Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro
Evento conclusivo del progetto di residenza Contemporary Renaissance che quest’anno ha ospitato gli artisti indiani Tanya Goel, Ps Jalaja, Aaditi Joshi, Prabhakar Pachpute e il curatore Sumesh Sharma.
Comunicato stampa
UN POPOLO SENZA MEMORIA È UN POPOLO SENZA FUTURO
Tanya Goel - Ps Jalaja - Aaditi Joshi - Prabhakar Pachpute
e una selezione delle opere della Collezione di Casa Masaccio
Mostra a cura di Sumesh Sharma e Serena Trinchero
Casa Masaccio Centro per l’Arte Contemporanea
San Giovanni Valdarno (Ar)
14 dicembre 2013 - 26 gennaio 2014
Casa Masaccio Centro per l’Arte Contemporanea e l’Associazione culturale italo/indiana MK Search Art (MKSA) presentano la mostra UN POPOLO SENZA MEMORIA È UN POPOLO SENZA FUTURO, a cura di Sumesh Sharma e Serena Trinchero. L’esposizione, che si inaugura sabato 14 dicembre alle ore 18.00, è l’evento conclusivo del progetto di residenza Contemporary Renaissance che quest’anno ha ospitato gli artisti indiani Tanya Goel, Ps Jalaja, Aaditi Joshi, Prabhakar Pachpute e il curatore Sumesh Sharma.
Prima dell’inaugurazione della mostra e propedeutica ad essa, alle ore 17.00, la performance/conversazione con due dei protagonisti dell’ultima edizione del Premio Masaccio (1968): Gianni Pettena e Lapo Binazzi presso Bibliocoop di San Giovanni Valdarno.
Per il secondo anno consecutivo Casa Masaccio e l’Associazione culturale italo/indiana MK Search Art (MKSA) hanno promosso la residenza Contemporary Renaissance per giovani artisti indiani, under 35. Il progetto è patrocinato dall’Associazione Italia-India, l’Associazione indoeuropea per la moda e il design nonché l’Ambasciata dell’India in Italia e rientra nell’ambito dell’iniziativa regionale Toscanaincontemporanea 2013.
Il titolo della mostra UN POPOLO SENZA MEMORIA È UN POPOLO SENZA FUTURO è una citazione dallo scrittore cileno e attivista politico Luis Sepulveda, ripresa da un cartello posto all’ingresso di Castelnuovo dei Sabbioni, poco fuori San Giovanni di Valdarno, un luogo di minatori abbandonato e distrutto, dove sorge come baluardo della memoria collettiva il nuovo Museo MINE. Più che un monito, è un’ attitudine, una volontà di riattivazione e di rimessa in moto che coinvolge il ricordo del passato, come il presente e il futuro.
Quattro artisti provenienti dall’India, nel contesto post-industriale di San Giovanni Valdarno, si sono confrontati con il passato della città, che non è da identificarsi solo con il glorioso e celebrato Rinascimento, ma anche con la scena dell’arte contemporanea e in particolare con l'ultima edizione del Premio Masaccio (1968), quella che vide tra i suoi protagonisti alcuni dei maggiori esponenti dell'Arte Povera e rappresentò un evento fondamentale per l'aggiornamento dei dettami dell'arte contemporanea.
Con una volontà di rivalutazione del passato, che non intende fermarsi al sentimento della nostalgia ma al contrario mira ad individuare indizi per affrontare il prossimo futuro, all’interno dello spazio espositivo Casa Masaccio, i quattro artisti hanno dialogato con maestri del passato e con alcuni esponenti della stagione a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta che tentarono un cambiamento radicale della visione dell’arte.
Tanya Goel, Ps Jalaja, Aaditi Joshi, Prabhakar Pachpute dividono lo spazio con le opere di, tra gli altri, Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Renato Guttuso: un dialogo favorito in molti casi da somiglianze e richiami sia in ambito metodologico che concettuale. Altre opere della collezione, invece, in particolare quelle provenienti dalle prime edizioni del Premio Masaccio, istituito alla fine degli anni Cinquanta, appaiono come testimonianze delle trasformazioni del paesaggio e dell'evoluzione della città.
