Un sentiero di segni

Informazioni Evento

Luogo
PODERE LEMNISCATA
Via Lucardese 92 , Montespertoli, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Il
Vernissage
09/07/2022

ore 18

Contatti
Email: info@sincresisarte.com
Generi
arte contemporanea, serata - evento

Il progetto nasce dall’incontro tra due realtà presenti nel territorio, l’Associazione per le arti contemporanee Sincresis di Empoli e Il Podere Lemniscata, un’azienda agricola presente a Montespertoli, la prima dedicata all’arte, la seconda dedicata alla coltivazione della lavanda.

Comunicato stampa

UN SENTIERO DI SEGNI

Sabato 9 luglio 2022 dalle ore 18.00
Podere Lemniscata
Via Lucardese 92 Montespertoli
A cura di SINCRESIS Associazione culturale per le arti contemporanee
In collaborazione con Podere Lemniscata

Il progetto nasce dall’incontro tra due realtà presenti nel territorio, l’Associazione per le arti contemporanee Sincresis di Empoli e Il Podere Lemniscata, un’azienda agricola presente a Montespertoli, la prima dedicata all’arte, la seconda dedicata alla coltivazione della lavanda. Le artiste e gli artisti partecipanti creano dei “segni” non invasivi nel paesaggio, nell’intento di dialogare con l’ambiente naturale, prediligendo materiali propri dell’ambiente come l’argilla e il legno, in consentaneità con il luogo.
Attraverso le opere l’osservatore è invitato a cogliere l’intenso rapporto con la terra, i suoni che si dilatano o echeggiano nell’atmosfera, il mormorìo delle foglie, il vento, il ronzìo delle api, il momentaneo sommovimento dei rami degli alberi, i profumi della lavanda e delle infiorescenze che si mescola nell’aria.
Come nella prima edizione proposta nel bosco di Monterappoli in prossimità della Villa Il Terraio nel 2017, la scelta di un luogo naturale, il Podere Lemniscata, solcato dall’uomo per ottenere i frutti dai semi della terra, in maniera altrettanto naturale nel rispetto dell’ambiente, non segnato da costruzioni artificiali, è scaturita dal desiderio di trovare ‘segni’ della natura naturans che possano generare altri ‘segni’, pensati da artisti come interventi delicati ma densi di significanze. E’ generata dalla volontà di trarre e apportare energie come connubio tra il potenziale della natura nel suo continuo proliferare e il potenziale dello sguardo e del pensiero, alimentato dalle suggestioni del luogo, orientandosi a creare per rinnovare ogni volta il proprio dialogo con la vita come azione artistica.
Il percorso inizia propriamente dai campi di lavanda che giunge alla massima fioritura proprio nel periodo estivo, per cui colori e profumi irrorano l’atmosfera, alimentano percezioni inusitate in un palcoscenico naturale che invita a orientare lo sguardo verso i colli vicini, verso l’orizzonte che sembra indefinibile, procedendo verso un’area boschiva colma di piante di quercia e di ulivi.
Gli alberi e le infiorescenze presenti nel luogo hanno alimentato gli interventi e i progetti degli artisti, ognuno dei quali ha intessuto un dialogo con la natura.
Al momento di iniziare la camminata lungo il sentiero che dai campi aperti di lavanda conduce al bosco che svela tra le ombre aspetti sacrali, appare l’opera in fieri di Serena Tani che caratterizza il luogo, ispirandosi alla forma e alle significanze recondite ed esoteriche della “lemniscata”, l’otto rovesciato che rinvia all’infinito, allo spazio senza limiti, alle azioni umane che si perpetuano nel tempo come il ciclo delle stagioni e della vita come continuo generarsi e disgregarsi, eterno movimento nel tempo e nello spazio. Si presta all’interazione, invita alla riflessione e al coinvolgimento del fruitore che potrà partecipare nel tempo a comporla con le zolle di terra rossa in parte colorata dall’artista con applicazioni a smalto.
Prima di intraprendere il cammino Maria Deval consegna al visitatore la mappa del luogo da lei elaborata concentrandosi sul sentiero, sull’itinerario da intraprendere, sul movimento, intercalato dalle soste per ammirare le opere della natura e degli artisti. Tramite un suo intervento grafico o pittorico ogni volta la mappa è personalizzata, nell’intento di evidenziare uno degli aspetti dell’ambiente naturale, così da diventare un unicum e al tempo stesso un’offerta.
Horst Beyer, che lavora prevalentemente con il filo elettrico, un materiale artificiale di cui riscopre l’anima interna, solcando la plastica che lo ricopre, propone nel suo progetto un’interazione con i rami di un albero secco, un melo, così da alimentarlo attraverso il rame che ne emerge all’esterno, in stretto connubio con le energie della natura.
Alice Corbetta ha scelto un ulivo nell’anfiteatro naturale ai limiti della coltivazione della lavanda, sui cui rami appendere specchi “solari” capaci con i loro riflessi, di amplificare la luce naturale, dialogando con essa, e di permettere la visione ravvicinata o a distanza. Alimentando punti di vista all’infinito, ognuno può scegliere un punto di osservazione, considerando nella sua esperienza soggettiva volta a carpire il senso profondo delle cose, in cui tutto muta e si trasforma.
Trae riferimento dai “monumenti naturali”, gli alberi, come “tesoro” di un patrimonio ambientale, Benedetta Chiari, che ha scelto la Lunaria, in combinazione con frammenti di pelle dorata su cui appaiono le tracce di alberi minuti. I suoi frutti, associati alla “moneta del papa”, sono altrettanti tesori, alimentando la terra di altrettanti semi generati dalla pianta, così da arricchire gli alberi che suggeriscono armonie profonde attraverso il cigolìo delle frasche e dei tronchi, mossi dal vento.
La medesima pianta appare nell’intervento di Elisa Petracito, che ne riscopre la lucentezza per creare con le infiorescenze la forma lunare appesa ad un albero, capace di regolare i cicli della terra, delle maree, dell’universo femminile, confermandone la variabilità e le significanze simboliche attraverso una parola evocativa combinata all’installazione e intessuta sul tronco di un albero con estrema leggerezza.
Esplorando gli organismi viventi nel luogo, Gabriele Mallegni, propone l’ingigantimento di un aracnide, prediligendo il legno associato con il ferro per un’installazione che assume tenuta strutturale nello spazio e che ristabilisce i nessi tra artificio e natura, tra opera umana e naturale, adattandosi al luogo, dialogando con gli esseri viventi, i rami e i tronchi degli alberi, e concentrando l’attenzione per scoprirla come “relitto tecnologico” che riacquista vita, una meraviglia all’interno del bosco.
Caterina Sbrana continuando il suo progetto relativo alle geografie perdute, propone una tappa ulteriore nel podere Lemniscata, scegliendo di porre abbeveratoi in ceramica per animali e insetti, sacri contenitori di acqua piovana, che generano sollievo agli esseri viventi e garantiscono la riappropriazione di spazi, l’individuazione di punti di riferimento e la restituzione di relazioni psichiche, simboliche, spirituali, spesso interrotte tra l’essere umano e le altre specie viventi. .

