Unedited History
Più di 200 opere, molte mai esposte in Italia, per una esplorazione della storia dell’Iran dal 1960 ai giorni nostri. Una occasione unica, un nuovo punto di osservazione di una storia e una cultura stratificata e affascinante.
Comunicato stampa
Roma, 10 dicembre 2014. Più di 200 opere, la maggior parte mai esposte in Italia e oltre 20 artisti per raccontare più di cinquanta anni della storia e della cultura dell’Iran, un paese che ha spesso suscitato attenzione e la cui complessità esige una analisi accurata. Ed è proprio questa la sfida che affronta Unedited History. Iran 1960 – 2014 (11 dicembre 2014 – 29 marzo 2015) una mostra ideata dal Musée d’Art moderne de la Ville de Paris a cura di Catherine David, Odile Burluraux, Morad Montazami, Narmine Sadeg e di Vali Mahlouji per la sezione Archeologia del decennio finale. La mostra è stata realizzata in coproduzione con il MAXXI.
Nel tentativo di analizzare la storia della cultura visiva iraniana moderna, Unedited History offre un nuovo punto di vista su questo paese, libero dai preconcetti grazie all’approccio critico che la caratterizza. La mostra non pretende di costruire una storia unitaria dell’arte iraniana moderna, ma di realizzare un montaggio che attraverso lacune, vicoli ciechi, complessità irrisolte, comprenda le dimensioni controverse di una storia apparentemente non revisionata, “non editata”.
La mostra si articola in tre grandi aree: 1/Gli anni della modernizzazione (1960 – 1978), 2/La rivoluzione del 1979 e la guerra Iran – Iraq (1980 – 1988), 3/Il dopoguerra dal 1989 ai giorni nostri.
Il titolo della mostra, Unedited History, preso in prestito dal linguaggio cinematografico, sottolinea l’idea di una storia ancora in pieno montaggio, non ancora arrivata a una versione completamente leggibile e condivisa. In questa prospettiva materiali eterogenei come la pittura, le arti grafiche, la caricatura, la fotografia il cinema e le arti performative vengono messe insieme in una revisione completa e trasversale, da vivere in tre sequenze distinte ma collegate.
Con l’aiuto di tre generazioni di artisti, dagli anni Sessanta fino alla generazione più giovane, il messaggio di questa mostra è che anche se la Rivoluzione del 1979 fu una forte rottura, certamente questa non comportò un allontanamento totale dal modernismo. Al contrario, sia prima che dopo il 1979, una rilettura di questa storia recente può evidenziare le diverse eredità presenti nella realizzazione di immagini, nella tradizione documentaria e nei legami tra le varie arti.
GLI ANNI DELLA MODERNIZZAZIONE 1960 – 1978 Questa area della mostra affronta il periodo in cui la cultura diventa interesse nazionale e il paese registra un boom delle arti visive, performative e dell’editoria. Sono gli anni in cui i paesi del Terzo Mondo si affacciano sulla scena internazionale dopo la conferenza afroasiatica di Bandung (1955) e della crisi petrolifera. Insieme al dibattito sull’identità nazionale, si realizza una ridefinizione del concetto di moderno, non solo attraverso le Biennali e le tante manifestazioni sostenute da Mohammad Reza Shah Pahlavi e dall’imperatrice Farah Diba, ma anche con la scelta di forme espressive complesse, caratterizzate da tecniche e simboli mutuati sia dall’antico che dal moderno, dalla storia e dal mito, dalla politica e dalla metafisica.
Completa questa parte della mostra la sezione dal titolo ARCHEOLOGIA DEL DECENNIO FINALE che si articola in due parti: una che comprende una collezione di materiale di archivio e documenti sul Festival di Shiraz – Persepolis (1968-1978) e l’altra su Shahr-e No, il quartiere a luci rosse di Teheran tra il 1973 e il 1975, quando Kaveh Golestan realizza una serie fotografica dedicata alle prostitute e alle loro condizioni di vita. Due aree storiche e culturali che negli anni sono state trascurate e a volte dimenticate.