Nota curatoriale
Il negozio di scarpe Aldo Sottani si trova di fronte a Casa Masaccio, il Centro per l’Arte Contemporanea di San Giovanni Valdarno. Sui vetri della porta sono attaccate informazioni sui vari eventi culturali e notizie sulla squadra di calcio locale. Dietro quella porta siede un uomo che è stato un apprendista e un creatore di scarpe fin dall'età di 7 anni. Oggi, a 83 anni, Sottani continua a riparare le scarpe impersonando il ruolo della memoria della città: il suo negozio è un vero e proprio “centro di cultura contemporanea”. Sottani detiene un importante archivio di fotografie: diventato lui stesso fotografo a 20 anni, ha collezionato immagini storiche della città, raccogliendo un grande archivio che spesso viene utilizzato per importanti pubblicazioni e mostre.
Uno di questi documenti è l’immagine del Dialogo Pettena-Arnolfo, che ritrae l'azione di Gianni Pettena che chiuse la loggia e il porticato di Palazzo d'Arnolfo con pannelli a strisce nere ed argento per l’ultima edizione del Premio Masaccio, organizzato dal consiglio comunale nel 1968.
La giuria composta da Giovanni Accame, Alberto Boatto, Gillo Dorfles, Corrado Maltese, Guido Montana, Claudio Popovic e Lea Vergine, invitata dal Sindaco Leonetto Melani, selezionò 37 artisti italiani emergenti tra i quali si ricordano: Carlo Alfano, Giovanni Anselmo, Carlo Cioni, Ugo Nespolo, Alighiero Boetti, Giulio Paolini, Gilberto Zorio, Mario Nigro, Paolo Scheggi che hanno determinato una comprensione radicale della pratica dell'arte in Italia. Lo stesso Pettena si è definito come un “anarchitetto”.
Casa Masaccio Centro per l’Arte Contemporanea
Corso Italia, 83 52027 San Giovanni Valdarno (Ar)
Tel. 055 91.26.283 www.casamasaccio.it
Ingresso gratuito
orari: feriali 15.00 - 19.00 \ festivi 10.00 - 12.00 | 15.00 - 19.00
Ufficio Stampa: Ambra Nepi Comunicazione
Tel. 055/244217 - 348-6543173
e.mail: [email protected]
www.ambranepicomunicazione.it
Gli artisti e le opere in mostra
Tanya Goel
ll lavoro artistico di Tanya Goel si basa sullo studio della rappresentazione della luce in arte e architettura, attraverso l’uso di media come la pittura e il video.
L’interesse per elementi come il colore e il pigmento nascono da un’attenta osservazione della realtà e dalle diverse superfici che i nostri occhi sono abituati a catturare, quali, cartelli pubblicitari, ombre, riflessi, immagini in movimento e televisive.
All’interno di questa riflessione momento fondamentale diviene la percezione di una distinzione tra colore come luce/vista e i pigmenti/tecnologie che invece lo creano. Questi diversi momenti, infatti, costituiscono una sorta di linguaggio globale della città, riflettendo un senso di ambiguità di dis-identificazione che caratterizza oggi il paesaggio urbano, nonostante la illusoria familiarità.
Durante il periodo di residenza Tanya Goel ha portato avanti la sua ricerca concentrandosi sull’uso di un materiale industriale conosciuto ed usato in tutto il mondo come cemento, studiando le sue reazioni con il colore e collegando la sua riflessione sulla riproducibilità del colore alla pala dell’ Annunciazione di Beato Angelico che si trova nel Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Valdarno.
