Visioni oltre il visibile
La collettiva propone circa 30 opere di Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Paolo Scheggi e Giuseppe Amadio: esponenti portatori di un ideale di forma e materia che si sviluppa a partire dallo spazialismo del dopoguerra e arriva, grazie alla ricerca di Amadio, fino ai giorni nostri.
Comunicato stampa
Dal 17 settembre al 30 ottobre 2015, presso la galleria Andrea Ingenito Contemporary Art di Milano, si terrà la mostra dal titolo Visioni oltre il visibile. La collettiva propone circa 30 opere di Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Paolo Scheggi e Giuseppe Amadio: esponenti portatori di un ideale di forma e materia che si sviluppa a partire dallo spazialismo del dopoguerra e arriva, grazie alla ricerca di Amadio, fino ai giorni nostri. Parte delle opere in mostra provengono dalla fortunata esposizione estiva di Forte dei Marmi Percezioni Visive (13 giugno -15 settembre), per la quale la galleria AICA ha collaborato. Proponendosi di indagare gli sviluppi formali dell’arte oggettuale, infatti, le due collettive condividono l’intento.
Linguaggio che non sembra volersi esaurire, quella dell’arte oggettuale è una ricerca che nasce nella forma per concentrarsi poi su come la forma stessa, scaturita da giochi di luce e ombra, agisce sulla nostra sensibilità. I materiali, racchiudendo in sé le possibilità di sviluppo formale, giocano di conseguenza un ruolo fondamentale per la ricerca dell’artista: domandoli magistralmente, ognuno con tecniche personali, si ottiene l’abbandono della bidimensionalità, vista come luogo di rappresentazione, per approdare ad una nuova visione spaziale dell’opera.
All’interno di questa ricerca estetica e formale ben si inseriscono le estroflessioni di Giuseppe Amadio, naturale conseguenza dell’oggettualismo storico. I suoi lavori, sul confine che separa la pittura dalla scultura, possiedono una nuova dinamicità garantitagli dall’attenzione estrema rivolta ai materiali e da una tecnica precisa. Tra i materiali troviamo legni particolari, appositamente e tecnicamente flessi, spessori e lamine di acciaio inossidabile curvati a 120° che concorrono a dilatare la tela spazialmente verso l’esterno e specifiche vernici al caucciù, create dallo stesso artista, che rendono la tela elastica e permettono un perfetto equilibrio di tensioni. Collocato tra passato e futuro, tra tradizione e innovazione, come scrisse Piero Dorazio: “Giuseppe Amadio sta facendo la sua parte, come artista, riproponendo un concetto storico sapientemente trasformato proprio per rispettare la ormai consolidata validità di quelle ricerche che la storia dell’arte ha confermato”.