Vincenzo Agnetti / Tomaso Binga – una macchina è una macchina 12
Un dialogo tra due artisti che, a partire dagli anni ’60, hanno privilegiato l’uso della parola come medium espressivo di quel processo di trasformazione grazie al quale il pensiero, le esperienze e la vita divengono operazione artistica.
Comunicato stampa
Circa 30 opere, per la maggior parte inedite, intendono mettere a fuoco i punti di contatto tra i due artisti che, nonostante non si siano mai incontrati, hanno condiviso linguaggi comuni tra cui l’uso della poesia, le pratiche performative e la concezione dell’arte come un’operazione di sintesi.
Nel saggio non compare Vincenzo Agnetti: è il 1969 quando l’artista espone per la prima volta, da Cenobio-Visualità a Milano, La macchina drogata: una calcolatrice Olivetti Divisumma 14 nella quale sostituisce ai numeri i segni alfabetici e quelli d’interpunzione. Il pubblico è invitato a interagire con lo strumento meccanico, producendo un’azione collaborativa e performativa definita da Agnetti “teatro statico”. La lettera originale Del teatro statico, riguardante fra l’altro la funzione metalinguistica del linguaggio, la demistificazione delle informazioni e il rapporto con la società dei consumi, sarà eccezionalmente esposta in mostra.
Prosegue così il lavoro della galleria sul confronto tra Agnetti e Binga, la cui ricerca è stata per la prima volta posta in dialogo in occasione della collettiva Fare uno, dalla parola al segno un dialogo possibile (marzo 2023) e successivamente all’interno del progetto di miart 23.
NOTE BIOGRAFICHE
Tomaso Binga (Salerno 1931), nome d’arte di Bianca Pucciarelli Menna, artista, poetessa e performer, vive e lavora a Roma. Nel 1971 Binga inizia una sperimentazione artistica e poetica incentrata sulla scrittura verbo-visuale. Nella prima fase della sua carriera lavora con la scrittura “desemantizzata”, un segno grafico apparentemente disfunzionale e non comunicativo, presentando la prima mostra nel 1974 presso la Galleria L’Obelisco di Roma. Nel 1974 inizia le sue azioni performative: la prima è Parole da distruggere, parole da conservare. Gli anni successivi saranno ricchi di attività culturali e mostre significative: nel 1976 completerà una serie di opere che rimarranno un caposaldo della sua ricerca artistica, come la sua "Scrittura Vivente": lettere dell'alfabeto formate con il proprio corpo femminile e in particolare le sue famose carte da parati. In quell’anno è invitata a partecipare alla mostra organizzata da Mirella Bentivoglio dal titolo Tra linguaggio e immagine seguita da Materializzazione del linguaggio (1978). Prosegue la sua attività partecipando a numerose mostre e iniziative culturali, tra cui la XVI Biennale di San Paolo, Brasile (1981) XI Quadriennale di Roma (1986), Fondazione Prada (2017), Frigoriferi milanesi (2019), Museion, Bolzano (2019), Centre d’Art Contemporain, Ginevra (2020). Da ultimo l’edizione della Biennale di Venezia del 2022. Le sue opere sono inoltre presenti in collezioni museali italiane ed estere.
Vincenzo Agnetti (Milano, 1926 – 1981), diplomato all’Accademia di Brera, esordisce negli ultimi anni ’50 affiancando alla pittura in ambito informale l’attività di critico, saggista e teorico. Nel 1957 collabora ad ‘Azimuth’ e alla rivista omonima con Manzoni, Castellani, Bonalumi, Boriani, Anceschi, De Vecchi. Dal 1960 respinge la pratica della pittura per identificare l’arte con l’assenza, operando in un ambito concettuale estremamente radicale, ‘freddo’, a volte criptico. Del 1962 è Obsoleto, con la cancellazione del testo delle ultime pagine, operazione ripresa a fine decennio in Libro dimenticato a memoria con il taglio totale dei blocchi di testo da tutte le pagine, e con Pagina dimenticata a memoria in cui la scritta campeggia al negativo sulla pagina nera. Lavora quindi e sperimenta al di fuori della pittura in anni di viaggi fino al 1967 quando, rientrato in Italia, sostiene la pratica artistica come pura analisi dei concetti. Il suo lavoro di analisi dell’oggetto in rapporto alla sua immagine fisica e mentale e il suo operato sui linguaggi della comunicazione sono di fondamentale importanza. Nel 1975 Agnetti apre uno studio a Manhattan, inizia la collaborazione con Ronald Feldman, stringe amicizie con altri artisti, in particolare con Arakawa. Ha partecipato alle Biennali di Venezia dal 1974 al 1978, alla Quadriennale di Roma, alla documenta 5 del 1972 e alla Biennale di S. Paolo del 1973. Muore a Milano nel 1981.