Valerio de Filippis – Lo specchio
La mente può fingere di non vedere; la pittura, al contrario, rivela ogni cosa: ciò che appare e ciò che realmente siamo. Condividere, ma soprattutto osservare negli altri questo stesso processo di frammentazione costituisce l’obiettivo sostanziale di questo progetto.
Comunicato stampa
Un frammento di specchio sospeso sopra una luce radente e trasfigurante, di fronte al quale, in una piovosa notte dicembrina, gli avventori di “Frane Letterarie” venivano invitati a porsi per essere ripresi da una telecamera. Una via per guardare se stessi, intimamente, in funzione soltanto di se stessi per almeno un’interminabile minuto. Una piccola e angusta prigione come tortura dell’io, ma immersa nell’attualità di un istante vitale in cui cercare una risposta o una soluzione a quel nulla che diverremo. Il risultato di tale intima e introversa meditazione è nelle parole espresse da ognuno dei partecipanti alla performance. L’attimo di maggiore intensità espressiva di quanti hanno avuto il coraggio di guardare se stessi è divenuto ispirazione per una serie di ritratti, a cui Valerio de Filippis si è dedicato con la precipua volontà di rappresentare ciò che di più vero è nella storia di ognuno di questi attori. Il progetto si sviluppa da una riflessione maturata in un lungo periodo e nata dall’osservazione su un autoritratto eseguito più di un anno prima, dal titolo “Il boia” dove l’autore scopre il proprio lato oscuro. Dunque, lo specchio e l’autoritratto pittorico intesi come modi di guardarsi e di scoprirsi che generano esiti diversi, dove il primo può portare ad una perdita del sé, alla scissione complessa tra l’essere e l’apparire (in quanto la superficie non svela); il secondo al disvelamento del sé, ad una unità degli opposti come risanamento del triste destino dell’io infranto. L’immagine riflessa, se guardata da un punto di vista introspettivo, genera spesso disorientamento, la percezione di un “io” che oscilla tra la considerazione di sé e la percezione che ne hanno gli altri. Riportare quell’immagine in pittura è come eseguirne una radiografia: quella frantumazione così confondente viene rivelata attraverso un’apparenza stratificata nella quale anche le mancanze sono rivelatrici. La mente, dunque, può fingere di non vedere; la pittura, al contrario, rivela ogni cosa: ciò che appare e ciò che realmente siamo. Condividere, ma soprattutto osservare negli altri questo stesso processo di frammentazione costituisce l’obiettivo sostanziale di questo progetto. Venticinque tavole delle stesse dimensioni; venticinque ritratti eseguiti con la medesima tecnica che annulla il colore in luogo di un bruno cangiante in forte chiaroscuro; venticinque vite uniche e irripetibili, venticinque pensieri indispensabili che grazie all’arte di de Filippis sono diventati storia.