Valentina Fontanella – Ali in saldo
“Una parte importante e preponderante della mia ricerca fotografica ha riguardato e riguarda me stessa, l’autoritratto. Ho utilizzato la macchina fotografica rivolgendola verso me, superando il brivido di paura che provavo ogni volta che vedevo puntatomi contro un obiettivo: se ero io a scattare, in un atto di suicidio volontario, allora non faceva più paura.” Valentina Fontanella
Comunicato stampa
Una parte importante e preponderante della mia ricerca fotografica ha riguardato e riguarda me stessa, l'autoritratto.
Ho utilizzato la macchina fotografica rivolgendola verso me, superando il brivido di paura che provavo ogni volta che vedevo puntatomi contro un obiettivo: se ero io a scattare, in un atto di suicidio volontario, allora non faceva più paura. L'ho utilizzata come mia personale indagine psicologica, ho cercato (e cerco) di mostrare la mia originale bellezza agli altri, ho provato a descrivere chi fossi ogni volta che mi sentivo incompresa, ho subdolamente conquistato un uomo, ho sfogato la mia rabbia, raccontato la gioia, espresso le emozioni, ho vinto la solitudine e la depressione quando mi son sentita soffocarne.
Ancora rimane tanto da imparare. i più grandi insegnamenti mi arrivano dagli scatti degli altri fotografi, dai più famosi e celebrati maestri, alle fotografie degli amici che mi innamorano. Ogni volta che mi trovo di fronte ad una foto che ammiro cerco di chiedermi il perché, mi interrogo sulle mie reali capacità di riprodurre un certo significato e poi provo a realizzare qualcosa che sia vicino all'originale emozione provata.
Ma c'è un altro grande maestro cui sono debitrice: il cinema. Che meravigliosa scuola è il cinema, che strumento sublime per imparare a guardare.
Certe volte, quando scatto, ho come l'impressione di fare cinema e non fotografia, è come se la vita, quella vera e quella sognata, quella reale e quella immaginata, fosse un film, come se io ne fossi il regista e, spesso anche se non sempre, l'attore protagonista. Quel grande assistente alla regia che è il caso alcune volte ti apparecchia delle scenografie sbalorditive, a te resta solo il compito di inquadrare e bloccare il tempo. Accade più spesso di quanto non ci si immagini di trovarsi di fronte a scene che paiono concepite da Kusturica o Fellini, Kubrik o Wenders, si deve solo allenare l'occhio a saperle ogni volta riconoscere; praticando la fotografia diventa sempre più facile e intuitivo, impari ad inserire il tuo filtro alla realtà, a fare in modo che questa sia una storia raccontata da te.
Quando scatto autoritratti, o ritratti ambientati, ho una parte più attiva nella scena: decido i costumi e il trucco, il luogo o gli arredi, i movimenti, gli sguardi, le parole persino, la sceneggiatura del mio racconto, e spesso lo interpreto come prima attrice. Questo doppio ruolo di fotografa e modella è per molti amici che apprezzano le mie fotografie la parte più interessante della ricerca. Con questo espediente mi par di non fermarmi al ruolo di cantastorie della vita, alla rappresentazione della realtà filtrata dalla mia sensibilità, ma di andar oltre a costruire la mia vita stessa, a conoscerla e riconoscerla, tracciarla e percorrerla coscientemente: sono quello che fotografo. La fotografia mi dà un ruolo da interpretare nel mondo, mi insegna quale sia il mio personaggio, mi permette di indossare la maschera attraverso la quale riesco a sentirmi veramente me stessa. La vera me è quella che fotografo.
Valentina Fontanella