Versus XIX
L’edizione di quest’anno vuole essere una micro riflessione visiva sulle possibilità di rilettura della pittura nel lavoro di cinque giovani artisti. Mezzo espressivo dalla ingombrante eredità storica, soprattutto nel nostro paese, la pittura è stata trattata con un certo snobismo dalle ultime generazioni, per poi essere recentemente recuperata sia come media inteso in senso tradizionale che come materiale dalla sorprendente versatilità.
Comunicato stampa
Giovedì 26 settembre 2013 alle ore 18.30 il Velan Center inaugura la mostra collettiva Versus XIX a cura di Francesca Referza con opere di: Paola Angelini, Sara Enrico, Helena Hladilová, Alessandro Roma, Namsal Siedlecki. Coetaneo di Artissima che quest’anno festeggia venti anni dalla sua fondazione, il Velan Center nel 2013 presenta la XIX edizione di Versus, un format ormai classico della propria programmazione in cui vengono presentati i lavori di giovani artisti molti dei quali hanno già ottenuto importanti riconoscimenti attraverso premi, residenze e diverse presenze in mostre istituzionali. L’edizione di quest’anno vuole essere una micro riflessione visiva sulle possibilità di rilettura della pittura nel lavoro di cinque giovani artisti. Mezzo espressivo dalla ingombrante eredità storica, soprattutto nel nostro paese, la pittura è stata trattata con un certo snobismo dalle ultime generazioni, per poi essere recentemente recuperata sia come media inteso in senso tradizionale che come materiale dalla sorprendente versatilità.
Paola Angelini (San Benedetto del Tronto, Ascoli Piceno, 1983) utilizza disegno e pittura come strumenti fluidi di un’indagine interiore dagli interessanti esiti psicoanalitici. I suoi quadri, solitamente di grandi dimensioni, hanno molto spesso come elementi di origine degli animali di piccole dimensioni disposti in primo piano come a stabilire un limen spaziale. Da lì poi la Angelini sviluppa una pittura quasi sempre figurativa, ma con forti proiezioni interiori che, anche grazie ad una accurata scelta del colore, spingono l’osservatore ben aldilà del soggetto dipinto. Sorprende nei quadri della giovane pittrice marchigiana la potenza dell’immagine, ottenuta attraverso l’uso di colori freddi accostati ad altri squillanti, la presenza di ombre profonde e la densità materica del segno.
Sara Enrico (Biella, 1979) della materia pittorica sfrutta le possibilità anche scultoree attraverso una sistematica ricerca delle sue potenzialità sia cromatiche che di trasformazione processuale, forzandone l’uso e testando accostamenti che possano in qualche modo scardinare la funzione specifica per cui un materiale stesso nasce. I lavori dell’artista torinese infatti sono il risultato di una molteplicità di passaggi diretti ed indiretti della materia d’origine su media differenti, da quelli più tradizionali come tela o tessuto a quelli più contemporanei come scanner e computer, aprendosi a relazioni anche con sistemi di riferimento più ampi. Il risultato ottenuto contiene pittura nel proprio DNA, conservandone tuttavia solo minime tracce visive. Da Velan Sara Enrico espone per la prima volta PILLOWS#3 (2012), una scultura in gesso e colore ad olio, e due pezzi della serie STRIPES (2012-2013), in cui la pittura ad olio, modellata in una porzione di tela ripiegata, assume una divertente forma scultoreo-pittorica. La serie PILLOWS - spiega l’artista - si basa sulla possibilità di registrare le pieghe che imprimo alle tele mentre lavoro, in modo da lasciare sulla forma in gesso un’incisione che è il negativo della superficie del dipinto, ovvero la trascrizione tridimensionale dello sguardo che si muove su di esso.
Helena Hladilová (Kroměříž, Repubblica Ceca, 1983) è una attenta osservatrice. Le sue opere solitamente nascono dalla scoperta di dettagli spesso invisibili o perché piccoli e nascosti o perché dimenticati. L’artista prende spunto dalle condizioni ambientali di partenza, per creare lavori che, sollecitando in modo nuovo i sensi, costringono l’osservatore a prendere atto o considerare diversamente qualcosa, a volte semplicemente sostituendo o aggiungendo un elemento. Le opere della Hladilová a mio avviso hanno spesso una venatura tra l’ironico ed il malinconico che all’artista credo derivino dalla sua cultura d’origine. In mostra la Hladilová presenta due nuovi lavori appositamente concepiti. Si tratta – come spiega lei stessa - di quadri spaccati. Il dipinto su di essi segue la forma della spaccatura e verranno installati nello spazio più come sculture che come quadri.
I lavori di Alessandro Roma (Milano, 1977) sono delle affascinanti composizioni piranesiane del nostro tempo. Nella sua pratica artistica Roma utilizza il collage come tecnica privilegiata, ma realizza anche bassorilievi e sculture in terracotta di grandi dimensioni. Nel caso dei collage, si tratta di trompe l’oeil in cui la superficie, che ad una certa distanza appare uniforme, ad una osservazione più attenta si rivela essere una texture di forme differenti, le cui fonti iconografiche originarie, come alberi, piante e rocce, risultano intuibili, ma non immediatamente riconoscibili. Pur prendendo spunto dalla pittura tradizionale, Alessandro Roma ha creato un personale e raffinatissimo linguaggio in cui la pittura ad olio, mescolata a spray, smalto e grafite è capace di trasformare elementi tratti da paesaggi esterni in una esperienza visiva che tesse le fila della memoria (vissuta e immaginata) di chi guarda. In mostra Alessandro Roma presenta una scultura ed un collage di piccole dimensioni. Si tratta di Mandragola (2012), una terracotta dipinta il cui nome evoca la piccola pianta di machiavelliana memoria e Bozzetto-scultura (Mandragola), un collage su carta del 2011. Ogni piccolo collage – precisa l’artista - è di riferimento ad una scultura. L’artista ha infatti realizzato un micro archivio botanico di sculture in terracotta, ciascuna delle quali è accompagnata da un bozzetto 40 x 30 cm.
Namsal Siedlecki (Greenfield, USA, 1986) dopo l’imprinting dell’Accademia di Carrara, ha iniziato a mettere radicalmente in discussione il concetto tradizionale di scultura con una serie di lavori installativi i cui pochi elementi di base venivano accostati e riletti attraverso i concetti di origine e di tempo. Nei lavori più recenti l’artista si mostra sempre più interessato alla possibilità di un recupero dell’identità originaria della materia, che è fisica e poetica insieme. Il nuovo progetto che sto portando avanti- dichiara Siedlecki - nasce dal desiderio di recuperare il rame all’interno di vecchi televisori a tubo catodico. Ogni televisore racchiude circa, 2 kg di rame, il rifiuto si rivela così miniera da cui estrarre il minerale. Attraverso una reazione esotermica, dal rame si ottiene l'ossido, noto come il “verde rame” tipico disinfettante e fungicida usato nella viticoltura. Spruzzando l'ossido ricavato su una tela, il pigmento anziché avere uno scopo estetico svolge una funzione di protezione del supporto tela.
Gli artisti:
Paola Angelini (San Benedetto del Tronto, Ascoli Piceno, 1983), vive e lavora a Venezia
Sara Enrico (Biella, 1979), vive e lavora a Torino
Helena Hladilová (Kroměříž, Repubblica Ceca, 1983), vive e lavora tra Roma e Torino
Alessandro Roma (Milano, 1977), vive e lavora a Londra
Namsal Siedlecki (Greenfield, USA, 1986), vive e lavora a Torino