi in essi per coglierne l’essenza. Il fotografo con la sua luce impalpabile, che fluisce come morbide pennellate, cinge gli elementi della sua visione attenuandone la rigidità e restituisce porzioni di realtà rivelatrici di speranza e meraviglia che affiorano dal buio profondo. Le opere in mostra nelle sale dell’ex monastero benedettino raccontano di un rapporto profondo con i luoghi e rappresentano la capacità dell’artista di interpretare la densità dei luoghi esplorati con forte misticismo.