Valerio Adami
È una presenza ricorrente quella di Valerio Adami nella storia di Studio Marconi, dalla prima mostra inaugurale del 1965 fino al 1992, anno in cui lo spazio espositivo cede il posto alla Galleria Giò Marconi (dove l’artista espone due volte nel 1995 e 1997), per poi riproporsi alla Fondazione Marconi nel 2007 e 2009.
Comunicato stampa
Ho passato la mia vita a disegnare.
Per anni ho disegnato in camere d’hotel di paesi lontani,
ma poi ritornavo immancabilmente nell’atelier di rue Becquerel
e sul tavolo disponevo i frutti del raccolto
(è così che Parigi è diventata la mia città).
Oggi disegno sulle rive di un lago,
e questo lago si trova in Italia.
(Valerio Adami, Parigi 2015)
Valerio Adami
Inaugurazione: 21 settembre 2016 dalle ore 18,00
dal 22 settembre al 12 novembre 2016
È una presenza ricorrente quella di Valerio Adami nella storia di Studio Marconi, dalla prima mostra inaugurale del 1965 fino al 1992, anno in cui lo spazio espositivo cede il posto alla Galleria Giò Marconi (dove l’artista espone due volte nel 1995 e 1997), per poi riproporsi alla Fondazione Marconi nel 2007 e 2009.
La prossima stagione espositiva segnerà il grande ritorno dell’artista con una monografica che ne delinea esaurientemente il percorso negli anni che vanno dal 1956 alla fine degli anni Novanta.
Nato nel 1935 a Bologna, Valerio Adami vive tra Parigi, sua città d’elezione, Monte Carlo e il Lago Maggiore. Dopo aver frequentato l’atelier di Felice Carena e aver seguito i corsi di Achille Funi, si diploma all’Accademia di Brera nel 1955. Una serie di viaggi lo portano a vivere e lavorare in Europa, Stati Uniti, America Latina e India.
Uno dei maggiori artisti italiani del dopoguerra, insignito dei principali premi internazionali di pittura, Valerio Adami subisce inizialmente gli influssi espressionisti della pittura di Oskar Kokoschka e Francis Bacon. Attinge alla cultura visiva del pop americano, vivendo e pensando la creazione pittorica come strumento mentale di trasformazione del mondo per realizzare, come ben esprime Emilio Tadini in un testo nel 1965, “una figurazione integrale della nostra realtà”.
Dal momento in cui l’ho visto concepire i suoi quadri a partire da foto di attualità prese in prestito dalla stampa… ho capito che si trattava di un grande pittore: non di un pittore dell’immediato, dell’attualità, ma di un pittore che tenta lucidamente di dominare e persino di sfasciare l’attualità o, meglio detto: ‘di farla volare in pezzi’. (A. Jouffroy, 1966)
Condivide dapprima con Matta e Magnelli la deflagrazione delle forme e il rapporto fondante tra dipinto e disegno; successivamente con de Chirico lo sradicamento, la visione onirica e assoluta con elementi tratti da tempi diversi e la spiazzante nostalgia per i Neoclassici e per il mito.
Matura così, gradualmente, uno stile del tutto personale con soggetti tratti dalla vita quotidiana e contraddistinti da armoniche campiture, eseguite con colori puri, contornate di nero e del tutto prive di chiaroscuro. Il notevole bagaglio di esperienze, culture e conoscenze acquisite durante i numerosi viaggi, le mostre in giro per il mondo e gli incontri con intellettuali e artisti internazionali gli permettono di far evolvere negli anni la sua arte che assume un aspetto completamente diverso da quello dei primi tempi. I frammenti dei corpi deflagrati, tipici degli anni Sessanta, si ricompongono progressivamente e la sua pittura si popola di figure sempre più classicheggianti e solenni.
Resta immutato però il punto di partenza da cui l’artista si muove: il disegno.
Adami realizza nel disegno prima e nel dipinto poi un procedimento virtuoso, in cui confluiscono associazioni di idee, miti classici, suggestioni letterarie, musicali, cinematografiche, ricordi lontani di esperienze vissute. Il disegno divide e orienta lo spazio, stabilisce una gerarchia, un positivo e un negativo, vi descrive un ordine e una struttura. Linee e forme si svolgono, si intersecano e si dipanano alla conquista di nuova identità, in un flusso di visione che ricorda il flusso di coscienza di Joyce.
La linea che è elemento costitutivo del disegno, produttore e generatore di forme, è soggettiva… cammina, si raddoppia senza fine e senza fine ci racconta il suo tragitto… Per questo è narrativa… Tuttavia, la linea non parla: per raccontare deve inventare delle forme adatte a farlo. (Octavio Paz, 1990)
“Senza il seme prezioso dei disegni non ci sarà il raccolto dei dipinti…”, afferma lo stesso artista, offrendoci un’immagine poetica ed eloquente del suo processo creativo.
Sarà questo “percorso circolare”, esistente tra disegno e pittura nell’opera di Valerio Adami, il fulcro della mostra che, allestita su 4 livelli, pianoterra, sotterraneo, primo e secondo piano, seguirà un percorso cronologico composto da circa 70 opere.
Saranno esposti quadri che vanno dagli anni Cinquanta (L’asino di Empoli e Ballata popolare del 1956) agli anni Sessanta e Settanta (L’uovo rotto, 1964, Il miraggio, 1965, Henry Matisse che lavora a un quaderno di disegni, 1966, La vetrina, 1969, L'università di Lipsia al tempo di Nietzsche, 1972, il trittico Intolerance, 1974 ed Etude pour un dessin d’après Glas, 1976, realizzato a partire dal disegno ispirato al testo di Jacques Derrida e divenuto nel tempo un’icona della decostruzione), opere più mature degli anni Novanta (Marathon, 1990, L’ora del ballo, 1991, Amplesso, 1995, Fortepiano, 1997), accanto a disegni che le hanno precedute o che spesso sono stati eseguiti dall’artista in una fase successiva.
