Ventinovegiorni – Christophe Constantin
La ricerca di Christophe Constantin è la risultante, concettuale ed estetica, della sintesi tra due lontane ma non totalmente diverse ideologie: Il Realismo e la PopArt.
Comunicato stampa
Christophe-Constantin
Il nostro tempo
La ricerca di Christophe Constantin è la risultante, concettuale ed estetica, della sintesi tra due lontane ma non totalmente diverse ideologie: Il Realismo e la PopArt. Sono infatti presenti elementi riconducibili ad entrambe le correnti, i quali ne rendono difficile l'accostamento preciso e totale nell'una o nell'altra ideologia. Ritengo sia giusto quindi dovendo analizzare l'opera di Constantin parlare di "Pop-Realismo". Per meglio spiegare questa breve ma fondamentale premessa, prenderò in esame la "Venere", opera presente in mostra. Già il titolo e il soggetto trattato sono un chiaro esempio di quel procedimento di approriazione di icone di massa con il quale gli artisti Pop si impegnavano a raggiungere un linguaggio visivo immediato e universalmente riconoscibile dal popolo nella sua totalità. Se però le icone di cui si servivano i Pop erano quelle del consumismo più gretto e sfrenato, Constantin si appropria invece di immagini più raffinate, derivanti dai grandi capolavori dall'arte del passato, ma comunque riconoscibili in virtù di una sedimentazione di esse nella memoria inconscia dell'umanità. Ma al contrario del Pop che nella maggior parte dei casi è rimasto superficiale, divenendo causa e sintomo dei paradossi di una società, Constantin attraverso la poetica formale ed estetica dei suoi lavori esprime con fredda ironia le forti inquietudine del nostro tempo, e contemporaneamente propone una decisa critica nei confronti delle grandi contraddizioni maturate nei giorni nostri. Ed è proprio ciò che la distingue dalla PopArt e lo avvicina ad un Realismo di stampo sociale, politico.La Venere viene infatti impoverita e dissacrata, allo stesso modo in cui l'ideologia post-moderna e le società mass-mediali che idolatrano e inducono all'estremo consumismo hanno impoverito e dissacrato la spiritualità ed interiorità dell'essere umano, trasformandolo a tutti gli effetti in un automa predisposto all'usa e getta. La venere è così posta su un piedistallo che è la sua stessa cassa di trasporto, ad indicare come l'angoscia consumistica abbia colpito nel profondo, sino ad arrivare alla cultura e all'arte. L'opera entra in galleria, e nel momento che viene fruita è già pronta per essere riposta in magazzino, dimenticata, come si può fare con un capo d'abbigliamento o un ellettrodomestico vecchio. Come dicevo l'icona della Venere, metafora dell'azione degli sviluppi delle società capitaliste sull'uomo, viene anche dissacrata e sfruttata, costretta al silenzio da una "palla da bondage". Un silenzio rassegnato allo sfruttamento della sua immagine per fini commerciali e pubblicitari. Ma questi elementi che inserisce Constantin non hanno una funziona esclusivamente di illustrazione concettuale, di speculazione filosofica sulla realtà. Consapevole delle anemie visive che oggi caratterizza la visione distratta, Constantin inserisce l'estetica sessuale estrema del bondage come strumento per catturare lo sguardo disattento del fruitore contemporaneo. L'idea della Venere poggiata sul piedistallo che è la sua stessa cassa di trasporto, è in realtà lo sfruttamento di un immagine stridente (il candido gesso della scultura e lo sporco legno della cassa) che causa stupore e ironia. Si crea in questo modo un percorso percettivo fenomenologico, in cui il fruitore riesce autonomamente ad approcciarsi esteticamente all'opera e risalire intuitivamente ai motivi concettuali ed ideologici che ne sono a monte.
La Venere - Gesso,legno e ferro - 50x90x50cm - 2014
La Venere - Gesso,legno e ferro - 50x90x50cm - 2014
Bio
Christophe Constantin è nato in Svizzera nel 1987. Ha conseguito il Bachelor of Arts presso l’ECAV nel 2013, lo stesso anno si trasferisce a Roma per seguire una specialistica in scultura alla RUFA . Durante il suo soggiorno a Roma , ha partecipato a diverse collettive tra cui la Biennale di Viterbo nel 2014. Nella sua ricerca,definibile come Realismo-Pop, si appropria di icone classiche per criticare i molteplici paradossi della contemporaneità. Per raggiungere questo non si preclude l’utilizzo di nessuna tecnica, spaziando dalla pittura alla fotografia, all’istallazione e alla scultura.
Ventinovegiorni
Ventinovegiorni è un progetto per l’arte contemporanea organizzato da Kou, nello spazio Menexa di Palazzo Montoro a Roma. Questo progetto è legato alla temporalità del ciclo lunare, infatti da sempre la luna piena si è rivelata un segno attrattivo, facendo confluire lo sguardo dell’osservatore verso un riferimento certo.
La nostra rassegna vuole essere uno strumento per mettere in evidenza un artista in concomitanza del plenilunio.
In questo modo, ogni ventinove giorni, viene presentato un nuovo artista, facendolo illuminare da una luna feconda, nell'ospitalità di uno spazio non convenzionale, un luogo di lavoro creativo.
Menexa non è una galleria, ma lo è stata nel passato e ne conserva l’aspetto, e vuole creare dei trait d’union che contribuiscano a costruire un futuro all’arte contemporanea.
Come una fionda vuole lanciare nuove idee, usando la luna a guisa di acceleratore, come accade per le sonde spaziali, che la usano per proiettarsi nelle profondità dell’inesplorato.
Sorgono così, dopo il ciclo iniziato nel duemiladodici, una serie di nuove lune piene, che si illuminano senza necessità di cura, nella consapevolezza che l’arte non sia malattia, quindi non abbia bisogno di curatori. Questi cicli si reiterano attraverso gli artisti, che, mettendosi in gioco, accettano l’obbligo di esser loro stessi ad indicare l’artista successivo, creando così un percorso originale e privo di protagonismi.