Un capolavoro ritrovato di Orazio Lomi Gentileschi
Un capolavoro ritrovato di Orazio Lomi Gentileschi, La Madonna in adorazione del Bambino. L’esposizione è a cura di Pierluigi Carofano e si avvale di un comitato scientifico composto da Raymond Ward Bissel e Marco Pierini.
Comunicato stampa
L’Opera della Primaziale Pisana in collaborazione con la Galleria Nazionale dell’Umbria e con la Libera Accademia di Studi Caravaggeschi, organizza dal 19 luglio al 19 settembre 2018 al Museo delle Sinopie di Pisa, la mostra Un capolavoro ritrovato di Orazio Lomi Gentileschi, La Madonna in adorazione del Bambino. L’esposizione è a cura di Pierluigi Carofano e si avvale di un comitato scientifico composto da Raymond Ward Bissel e Marco Pierini.
La mostra si propone lo scopo di presentare al grande pubblico La Madonna in adorazione del Bambino, un dipinto poco conosciuto di Orazio Lomi Gentileschi (Pisa 1562 - Londra 1639), noto alle cronache per essere il padre di Artemisia, mettendolo in relazione con la Santa Cecilia che suona la spinetta della Galleria Nazionale dell’Umbria e con la Madonna con Gesù Bambino addormentato dipinta da Orazio in collaborazione con il figlio Francesco.
Questo dipinto di Orazio Lomi Gentileschi è stato intitolato dalla storiografia come una Madonna con il Bambino Gesù, ma il soggetto a cui l’opera si accosta maggiormente è quello della ‘Madonna in adorazione del Bambino’. Ma anche in questo caso, nonostante esso possa sembrare il titolo più appropriato, è in realtà impreciso poiché nella produzione figurativa del Medioevo e del Rinascimento quel tipo di iconografia prevede che la madre di Gesù sia raffigurata con entrambe le mani aperte (come nel celebre dipinto di Correggio della National Gallery di Londra) o giunte in preghiera (come nell’altrettanto famosa tavola di Filippino Lippi agli Uffizi). Nel caso del dipinto di Orazio Lomi Gentileschi la figura della Madonna non corrisponde ad un preciso canone iconografico ma tale gestualità indica la presenza di una forte emozione interiore. Non è quella di una Madonna adorante, ma della Madre che avverte la tragedia che attende il Figlio. E’ facile, infatti, cogliere l’atteggiamento di ‘tragedia’ dell'intera composizione: i due protagonisti sacri presentano uno sguardo mesto, ma non rassegnato, parzialmente riscattato dal gesto del Bambino che, con la mano destra sul petto (con atto speculare rispetto a quello della Madre), indica verso di Lei con l’indice della mano sinistra, a consegnare simbolicamente alla Madonna, ai piedi della croce, la guida dell’intera comunità dei fedeli.
La Madonna in adorazione del Bambino e la Santa Cecilia che suona la spinetta, eseguite intorno al 1618-1620, hanno avuto un percorso simile all’interno degli studi su Orazio Lomi Gentileschi: entrambe le opere hanno faticato ad affermarsi presso la comunità scientifica come autografi del maestro pisano, nel primo caso per la scarsa visibilità dell’opera stessa, conservata in una collezione storica italiana; nel secondo caso perché ne esiste un’altra versione (con varianti) nella National Gallery of Art di Washington. Negli ultimi anni, grazie agli studi di Bruno Santi, Raymond Ward Bissell, Claudio Strinati, Pierluigi Carofano, Paola Caretta e Alberto Cottino le due tele sono state riconosciute come autografe di Orazio Gentileschi ed esposte in mostre dedicate al Maestro pisano o ad argomenti caravaggeschi. La terza tela in mostra, la Madonna con Gesù Bambino addormentato, ben dimostra la qualità dei collaboratori di Orazio Gentileschi, in particolare del figlio Francesco.
Nel percorso espositivo le tre opere dialogano con le sinopie degli affreschi del Camposanto Monumentale raccolte nel Museo che le ospita. Destinata a rimanere celata sotto l’opera compiuta, la sinopia è la prima fase di realizzazione dell’affresco, è il disegno tracciato sul primo strato di intonaco stendendo a pennello un pigmento rosso, la terra di Sinòpe, mescolato ad acqua. Una collezione unica al mondo quella di Pisa, venuta alla luce in seguito a un disastroso evento, il fuoco divampato nel Camposanto sotto i bombardamenti della II guerra mondiale. Ciò rese necessario il distacco degli affreschi dall’intonaco per poterne recuperare vaste porzioni, quelle risparmiate dall’incendio, e dare inizio al loro restauro. Fu proprio lo ‘strappo’ della pellicola pittorica che permise di svelare le sinopie, la parte occultata dell’affresco che, con la stessa tecnica dello ‘strappo’, fu asportata dalle pareti del Camposanto e dal 1979 ospitata nell’attuale museo.