Attingendo a frasi e pensieri di filosofi, scienziati, artisti, storici contemporanei, che propongono modalità diverse di intendere la natura, Rachel Morellet e Tina Salvadori Paz propongono all’osservatore di riflettere sul proprio rapporto con l’ambiente naturale nei nostri tempi di mutamento ambientale e climatico. Due lunghi rami disposti a terra nei campi di lavanda, come se l’osservatore li scoprisse per caso, incontrandoli nel suo cammino, presentano parti colorate che sembrano sezionare il legno per garantire spazio alla lettura ogni volta diversa: ogni colore assume significato e significanza in relazione ad una frase, ad un pensiero, impegna a scoprire, a ripensare il proprio rapporto con il luogo, il legame tra natura e cultura, tra materia e pensiero.
Foglia d’argento e rame sono gli elementi combinati con il legno, la terra, il vetro che Lizzy Sainsbury predilige per l’albero serpente che cambia pelle e rinasce, generato da aspetti della natura, il tronco cavo di una betulla, una pianta del luogo, e la pelle di un serpente, in cui si è imbattuta casualmente, come l’osservatore che, percorrendo il sentiero prossimo ad un campo, intravede tra le erbe alte e disseccate dal sole estivo, la sua creazione. Si riferisce agli esseri che abitano il podere anche nelle impronte ad inchiostro su terracotta che rinviano al mondo delle api, nell’intento di ricordare al visitatore, come un monito, che alimentano la vita negli ecosistemi terrestri inerti, purtroppo, di fronte al loro declino.
In accordo con le presenze e i suoni del luogo Sam Barreto Cardoso Bertoldi presenta una performance dedicata alla presenza delle api che nel luogo operano per generare il miele, alimento di vita. Attraverso l’accostamento del medium tecnologico alle armonie della natura, rende l’atmosfera dell’ascolto attento per riscoprire nel silenzio, con l’orecchio teso, i suoni dell’ambiente naturale.
Lo stato di cura nei suoi confronti, come protezione e tutela emerge dal progetto di Nicoletta Testi che, visitando ed esaminando il luogo, predilige il bosco come spazio attraente e al tempo stesso inquietante, allusivo e archetipico, che comporta smarrimento alimentando al tempo stesso le nostre energie per ritrovare una via d’uscita, recuperare le forze, resistere consapevoli della nostra fragilità. Tale densità di significanze si concentrano nella realizzazione di alcune altalene appese agli alberi con sedute specchianti che riflettono le chiome arboree e gli spicchi di cielo che si intercala tra di esse, oscillando ciclicamente nel tempo sospeso e fugace della vita umana e del perpetuarsi del mondo naturale.

