Venezia / Contemporaneo
in mostra quattro ‘pittori veneziani’ anche se non tutti di nascita, che pur avendo condiviso esperienze internazionali, hanno deciso di continuare a portare avanti la loro ricerca in una citta’.
Comunicato stampa
Con la mostra dedicata a Marion Greenstone-Antologica (iniziata il 24 marzo 2011) si è inaugurata una nuova stagione per Palazzo Zenobio, sotto la direzione dell' artista umbro Marco Agostinelli e in collaborazione con la curatrice internazionale Adelina von Fürsten- berg e con i critici d’arte e curatori Roberta Semeraro, Gianluca Marziani e Saverio Simi de Burgis.
Per oltre centosessant’anni, Palazzo Zenobio ha rappresentato un luogo di sintesi per la cultura e la formazione a Venezia. L’elemento determinante di tutto questo lungo periodo, quello che ha legato il passato al presente e ci auspichiamo al futuro, è sempre stato quello della cultura e dell’arte.
Palazzo Zenobio è uno degli esempi più importanti dell’edilizia barocca veneziana e farlo rivivere al pubblico "tutto l'anno" attraverso l’arte moderna e contemporanea è il compito che ci siamo prefissi.
Scrive il curatore Saverio Simi de Burgis:
Palazzo Zenobio, sede storica della comunità studentesca armena aperta alla città e proiettata in una dimensione di respiro e di rapporti internazionali, con la nuova gestione condotta da Marco Agostinelli, sta assumendo sempre più una veste e un ruolo espositivo intenso e rilevante grazie a una serie di iniziative concepite ora non più necessariamente in concomitanza con le manifestazioni programmate durante il periodo delle Biennali. La direzione ha impresso una più energica linea di tendenza dando inizio a un nuovo corso in tal senso, predisponendo una serie di esposizioni che, soprattutto nel nostro specifico caso, dimostra concretamente di volersi aprire ulteriormente alla città. Ho colto con interesse e partecipazione l’invito offertomi da Marco Agostinelli ed eccoci quindi a introdurre una mostra di artisti ormai affermati e attivi da anni con studio in laguna. Carolina Raquel Antich, Serena Nono, Daniele Bianchi e Gino Blanc sono, infatti, “pittori veneziani” anche se non tutti di nascita, sicuramente d’elezione, che pur avendo condiviso esperienze internazionali, hanno deciso di continuare a portare avanti la loro ricerca in una città, a volte difficile, come Venezia in cui la sostanza di un passato ricco d’arte può costituire un imbarazzo, quasi un impaccio per riuscire a renderla, nei tempi attuali, ancora produttiva nel settore.
Carolina Raquel Antich
Una straordinaria naturale visione metafisica caratterizza la ricerca di Carolina Raquel Antich. Direi che si tratta di un mondo che le appartiene per conformazione congenita e che le consente di raggiungere esiti semplici, senza alcuna sovrastruttura né forzatura. I simboli sono colti per quello che realmente sono o dovrebbero essere e in tal senso si assiste a un’incredibile coincidenza di arte e vita che si esplica attraverso un linguaggio raffinatissimo della pittura che non assume aspetti narrativi o fabulistici né di tipo banalmente illustrativo, ma di vera e propria poesia in sé del tutto autonoma e compiuta.
Serena Nono
La capacità di metabolizzare i valori della pittura indipendentemente dai periodi e dalle derivazioni geografiche, rende la ricerca di Serena Nono straordinariamente interessante e allo stesso tempo difficile da cogliere con immediatezza in tutto il suo valore. La sua originalità consiste in questo sottile e costante colloquio con la pittura di autori a lei contemporanei, soprattutto di derivazione dell’area germanica ma anche britannica, rivolta a recuperare tra le pieghe delle sue tele, più che vuote citazioni, direi assimilazioni meditate e fatte sue dalla grande stagione del ‘500 veneziano, Tintoretto in particolare, ma anche di molta pittura del ‘600, soprattutto della tradizione dei cosiddetti tenebrosi e dei chiaristi.
Daniele Bianchi
Si può dire che la luce costituisca l’oggetto principe della ricerca del suo fare pittorico. In tal senso è l’erede naturale del nonno materno Mario Deluigi, che nel periodo fisiologico prima e poi con una tecnica diversa da lui stesso inventata in quello spazialista con i suoi grattages, sostituendo il pennello con una mezza lametta da barba, dopo aver preparato la tela con diversi strati di colori, dalle tonalità più chiare a quelle più scure fino a volte ad arrivare al nero, cercava poi con piccole e lievi scalfitture segniche la luce. Con una tecnica diversa e sicuramente più vicina a quella tradizionale, Daniele Bianchi ha fatto suo il valore di uno degli elementi fondamentali ed eterni della ricerca artistica, dalle molteplici sfumature e dalle infinite possibilità di soluzione.
Gino Blanc
Una sorta di positivo eclettismo caratterizza la variegata ricerca pittorica di Gino Blanc nella quale certamente la pittura coincide in termini completi con il quotidiano, la sua sfera esistenziale, anche quella più intima. In tale senso l’eclettismo percepibile nei soggetti affrontati e contemporaneamente all’interno di una tecnica assunta e metabolizzata che spazia da quella tradizionale a quella sperimen- tale, viene a configurarsi in tutta la sua accezione più stimolante e proficua al raggiungimento di una visione totalizzante.