Virginia Ryan – I Will Shield You

Informazioni Evento

Luogo
MONTORO12 CONTEMPORARY ART
Via di Montoro, 12 00186 , Roma, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Dal martedì al sabato
15.00 -20.00 orario continuato.
Domenica e lunedì ed altri orari
su appuntamento.

Vernissage
12/05/2016

ore 18,30

Artisti
Virginia Ryan
Curatori
Ursula Hawlitschka
Generi
arte contemporanea, personale

Montoro12 Contemporary Art è felice di presentare I Will Shield You una personale di Virginia Ryan nella quale saranno esposti per la prima volta una nuova serie di lavori.

Comunicato stampa

Montoro12 Contemporary Art è felice di presentare I Will Shield You una personale di Virginia Ryan nella quale saranno esposti per la prima volta una nuova serie di lavori. Questo gruppo di opere consiste in 15 sculture uniche, degli scudi che stanno ad intendere quello che l’artista percepisce come una crescente cultura della paura, paure reali (come il global warming) e paure immaginarie o instillate (come l’islamofobia nel mondo occidentale). Gli scudi hanno una funzione protettiva, ma sembrano anche a simboleggiare le nostre paure in un mondo in cui la migrazione e globalizzazione destabilizzano la tradizione e l'identità culturale e si risolvono in una non accettazione delle differenze.
Il titolo della mostra ha una valenza volutamente ambigua (chi è che protegge? Chi viene protetto? E da cosa?), l’idea dello scudo protettivo è anche la risposta dell’artista alla comune paura “dell’altro” che ha invaso la società, così come migranti e rifugiati hanno “invaso” l’Europa. Le strutture di potere e l’autorità sono messe in discussione, la compassione è implicita. Avendo vissuto e lavorato in Ghana e Costa d’Avorio per 15 anni, l’artista ha molto chiaro il concetto “dell’altro”, e il suo lavoro è molto influenzato dalla sua lunga permanenza in Africa. Infatti alcuni scudi mostrano le caratteristiche colorazioni Africane, mentre altri sono piu’ legati alla natura rurale Europea. Gli scudi di metallo sono ricoperti da miriadi di oggetti, lana grezza, oggetti trovati, pagine di libri, scritti, fotografie e tessuti che alle volte li ricoprono come con una rete annodata.
Dopo aver recentemente chiuso il suo studio in Costa d’Avorio, Virginia Ryan ha lavorato sugli scudi, nell’anno passato nel suo studio a Trevi in Umbria, il progetto ha richiesto un lungo tempo e grandi energie, ed il risultato è un affascinante lavoro ibrido che evoca diversi livelli di significato.
Gli oggetti sono avvolti in filo e nascosti (ad esempio, una pistola avvolta che allude alla violenza umana) o apertamente visualizzati sugli scudi (ad esempio la lana grezza che allude al calore protettivo ) . I fili che coprono molti degli scudi richiamano sia la rete (world wide web) di un ragno che i “dream catchers” i cui nodi servono per impedire all’ energia negativa di entrare. Ma il tempo è forse il principale " ingrediente" di questi scudi - il tempo di realizzarli e il tempo di svelare i molti strati di queste opere, che sembrano continuare a crescere mano a mano che li studiamo.
Sono le fotografie delle persone (“l’altro”?) all’interno degli scudi che ci attraggo o ci respingono mentre ci avviciniamo ad essi. Durante il periodo della loro realizzazione questi scudi si sono trasformati in oggetti magici, potenti, entità a se stanti che allo stesso tempo ci proteggono e ci impongono di confrontarci con le nostre paure e i nostri pregiudizi. Realizzati a misura di individuo ci spingono a scoprire l”altro” che incorporano e trovandoci faccia a faccia a comprendere le nostre reazioni. Come un gruppo di guerrieri, gli scudi richiamano un esercito di pace e comprensione che parla di Europa e della sua relazione con " Mother Africa", della interconnessione di tutti gli esseri. La costante crescita, il movimento, la migrazione e il viaggio in grado di generare la comunicazione come una possibile soluzione ai nostri problemi globali più urgenti.

