Vincenzo Lagalla – Deformazione dell’immagine
“L’iscrizione del tempo in un’opera d’arte visuale è un’operazione di linguaggio e di pensiero”.
Comunicato stampa
“L'iscrizione del tempo in un'opera d'arte visuale è un'operazione di linguaggio e di pensiero”.
Con queste parole Viana Conti introduce, in uno scritto del 2019, la presentazione dei materiali fotografici e video ora riproposti da Entr’acte nella personale “Degenerazione dell’immagine” di Vincenzo Lagalla, ponendo l’accento sulle peculiari modalità di rielaborazione dell’iniziale lavoro performativo (l’azione “Porta”, realizzata nel 1976 in una località salentina) attraverso le diverse fasi, svolte ad intervalli meno e più prolungati, dello svolgimento fisico, della registrazione fotografica, del riversamento in video e della sua riproduzione, da cui scaturisce l’“errore tecnico” che dà luogo a una nuova sequenza di immagini.
“Se, a conferma di quanto teorizza Marshall McLuhan, il medium è il messaggio – annota ancora Conti – le modifiche tecniche apportate all’opera originaria di Vincenzo Lagalla stimolano una riflessione sulle mutazioni socio-estetico-ambientali-massmediatiche dell’epoca. Il processo mediale muove dalle diapositive in b&n, procede con un primo riversamento in VHS, quindi con il successivo su CD, con l’accompagnamento musicale del compositore e polistrumentista Enzo Fina, per arrivare ai file da cui sono scaturite le stampe fotografiche in b&n e una decina a colori per un imprevisto pixel error di un cervello elettronico quasi umano”.
La traccia dell’operazione segue una linea evolutiva complessa, in cui la casualità interviene a renderne gli estremi pressoché indecifrabili, trasponendo gesti e forme oggettuali in fantasmi digitali vieppiù elaborati, con una progressiva riduzione qualitativa, sino alla finale, incongrua esplosione in uno sfavillante mosaico di pixel smodatamente dilatati.
(segue)
L’itinerario artistico di Vincenzo Lagalla (Squinzano, LE, 1956) si apre attorno alla metà degli anni Settanta nello scenario salentino legato agli ambiti della poesia visiva e della performance. Nella sua formazione e nelle prime esperienze incidono figure come Enzo Miglietta, animatore del Laboratorio di Poesia di Novoli (dove nel 1983 espone la sequenza fotografico-performativa “Poe-Muro”) e Francesco Saverio Dodaro fondatore del Movimento di Arte Genetica e della rivista Ghen.
Dopo il trasferimento a Genova nel 1985, entra in contatto con Rolando Mignani, poeta visuale del Gruppo Tool creato da Ugo Carrega, con cui collabora alla realizzazione della collettiva “Progetto per una dimora inabitabile” presentata l’anno seguente nel Palazzo della Meridiana a Genova. In questa occasione l’artista sperimenta il linguaggio dell’installazione esponendo “Illatenza”, opera modificata e inserita nella recente mostra “Le radici della violenza”, allestimento di elementi scultorei e installativi che partono dalla parola, la mostra è accompagnata da testi che ne delineano il percorso.
Dopo la Mostra del 1990 al Museo Santa Maria di Castello a Genova abbandona la pittura e si dedica alla costruzione di oggetti/installazioni. Nella fotografia privilegia le lunghe sequenze al singolo scatto, quasi dei brevi racconti. Importante la realizzazione dei “Sandwich fotografici” e delle slides all’Infrarosso.
Nel 2013 partecipa con Brunetti, Bucci, Di Cristina, Galletta, Mignani, Terrone, alla mostra curata da Sandro Ricaldone e tenuta a Palazzo Ducale Genova: “Il lavoro dell’artista, un percorso genovese – 1977-1989”, che nel 2015 viene trasferita al Museo Castello Carlo V di Lecce.
Nel 2016 inizia una lunga collaborazione per la fotografia con la Galleria d’Arte Malinpensa, collaborazione che ha portato nel 2017 alla personale nella sede di Torino, oltre alla partecipazione con la galleria a varie manifestazioni a carattere internazionale.
L’ultimo periodo vede la realizzazione della mostra “Le radici della violenza” (2020) nello Spazio 21 dell’ex Ospedale Psichiatrico di Genova Quarto a cura di Sandro Ricaldone e la ripresa delle installazioni all’aperto (site specific).