Accompagneranno l’esposizione due volumi in edizione bilingue, Valerio Adami 1956-1963. Gli anni a Milano e Valerio Adami 1964-1999. Gli anni di Londra, Parigi, New York, Città del Messico…, editi da Skira e a cura di Amelia Valtolina, nei quali si ripercorre a ritroso, passo dopo passo, il lungo cammino creativo dell’artista e si suggeriscono, attraverso una ricca antologia di testi e documenti, nuove piste di riflessione e di lettura di un’opera complessa e prolifica.
La mostra proseguirà allo Studio Marconi ’65 con un nucleo di grafiche e disegni.
Note Biografiche
Valerio Adami nasce a Bologna nel 1935. Studia all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano dal 1951 al 1954 interessandosi inizialmente ai grandi modelli dell’arte antica e neoclassica. I suoi primi dipinti attingono dall’espressionismo e riportano il segno dei suoi ricordi dell’Italia in rovina nel 1945. Nel 1952, durante il Salone di Maggio, incontra i pittori Matta e Wilfredo Lam, che diventeranno i suoi più cari amici nel 1955 a Parigi. La sua pittura, molto grafica, propone forme, porzioni di immagini, silhouettes, ma la dislocazione formale, le combinazioni imprevedibili di questi elementi, che devono molto al cubismo e all’opera di Matta, perturbano lo sguardo. A partire dal 1958, Adami soggiorna a Londra, dove frequenta artisti come Richard Hamilton, Francis Bacon; mentre dopo il 1961 divide il suo tempo tra Milano, Londra e Parigi. Durante gli anni Sessanta si afferma come uno dei maggiori rappresentanti della Nuova Figurazione, partecipando, a Parigi, alla “Figuration narrative dans l’art contemporaine” (1965), alla “Bande dessinée et figuration narrative” (1967) e ad una retrospettiva all’ARC nel 1970. La sua notorietà diventa presto internazionale: espone a “Documenta 3” di Kassel (1964), alla Galleria Schwarz e allo Studio Marconi di Milano (1965), alla Biennale di Venezia (1968), al Museo de Bellas Artes di Caracas (1969).
Nel 1966, stabilizza definitivamente il suo sistema formale: una linea densa circoscrive gli oggetti e i personaggi, riempiti con colori puri e senza ombre. I dipinti sono sempre preceduti da disegni di studio particolarmente precisi. Negli anni successivi Adami porterà delle variazioni sulla finezza del contorno, sull’importanza del tratteggio, sull’ampiezza della dislocazione formale, sulla vivacità dei contrasti, mentre la fine degli anni Sessanta è caratterizzata dalla evocazione dei luoghi urbani, anonimi o tristi, inspirati dalle sue foto di New York, dove aveva soggiornato nel 1966. Durante gli anni Settanta, propone un nuovo metodo di organizzazione e di associazione figurativa di cui Le portrait de James Joyce (1971) è uno dei primi esempi. Alla “banalità degli interni” succede una pittura referenziale ma enigmatica, integrata da lettere e da frasi. Il suo lavoro riporta alla memoria culturale collettiva attraverso i ritratti di celebrità (Friedrich Nietzsche, Sigmund Freud, Walter Benjamin) e i paesaggi o gli avvenimenti storici come la rivoluzione francese. Nel 1978 Adami dipinge una serie di quadri con soggetti mitologici nel suo atelier di New York pieni di riferimenti alla pittura antica, come Prométhée e Le mythe de Pandore. La franchezza delle sue superfici colorate trovano delle applicazioni in grande scala: negli affreschi al First National City Bank di Madison nel Wisconsin (1974), nella hall della stazione di Austerlitz a Parigi (1987), negli affreschi della facciata del Théatre du Châtelet di Parigi (1989).
Eternamente nomade, cambia continuamente la sede del suo atelier. Vivendo a Parigi e in Italia, trascorre molti mesi a Ostenda in Belgio (1969), a New York (dal 1971), in Messico e a Los Angeles (1975), a Monte Carlo (dove si stabilirà nel 1981) e Meina in Italia. Intraprende dei lunghi viaggi, in Messico (1969, 1981), India (1977, 1982) e nei paesi nordici (1988). Aperto all’interpretazione e ricco di numerose referenze culturali, il lavoro di Adami suscita numerosi commenti da parte di filosofi (Jacques Derrida, Jean-François Lyotard, Gilles Deleuze), storici dell’arte (Hubert Damisch, Marc Le Bot) e scrittori (Italo Calvino, Octavio Paz e Antonio Tabucchi).
Adami stesso pubblica a partire dal 1986 molti scritti: Les règles du montage: Sinopie (1989); Dessiner: les gommes et les crayons (2002). Le sue più importanti esposizioni si sono tenute a Gerusalemme (1979), al Centre Pompidou di Parigi (1985), al Palazzo Reale di Milano (1985), a Valencia (1990) a Madrid (1991), a Siena (1994), a Bochum (1996), ad Atene (2004) e a Parigi (2008), Società promotrice delle Belle Arti. Alcune delle mostre più recenti si sono tenute alla Fondazione Marconi (2009); alla Pinacoteca Comunale Casa Rusca di Locarno (2010), alla Galleria Tega di Milano (2012), al MAMAC di Nizza (2013) e al Museo d’Arte della Città di Ravenna (2013). L’artista vive e lavora tra Parigi, Monte Carlo e Meina, sul Lago Maggiore.