All’ interno della mostra inoltre le sue opere saranno chiamate a dialogare con l’opera di Giovanni Anselmo, Il panorama intorno fin verso oltremare, 1996-1999 e con quella di altri artisti presenti nella collezione di Casa Masaccio. Con questi artisti Goel condivide una metodologia di lavoro e di indagine comune, che, passando attraverso una costruzione dell’immagine o la creazione di una installazione, video che trae le sue radici dalla realtà che ci circonda e dalle tecniche di produzione industriale, arriva a toccare elementi che coinvolgono la nostra esistenza.
Tanya Goel (1985) vive e lavora a New Delhi.
Si è diplomata in pittura presso la School of Art Institute di Chicago ed ha proseguito gli studi laureandosi presso la M.S University, Baroda e acquisendo una laurea magistrale in pittura e incisione presso la Yale School of Art. Ha esposto le sue opere a livello internazionale in diverse mostre collettive, tra le più recenti si ricorda la collettiva del 2013 Sarai Reader - Exhibition 09, Devi Art Foundation, New Delhi e la personale del 2011 2” left from here, Galerie Mirchandani + Steinruecke, New Delhi.
PS Jalaja
Il fulcro dell’opera di PS Jalaja è l’uomo e la sua relazione con il tempo e lo spazio. Agli occhi dell’artista quello che rende interessante l’uomo è l’essenza del singolo e la perdita delle sue peculiarità una volta che viene inserito in un contesto più ampio, che porta alla creazione della storia dell’umanità. È proprio il multiforme paesaggio delle società contemporanee a creare il variegato mondo dei dipinti e dei disegni dell’artista che sembra voler dare voce a tutti, soffermandosi sulle storie degli uomini. Ogni elemento delle sue opere risulta in tensione con lo spazio, in una lotta serrata alla conquista di un modo per emergere.
Altro elemento costitutivo della pratica di PS Jalaja è stato lo studio della storia, un continuo flusso di avvenimenti, scontri e vite. Lo stesso vale per le innumerevoli immagini prodotte dai media che agli occhi dell’artista appaiono come avvenimenti dalla grande forza visuale.
Nel suo soggiorno a San Giovanni Valdarno PS Jalaja ha continuato la sua ricerca sull’uomo tentando di far incontrare la realtà del Kerala, regione da cui proviene, e caratterizzata da una forte cultura artistica, soprattutto nell’ambito dei murales con gli stimoli trovati in Italia, anche grazie all’incontro con i maestri del passato, primo tra tutti Leonardo da Vinci. All’interno della mostra Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro la sua opera si troverà a dialogare con il dipinto Natura morta di Renato Guttuso.
PS Jalaja (1983) vive e lavora a Kochi.
Ha completato i suoi studi presso RLV College Thripunithura di Kochi dove si è laureata in pittura ed ha esposto le sue opere a livello internazionale in mostre collettive. Tra le sue più importanti mostre collettive si ricorda la partecipazione alla Biennale di Kochi 2012 e al Padiglione indiano della Biennale di Praga, 2011.
Aaditi Joshi
Inizia ad utilizzare la plastica come materiale per sviluppare la sua pratica artistica dall’aprile del 2005, ma è solo a seguito del tragico evento dell’alluvione che nel 2006 ha causato forti distruzioni nella sua città natale, Bombay, che il suo interesse nei confronti del materiale ha preso forma in maniera propositiva, soprattutto grazie alla scoperta delle sue qualità di durevolezza e solidità in contrapposizione alla sua trasparenza. La plastica nella sua visione non solo rappresenta un modo per indagare la società consumistica, ma anche per affrontare temi ad essa legati quali l’inquinamento e la situazione ambientale. Attraverso la sua serie di lavori in plastica l’intenzione è di provare a distruggere la distinzione tra forma e contenuto, anche grazie alle mutevoli forme che questo materiale riesce ad assumere.