Una figura arcaica e magica in legno e tessuti riciclati, la Melusina, leggendaria abitatrice dei boschi, caratterizza il progetto di Tamara Valkama, orientata a riscoprire il legame dell’eterno femminino con la natura, a cogliere l’incanto dell’universo al di là dell’attaccamento agli aspetti concreti dell’esistenza, per invitare a sognare, avanzare verso l’oltre, confidando in noi stessi per riscoprire un contatto possibile con l’universo, la congiunzione armonica tra io e tutto, tra terra e cielo, tra corpo e anima.

L’arte può permettere di sperimentare e trovare soluzioni diverse per riprendere un dialogo con le cose troppo spesso dimenticato. Ogni intervento, come nella prima edizione, dialoga con l’altro poiché scaturito da un comune accordo, da una visita al luogo, da un incontro che diventa scambio e conoscenza di itinerari diversi che per una volta e anche un po’ per caso possono combinarsi in opere che convivono poeticamente in un luogo attraversato. Come durante una passeggiata di amiche e amici, che camminando quasi al tramonto possono riflettere e sollecitare ulteriori osservazioni in attimi diversi, alimentando ulteriori fonti di ispirazione, sostando lungo il sentiero e nel paesaggio che diventa luogo per la riscoperta interiore.
Nel rispetto della perfezione della natura ogni loro ‘segno’ diventa una sosta nel percorso, camminando lungo il sentiero che assume un significato dichiaratamente simbolico come un viaggio che ha la durata di una semplice passeggiata. La strada in discesa diventa emblema dell’assunzione di consapevolezza, rispetto alla conquista dell’altezza, come l’ascesa al Monte Ventoso per Francesco Petrarca, citato in relazione al percorso proposto nell’ambito della prima edizione a Monterappoli, itinerario di un percorso interiore alla conoscenza di se stessi; il significato altrettanto simbolico emerge dal percorso ciclico per tornare al punto di partenza in relazione al percorso della vita. Suggerisce un incontro, uno scambio, modalità di relazioni che si intessono tra i‘segni’ ideati dagli artisti che diventano opere nelle opere- creazioni della natura, che partecipano a un dialogo comune, pensati in relazione alla necessità di collaborare e di attivare sinergie per il pubblico fruitore.
Il desiderio di sperimentare e di instaurare un rapporto di abitanza o coabitanza nel luogo comporterà in altri successivi appuntamenti l’organizzazione di momenti di incontro con il fruitore-osservatore in visita nel luogo, attivando energie anche per co-creare interventi ambientali e per un’arte come proposta partecipata tramite laboratori e azioni.
Troppo spesso l’essere umano ha tentato di interrelarsi con l’ambiente vitale per modificarlo, e per esigenze di sopravvivenza la sua azione è stata mirata a cambiarne i ‘connotati’ per un adattamento che in molti casi è stato concepito come ‘dominio’.
In questo caso nei “segni” proposti dagli artisti emerge il rispetto del luogo e il connubio con la natura.

Presentazione degli interventi ambientali e dei progetti artistici di
Horst Beyer, Benedetta Chiari, Alice Corbetta, Maria Deval, Gabriele Mallegni, Rachel Morellet, Elisa Pietracito, Lizzy Sainsbury, Tina Salvadori Paz, Caterina Sbrana, Serena Tani, Nicoletta Testi, Tamara Valkama
Ore 18.00
Performance L’alveare – primo studio del volume sonoro di sam Barreto Cardoso Bertoldi
Ore 19.45 5 euro
Drink 1.50 euro, Apericena 5 euro, Cena vegetariana su prenotazione 15 euro
[email protected]
391 491 2647
[email protected]
0571 73619