Unknown pleasures
50 modelli del design razionalista e neoliberty disegnati dai maestri dell’ Italian Design.
Comunicato stampa
La Fondazione Gruppo Credito Valtellinese in collaborazione con la Fondazione Enaip – Lombardia inaugurano, martedì 14 aprile presso la Galleria Gruppo Credito Valtellinese di Milano – Refettorio delle Stelline, l’eclettica mostra “Unknown Pleasures”.
Proposta in concomitanza al prestigioso Salone internazionale del Mobile di Milano, la mostra nasce dal desiderio di valorizzare e far riscoprire alla collettività tre importanti Collezioni legate all’ eccellenza tutta lombarda ed italiana del furniture design: Collezioni “Neoliberty e Dintorni” e “Mobili come aforismi. Trentacinque mobili del razionalismo italiano” di proprietà Federlegno Arredo Eventi SpA, Collezione “Bruno Munari” di proprietà del Comune di Cantù e Associazione Amici dei Musei di Cantù.
Un’installazione fatta di sedie, tavoli, scrittoi, poltroncine, letti a castello, lampade, alcuni anche sospesi nel vuoto a sfidare la forza di gravità. Al visitatore viene proposta una vista a tuttotondo di alcuni dei 50 modelli del design razionalista e neoliberty, presenti in mostra, disegnati dai maestri dell’Italian Design fra gli anni ’30 e gli anni ’80 del Novecento. Pezzi oggi in larga parte fuori commercio, ma anche prototipi di arredi mai entrati in produzione, se non con modifiche tali da renderne irriconoscibili i modelli di esposizione.
A rappresentare le avanguardie razionaliste degli anni ’20 e ’30 gli arredi di Giuseppe Terragni per la Casa del Fascio di Como (la poltroncina “Scagno”), la serie di sedute impilabili “S5” di Gabriele Mucchi fino allo sgabello da bar “Moka” di Mario Asnago e Claudio Vender. E ancora: i capisaldi dell’arredo-sistema per l’asilo Sant’Elia, sempre di Terragni, e quelli della “Bocconi” di Giuseppe Pagano. Senza distinzioni temporali o tematiche, la costellazione di forme ed esili volumi continua con le seducenti sinuosità del primo dopoguerra: la “Gala” in giunco di Franco Albini per la Rinascente, la sedia da esterni “Locus solus” di Gae Aulenti, la poltroncina “Cavour” di Vittorio Gregotti, la “Manila” di Umberto Riva, fino ad oggetti raffinatissimi, pensati per il tempo libero nelle seconde case della borghesia imprenditoriale: tavoli da gioco, consolle per bar convertibili e ribaltabili, chaise longue e librerie superleggere.
Significativa è poi la distribuzione, sempre fra il pavimento e l’imponente volta continua della Galleria, di alcuni dei più ludici e leggeri esercizi di Bruno Munari – la libreria per ragazzi in telaio reticolare metallico dove tutto è appeso e la struttura si fa contenitore; la “Sedia per visite brevi” con il piano di seduta fortemente inclinato a scoraggiare l’ospite indesiderato; la libreria funicolare appesa a parete come un quadro ad un chiodo – realizzati per il marchio Robots.
All’esposizione dei pezzi storici e al loro funzionalismo ricercato – e a volte ostentatamente radicale – si oppone una contro-esposizione dedicata al progetto “Wipe Out Design”, che prevede l’esposizione di 8 oggetti d’uso quotidiano modificati fino alla loro inservibilità, ma eseguiti con le stesse tecniche di produzione del furniture design e del grande numero. Questi arredi, disegnati da Leo Guerra e Cristina Quadrio Curzio, nascono dalla superfetazione anti-ergonomica e anti-funzionale di oggetti esistenti prodotti in serie dalle principali aziende del settore.
Gli 8 pezzi sono stati sviluppati tecnicamente dagli allievi di Enaip Cantù, come project work didattico, nel corso post-diploma “Tecnico di produzione e Industrializzazione nel sistema legno-arredo e design” con la supervisione di Alfio Terraneo. Nell’ambito di tale corso, oltre allo sviluppo tecnico del prodotto, si è proceduto alla realizzazione concreta dei pezzi, presso il laboratorio di falegnameria di Enaip, con il coinvolgimento di alcune aziende artigiane del territorio (Crippa Collezioni, Emmemobili, Moscatelli Bruno Srl).
“Wipe Out Design” si pone quale dimostrazione pratica di un processo “a ritroso”, che assume le tecniche e i modelli produttivi dell’industrial design per tornare alla piccola serie o al pezzo unico ad alto contenuto di manualità e capacità del singolo artigiano.
A complemento dell’esposizione fisica, la Fondazione Creval, per la regia di Tommaso Malato, ha inoltre prodotto un video - presente in mostra - in grado di documentare alcune delle fasi produttive degli oggetti “Wipe Out Design” oltre alla collezione allestita nella Galleria di Milano e nella completezza del suo storico allestimento presso la sede di Cantù.
La mostra è accompagnata da un libro oggetto edito dalla Fondazione Gruppo Credito Valtellinese con un testo introduttivo di Roberto Borghi, independent curator molto attento all’evoluzione dei linguaggi delle arti visive e del design.