Villa Sanquirico
Mostra collettiva.
Comunicato stampa
C’è una casa, che è una storia, un luogo che ha accolto vite e persone, nelle sue stanze, nel suo parco. Un ritaglio nella città, che è un passato e un presente. La sera del 5 novembre durante lo Contemporary Art Week torinese, si aprirà alla città un gioiello eclettico, restituito all’antico splendore. Villa Sanquirico, così denominata per via del suo primo proprietario, Carlo Sanquirico, diventa uno spazio d’arte, un’architettura liberty stupendamente conservata, datata 1896, con un parco che la cinge. Nel fine settimana dell’arte di Contemporary Torino, la villa si apre al pubblico, si trasforma in paesaggio e ospita, in un dialogo, un gruppo di artisti con le loro opere. Il loro legame è la relazione con Torino, come origine, transito, ispirazione, declinata in varie sfumature. Una sorta di ritratto speculare all’identità cittadina, dove ogni artista ne racconta la natura storica, internazionale, magica, di genialità sotterranea, fatta di acqua e montagne all’orizzonte, del ricordo del mare. Ogni stanza un artista, dimensioni che si aprono animate da opere dai linguaggi diversi. Cosi il giardino, che diventa parco d’arte con installazioni nel verde.
Nelle sale della Villa, si incontrano le grandi carte di Nicola Bolla, una pittura in transito tra figurazione e astrazione, dalle evanescenze luminose e cangiunti. Una memoria e una percezione liquida, in dissolvenza, che accomuna anche i piccoli rimetti delle statue di Enrico Teoldi, testimoni di un tempo proustiano che si è depositato sulla loro pelle e ne marezza l’epidermide lapidea. Gli scambi di riflessi dell’installazione di Laura Pugno creano un paesaggio immaginifico, stratificato da immagini che si sovrappongono tra interno ed esterno, dimensioni osmotiche su cui indugia anche lo sguardo di Gosia Turzeniecka, che riporta scorci e dettagli della casa fissandoli in schizzi a china su lunghe carte. Pittura e performance insieme. Di carta anche il corpo dei libri –pagina, parola, volume e copertina – che diventa materiale plastico e concettuale nelle opere di Marco Cordero, un calco reale e poetico dell’umanità che in quei libri ha impresso e ricevuto forma. Nicola Ponzio crea una tavolozza cromatica con una grande installazione di pittura astratta, dove oggetti in vetro d’uso comune sono pennellate ideali di colore puro. Oggetti trovati sono anche quelli rinvenuti da Francesco Pergolesi in mercatini dell’usato in Europa alla fine della giornata, quando rimanevano i resti di cose invendute, rotte, lasciate a terra, fotografate sull’asfalto come composizioni informali. Reperto del tempo è anche un comodino del secolo scorso che Daniele D’Acquisto pone al centro della sua installazione, ascolto da stringhe di legno, nastri che sembrano propagarsi e correre nello spazio. Così, si espande sulle superfici della stanza il nuovo progetto installativo di Piergiorgio Robino di Studio Nucleo, una decostruzione cubista aperta a continue ridefinizioni. Sono scatole preziose le fotografie di Maura Banfo: racchiudono tracce di vite passate e hanno il mare dentro, diventano archetipi del destino nel confronto con delicati disegni su carta carbone ispirati ai tarocchi. E nero è anche il grande teschio di Paolo Grassino, una sorta di memento mori che accoglie nell’atrio d’ingresso della casa. Fuori, nel parco, alcune installazioni en plein air si mimetizzano con la natura e il suo incanto. Le sculture poetiche e giocose di Jessica Carroll con la sua natura fiabesca e vitale, i cervi di Paolo Grassino dalla bellezza affascinante e misteriosa, poi la serra, scrigno magico illuminato, dove vivono le creature di Enrica Borghi dalla delicata trasparenza plastica e il nido di Mauro Banfo. Un gigantesco popcorn in marmo di Fabio Viale propone un invito a uno leggerezza pop giocando, quasi un ossimoro, sull’enorme peso dello scultura stessa.