Vacances d’artistes
Una esposizione anticonvenzionale che scandaglia un argomento poco toccato nel panorama museale internazionale: le vacanze d’artista come fucina di idee.
Comunicato stampa
Quello di Enrico Colombotto Rosso e Leonor Fini è un sodalizio particolare. Artistico e umano, creativo e intellettuale.
E’ questo connubio il motore che ha spinto -su idea di Davide Becchio con supporto scientifico del critico d’arte genovese Giorgia Cassini ed in collaborazione con Gaetano Giacomelli Presidente della Fondazione Enrico Colombotto Rosso - Elisabeth Cornetto, conservatore del Museo di Bastia, ad ospitare negli spazi del Palais des gouverneurs la mostra retrospettiva “VACANCES D’ARTISTES”- 1956, Leonor Fini à Nonza.
Sicuramente una esposizione anticonvenzionale che scandaglia un argomento poco toccato nel panorama museale internazionale: le vacanze d’artista come fucina di idee.
Leonor fini nasce a Buenos Aires nel 1908, figlia unica di madre triestina (con origini slovene e tedesche) e padre argentino (con origini italiane e spagnole). Dopo la separazione dei genitori, la madre la porta, all’età di un anno, a Trieste dove trascorre l’infanzia in un ambiente della borghesia colta (la sua famiglia frequentava James Joyce, Italo Calvino, Umberto Saba). Lascia Trieste a unici anni e, dopo un breve soggiorno a Milano, poco prima dell’ultima guerra, si stabilisce a Parigi, città che diviene la sua residenza fissa e dove mancherà nel 1996.
È pittrice surrealista, illustratrice, scenografa e scrittrice. I suoi quadri hanno girato il mondo, i suoi disegni hanno illustrato i testi di Balzac, Baudelaire, De Sade, Poe, Réage, Shakespeare, Verlaine. Legata ad artisti e scrittori in sintonia - Stanislao Lepri, Constantin Jelenski, Max Ernst, Paul Eluard, Hans Bellmer, Victor Brauner, Enrico Colombotto Rosso, Fabrizio Clerici, Alberto Savinio, Leonora Carrington, Dorothea Tanning, Salvador Dalì, Man Ray, Henri Cartier Bresson, Jean Genet - con alcuni trascorse felici soggiorni estivi in Corsica affittando nei pressi di Nonza un antico semidiroccato monastero.
La mostra documenta di fatto, attraverso le immagini scattate dal maestro Enrico Colombotto Rosso, le vacanze al monastero francescano corso nel 1956 con la talentuosa amica divenute cenacolo di adepti all’arte con personalità di calibro del panorama internazionale; vere e proprie occasioni di svago e leggerezza in cui Leonor Fini amava giocare con gli ospiti e con se stessa facendosi ritrarre in vestiti da gran sera, in travestimenti speciali, in pose da diva.
L’esposizione intende guidare il visitatore nell’universo della dolce vita dell’epoca, evidenziando l’evoluzione personale di Leonor Fini e la sua visione dell’arte. Detestava tutto ciò che appariva mediocre, normale e comune, viveva
in bilico tra i fasti della vita di società francese e la sua autorealizzazione come artista in un’incessante tensione verso un’esistenza armoniosa dove la bellezza era ovunque: nelle vesti, nei gioielli, nei copricapi, nel paesaggio, nei sogni trasfigurati dal carattere intimo e personale.
Molte delle 54 fotografie - la courtesy è della Fondazione Enrico Colombotto Rosso - vengono presentate insieme al largo pubblico francese per la prima volta, ripercorrendo tutte le fasi dello sviluppo artistico che unisce Enrico Colombotto Rosso e Leonor Fini, evidenziandone i diversi soggetti e le cifre stilistiche.
«Ed è proprio Enrico Colombotto Rosso, pittore, testimone e confidente di Leonor Fini – commenta Giorgia Cassini che ha firmato il testo critico biografico su catalogo - a documentare, attraverso una straordinaria ed inedita raccolta fotografica, i momenti felici trascorsi sull’isola, il gusto per il deguisement che al contempo ben evidenzia la tendenza camaleontica della sua arte. Un ritratto intimo che descrive la bellezza della protagonista femminile e il suo carattere indipendente, una mostra che ne narra la storia attraverso un ricco repertorio di fotografie, nel 1º anniversario della scomparsa del grande Maestro torinese che ha eternato in una straordinaria raccolta fotografica le immagini di quei momenti felici, documentando uno spaccato di spumeggiante creatività, di feste, di esplorazioni dell’entroterra, di incontri magici e di coincidenze irripetibili».