In questa parte della mostra sono presenti i lavori di Kaveh Golestan (1950-2003); Ardeshir Mohassess (1938-2008); Bahman Mohassess (1931-2010); Morteza Momayez (1935-2005); Behdjat Sadr (1924-2009)
LA RIVOLUZIONE DEL 1979 E LA GUERRA IRAN – IRAQ (1979 – 1988) La generazione dei “modernisti” viene progressivamente messa ai margini, logorata dalla continua trasformazione dei rapporti tra l’elite e il popolo e dallo sviluppo di una cultura legata alla diaspora. Questo nuovo capitolo storico mette in discussione l’identità iraniana che tra gli anni Sessanta e Settanta si sviluppa in modo quasi schizofrenico, in costante reazione all’Occidente. Mentre l’arte iraniana sviluppa diversi sistemi di immagini, la Rivoluzione del 1979 assume un ruolo centrale. Questa sezione della mostra non vuole focalizzarsi solo sulla Rivoluzione, isolandola dal resto della storia dell’Iran, ma guardare al suo prima e dopo in modo nuovo, in un momento storico in cui pittura, arti grafiche, cinema e pratiche documentarie si mescolano e si influenzano reciprocamente.
In questa sezione sono presenti i lavori di Hannibal Alkhas (1930-2010); Morteza Avini (1947-1993); Kazem Chalipa (1957); Jassem Ghazbanpour (1963); Bahman Jalali (1944-2010); Rana Javadi (1953); Bahman Kiarostami (1978); Kamran Shirdel (1939); Behzad Shishegaran (1952); Esmail Shishegaran (1946); Kourosh Shishegaran (1944).
IL DOPOGUERRA DAL 1989 AL 2014 il periodo successivo alla guerra vede la graduale integrazione delle strutture del capitalismo nel regime islamico. La società civile si sviluppa rapidamente grazie alle tecnologie e all’uso degli spazi pubblici, i cambiamenti di presidente e i rivolgimenti politici orientati all’apertura o all’isolazionismo influenzano i percorsi e le pratiche degli artisti, spesso influenzati dalla globalizzazione. Una generazione di artisti che la Rivoluzione aveva spinto all’esilio volontario, soprattutto in Francia, sperimentano media e modalità molto diverse rispetto a quelle che caratterizzano l’Iran negli stessi anni. L’apparente abbandono – più psicologico che fisico - dell’arte indipendente durante gli anni della guerra, ci fa riflettere su un contesto saturo dal punto di vista ideologico, e sulla fine di un’arte impegnata. Il periodo della guerra e della rivoluzione in cui gli artisti avevano preso posizione a favore o contro le istituzioni, lascia progressivamente spazio allo sviluppo di opere che sempre più rispondono alle regole del mercato internazionale, ma nel frattempo un gran numero di artisti sceglie di continuare a lavorare nel solco delle generazioni precedenti.
In questa sezione sono presenti i lavori di Mazdak Ayari (1976); Mitra Farahani (1975); Chohreh Feyzdjou (1955-1996); Barbad Golshiri (1982); Arash Hanaei (1978); Behzad Jaez (1975); Khosrow Khorshidi (1932); Tahmineh Monzavi (1988); Mohsen Rastani (1958); Narmine Sadeg (1955)
In occasione della mostra il Dipartimento educazione del MAXXI, in considerazione della particolarità dei temi trattati, strettamente legati alla cultura e alla storia più recente dell’Iran, ha avviato IL MIO IRAN un progetto di mediazione interculturale che coinvolge la comunità iraniana di Roma.
Il progetto ha l’obiettivo di dare voce a diversi punti di vista, produrre molteplici interpretazioni delle opere e della mostra per avvicinare un pubblico sempre più vasto.