Durante il periodo di residenza presso San Giovanni Valdarno, l’artista ha proseguito la sua sperimentazione sull’utilizzo del materiale plastico, richiedendo anche la partecipazione dei cittadini del centro toscano per la costruzione della sua opera. Una vera e propria ricerca come si può evincere anche dal diario di bordo che è esposto in Casa Masaccio, che richiama all’attenzione di tutti una problema dall’impatto globale. Le opere di Aaditi Joshi saranno poste in dialogo con le due opere di Alighiero Boetti, Zig Zag (1967) e Colonne, opere partecipanti al Premio Masaccio 1968, e che, in particolare quest’ultima, rimandano all’idea della costruzione di una struttura pesante e iconica (una colonna) attraverso l’uso di un materiale leggero e deperibile, la carta.
Aaditi Joshi (1980) vive e lavora a Bombay.
Si è diplomata in disegno e pittura presso la L.S. Raheja School of art di Bombay. È stata selezionata tra i 20 finalisti dello Skoda Prize 2012 ed è stata premiata una borsa di studio per il programma di residenza Lucas Artists 2012-2014 presso il Montalvo Art Center, California. Il suo lavoro è stato esposto in collettive internazionali tra le quali si ricordano la personale del 2011 New Works presso Gallery Maskara, Bombay e la partecipazione a India Focused presentato da Creative India foundation alla SH contemporary art fair, Shanghai, Cina.
Prabhakar Pachpute.
A partire dal 2010 il soggetto dell’arte di Prabhakar Pachpute è la vita dei minatori e i problemi legati al forte sfruttamento delle risorse naturali in India. Una condizione sociale e umana che l’artista conosce bene poiché la città sua città natale, Chandrapur è conosciuta come “la città dell’oro nero” ed i componenti della sua famiglia per tre generazioni hanno lavorato in una delle più antiche miniere del paese. Proprio per questa affinità tra il passato industriale del Valdarno e la situazione odierna in India, durante il periodo di residenza, la ricerca di Prabhakar Pachpute si è concentrata sulla storia delle miniere di Castelnuovo dei Sabbioni, le conseguenze portate dalla fine dell’estrazione della lignite e dall’avvento della post-industrializzazione. Riflessioni sulla condizione dei migranti, sulle condizioni di lavoro nelle miniere dell’India, come lo studio della situazione di Carrara e le sue radici anarchiche riescono a convivere grazie alla sua particolare pratica artistica fondata sul disegno. Nelle sue opere, infatti, al disegno viene associato all’uso di ombre create da oggetti tridimensionali/sculture, l’artista riesce a creare una particolare sovrapposizione linguaggi formali e di contenuti diversi.
Prabhakar Pachpute (1986) vive e lavora a Bombay.
Si è laureato in Belle Arti presso l'Università Khairagarh, Chhattisgarh ed ha proseguito gli studi presso la M.S. University di Baroda. La sua prima personale è del 2012, Canary in a Coalmine, Clark Huse Initiative, Bombay. Nel 2013 ha esposto in mostre collettive come L’Exigence de la Saudade, a cura di Clark House, presso Kadist Art Foundation, Parigi e Black OR White, a cura di Galit Eilat presso il Van Abbemuseum di Eindhoven.
I curatori
Sumesh Sharma (1980), giovane curatore indiano fondatore insieme a Zasha Colah di Clark House Initiative (Bombay). Clark House Initiative è stata fondata nel 2010 come collaborazione curatoriale che si basa sull’idea di libertà e accessibilità. Come Clark House hanno curato 'I C U JEST', evento collaterale della prima Biennale di Kochi-Muziris, 2012, e più recentemente, erano in residenza presso Kadist Art Foundation, Parigi.
Serena Trinchero, 1985, vive e lavora a Firenze.
Si laurea presso l'Università di Firenze in storia dell'arte contemporanea concentrando le sue ricerche sulle relazioni tra America ed Europa negli anni Venti attraverso lo studio delle little magazines. Dal 2008 si occupa di curatela lavorando a stretto contatto con artisti dell’area toscana e partecipando a progetti come OpenStudios02 promosso dal Centro di Cultura Contemporanea Strozzina.