Uno scatto che ci somiglia: la raccolta fotografica di Carlo Levi
L’esposizione non si sviluppa lungo una linea cronologica che segue la vita dell’artista, ma prova a individuare i nuclei tematici rilevanti che rimandano al suo percorso artistico e umano.
Comunicato stampa
Il giorno 29 settembre 2021 alle ore 18.00 inaugura, presso la sede della Fondazione Carlo Levi, Uno scatto che ci somiglia: la raccolta fotografica di Carlo Levi, mostra fotografica parte del progetto “L’archivio fotografico di un protagonista del Novecento: Carlo Levi”, a cura di Daniela Fonti e Antonella Lavorgna per la Fondazione Carlo Levi, vincitore dell’avviso pubblico “Strategia Fotografia 2020” e promosso e sostenuto dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.
L’esposizione non si sviluppa lungo una linea cronologica che segue la vita dell’artista, ma prova a individuare i nuclei tematici rilevanti che rimandano al suo percorso artistico e umano. La sintesi è in 120 scatti organizzati in 8 sezioni: la famiglia; il mondo privato: gli amori; immagini del confino; l’atelier; i ritratti d’autore; i reportage dei grandi maestri; i suoi viaggi; la figura pubblica.
Carlo Levi, infatti, non ha mai scelto la fotografia come strumento espressivo autonomo, alla stregua della pittura, della scrittura narrativa, giornalistica, o poetica; né ci sono in famiglia testimoni che lo abbiano visto con una macchina fotografica in mano. E tuttavia la fotografia ha occupato un posto importante nella sua vita al punto da trasformarlo in un accurato raccoglitore di scatti che accompagnano tutto il percorso ricco e articolato della sua biografia e dei suoi percorsi creativi.
Le fotografie dell’Archivio, costituito da circa 10.000 fotografie delle quali 1500 sono online sul sito della Fondazione, restituiscono un altro “specchio” della sua composita avventura umana prima ancora che intellettuale e artistica; specchio diverso – e in qualche modo più “oggettivo” - di quanto di sé Levi ci aveva già narrato nelle migliaia di tele dipinte. L’album di famiglia ci illumina sull’atmosfera placida e sui tranquilli riti di una famiglia borghese benestante del primo Novecento, mentre non abbondano gli scatti che riguardano le sue relazioni con le tante figure femminili che hanno costellato la sua turbolenta vita sentimentale; presenze conturbanti sulle quali ci illumina la sua pittura mai avara di sé e la ricca ed eloquente corrispondenza. Restano pochi, ma significativi, scatti presi durante il confino ad Aliano ma nulla che rinvii ai suoi molti rapporti con uomini politici, scrittori, artisti e intellettuali legati all’ampia rete clandestina di resistenza al nazifascismo, prima a Torino e Parigi poi a Firenze durante l’occupazione tedesca. Un aspetto privato della sua vita di cui restano invece molte interessanti riprese fotografiche, anche d’autori noti, è quello dell’atelier nel quale l’artista svolge la sua attività di pittore e anche di scrittore come Arnold Newman, l’agenzia Magyar Távirati Iroda, Ralph Crane, Pais e Sartarelli, Elio Sorci. La ricchezza delle immagini relative all’atelier di Levi s’integra con la ricca galleria di suoi ritratti fotografici, molto spesso di grandi firme internazionali (Marilyn Gerson, Carl Van Vechten, Erich Hartmann e Anatole Saderman). Soprattutto nei primi anni Cinquanta Levi era in contatto con i più grandi maestri della fotografica internazionale che a Roma venivano anche perché attratti dall’atmosfera speciale che regnava in quel tempo con le poche gallerie, i bar e le osterie di riferimento (Henry Cartier-Bresson e David Seymour).
Levi non ha più abbandonato il sud d’Italia dopo la coinvolgente esperienza del confino in Lucania, durato pochi mesi ma operativo nel suo mondo poetico e letterario per tutta la vita. Nel Sud e nelle grandi isole italiane è tornato molte volte, compiendo viaggi dai quali rientrava non carico di disegni e schizzi, ma di appunti fotografici ripresi da altri, alla ricerca di volti, espressioni, situazioni ambientali particolari che avrebbe poi ripreso nei suoi quadri. L’esempio più rilevante è costituito dall’eccezionale materiale fotografico realizzato da Mario Carbone durante un viaggio nel ’60 finalizzato all’esecuzione del grande telero Lucania’ 61 richiestogli da Mario Soldati per la mostra torinese celebrativa del Centenario dell’Unità d’Italia. Questa prima esplorazione dell’archivio fotografico di Levi e la proposta nell’archivio on line di alcuni nuclei tematici particolarmente rappresentati ha reso evidente un aspetto sin qui scarsamente noto della figura del nostro grande intellettuale: il suo essere diventato, a partire dal secondo dopoguerra, un personaggio la cui notorietà pubblica superava i limiti dei circoli artistici o letterari all’interno dei quali egli si muoveva nell’ambito delle sue attività professionali. Egli era un “testimone” d’eccezione di momenti della vita pubblica italiana legati alla nascente industria culturale o di quelli politici nei quali si registravano avanzamenti significativi in termini di conquiste sociali e di presa di coscienza collettiva. La sua presenza fisica, intrecciata all’attività giornalistica e pittorica, contribuiva a dare spessore mediatico e risonanza agli eventi di cui era molto spesso protagonista.