Nella mostra è anche compreso il forte lavoro “Voyager”, così come una serie di collage fotografici che mettono in relazione la nuova serie di lavori con la precedente “Mami Wata”, in mostra nella bipersonale Surfacing - Frédéric Bruly Bouabré e Virginia Ryan, presso il Lavatoio Contumaciale, dal 19 al 29 maggio 2016.
Un catalogo della mostra con testi di Achille Bonito Oliva, Osei Bonsu e Ursula Hawlitschka, sarà disponibile nel mese di giugno.
Nata in Australia, Virginia Ryan è una artista multidisciplinare, ha studiato comunicazione visiva alla National Art School di Cranberry in Australia e art therapy al Queen Margaret’s college di Edinburgo, Scozia. Ha vissuto e lavorato in Egitto, Brasile, Scozia e Jugoslavia, ha passato la maggior parte degli ultimi 15 anni in Ghana e Costa d’Avorio, dove ha lavorato a stretto contatto con gli artisti Africani. Attualmente vive e lavora a Trevi in Umbria. Le sue opere sono state esposte in tutto il mondo, comprese le Biennali di Dakar, Malindi e Venezia. Le mostre personali più recenti includono il Whitworth Museum di Manchester (2007), Il Museo d’Arte Moderna Palazzo Collicola, Spoleto (2008), Museo Pino Pascali, Polignano a Mare (2014), Centro d’Arte Contemporanea Trebisonda, Perugia (2014) ed il Museo de la Patrimoine, Grand Bassam, Costa d’Avorio (2015).

Press Release
Virginia Ryan – I Will Shield You
curated by Ursula Hawlitschka
12 May – 25 June, 2016
Vernissage: Thursday, 12 May 2016, 6.30 - 8.30pm
Montoro12 Contemporary Art is pleased to present I Will Shield You, a solo exhibition by Virginia Ryan featuring a series of works shown for the first time. The artist’s new body of work consists of 15 unique sculptures, standing shields that address what the artist perceives as the growing culture of fear – rational fears (like global warming) and irrational/instilled fears (such as the rising islamophobia in the West). While shields have a protective function, they also seem to symbolize our fears in a world where migration and globalization destabilize tradition and cultural identity and result in a non-acceptance of difference.
While the exhibition title is deliberately ambiguous (who is shielding? Who is shielded? And from what?), the idea of protective shields is also the artist’s response to the common fear of “the other,” which has “invaded” society like refugees and migrants have “invaded” Europe. Power structures and authorities are questioned, compassion is implied. Having lived and worked in Ghana and Ivory Coast for 15 years, the artist is well aware of the notion of “the other” and her work was greatly influenced by her long stay in Africa. In fact, some shields exhibit colorful “African” features, while others have more ties to (European) rural nature. The iron shields are covered with a myriad of objects attached to their metal frames: found objects, raw wool, book pages, writing, fabric, photographs and thread that often covers an entire shield like a knotted web.
Having recently closed down her studio in Ivory Coast, Ryan worked on the shields during the past year in her studio in Trevi, Umbria: a time consuming and labor intensive project, which resulted in fascinating, hybrid works, evoking many layers of meaning. Items are wrapped in yarn and hidden (e.g. a wrapped pistol alluding to human violence) or openly displayed on the shields (e.g. raw wool alluding to protective warmth).The thread that covers many of the shields recall both spider’s webs (world wide web), and dream catchers, with the knots preventing negative energy from entering. But time is maybe the main “ingredient” of these shields – time to make them and time to unravel the many layers of these works, which seem to continue to grow the longer we study them.
It is often the photographs of people (“the other”?) that attract (or repel) us as we approach the (mostly) colorful, sometimes even carnivalesque shields. Over time these shields have grown into powerful, magic object-beings, entities on their own, that both protect us and make us confront our fears and prejudices. Sized like individuals, they invite us to encounter “the other” they embody, exploring them face to face and discovering our reactions. Like a group of warriors, the shields recall an army of peace and understanding that speak of Europe and its relationship to “Mother Africa,” of the interconnectedness of all beings. Constant growth, movement, migration and travel can generate communication as a possible solution to our most pressing global problems.
Also included in the exhibition is Ryan’s powerful work “Voyager” as well as number of photographic mirror collages that relate the new body of work to her previous series of Mami Wata, which can be seen at the two-artist exhibition at the Lavatoio Contumaciale in Rome - Surfacing. Frédéric Bruly Bouabré and Virginia Ryan, 19 – 29 May, 2016.
An exhibition catalogue with essays by Achille Bonito Oliva, Osei Bonsu and Ursula Hawlitschka will be available in June.
Born in Australia, Virginia Ryan is a transnational multidisciplinary artist who trained in Visual Communication at the National Art School in Cranberry, Australia and in Art Therapy at Queen Margaret’s College in Edinburgh, Scotland. Having lived and worked in Egypt, Brasil, Scotland and Yugoslavia, Ryan spent the greater part of the last 15 years in Ghana and Ivory Coast, where she worked closely with African artists. She is an Italian national and currently lives and works in Trevi Umbria. She has exhibited widely and internationally, including at the Biennales in Dakar, Malindi and Venice. Recent solo shows include the Whitworth Museum in Manchester (2007), Museum of Modern Art Palazzo Collicola, Spoleto (2008), Museo Pino Pascali, Polignano a Mare (2014), Centro d’Arte Contemporanea Trebisonda, Perugia (2014) and Musee de la Patrimoine, Grand Bassam, Ivory Coast (2015).