Vito Campanelli – Fifty kinds of blue
Omaggio ai cinquant’anni dell’artista mestrino, da trenta protagonista di una lunga e personale ricerca pittorica e animatore della vita culturale cittadina, la mostra presenterà al pubblico gli ultimi lavori, acrilici su tela di piccole, medie e grandi dimensioni, la maggior parte dei quali inediti, realizzati appositamente per l’importante appuntamento espositivo.
Comunicato stampa
Si inaugura venerdì 13 gennaio 2012, presso lo Spazio Metropolitano del Centro Culturale Candiani di Mestre (P.le Candiani 5, ore 17.00), con il patrocinio dell’Assessorato alle Attività Culturali del Comune di Venezia, Fifty Kinds of Blue, personale di Vito Campanelli, a cura di Gaetano Salerno.
Omaggio ai cinquant’anni dell’artista mestrino, da trenta protagonista di una lunga e personale ricerca pittorica e animatore della vita culturale cittadina, la mostra presenterà al pubblico gli ultimi lavori, acrilici su tela di piccole, medie e grandi dimensioni, la maggior parte dei quali inediti, realizzati appositamente per l’importante appuntamento espositivo.
La trentina di opere selezionate per l’evento rappresentano la naturale evoluzione artistica ed umana del ciclo di pitture Opus II, già presentato nella personale Sous le rouge (Castello Normanno Svevo di Salemi, Trapani, febbraio 2008 e Galleria Giudecca 795 di Venezia, aprile 2008) e a Mestre presso la Torre Civica (gennaio 2008), presso il Centro Culturale Candiani (Forme Presenze, gennaio 2006, a cura di Michela Giacon) e presso lo Spazio Espositivo Voltolina (Spunti Concreti di Assoluto, febbraio 2010, a cura di Gaetano Salerno).
Anche nel nuovo ciclo di lavori l’artista struttura un’intensa narrazione del colore – audace, iperbolica, emozionale - prescindendo dagli elementi tipici della narrazione stessa: le figure e il tempo. Le trame fitte di queste storie cromatiche si riversano sull’osservatore con inaudita violenza, abbracciandone i sensi (anche l’udito e il tatto, laddove il colore assume corpo e musicalità) e circondandolo di emozioni atemporali che solo nelle sfumature cromatiche riescono a trovare i giusti gradi di comunicabilità e di accordo empatico.
La presenza autoritaria e viscerale del gesto pittorico dei precedenti cicli, in cui l’energia vitale ma anche il risvolto sofferente della carnalità venivano evocati dai violenti rossi percettivamente prossimi all’osservatore e senza l’utilizzo di figure retoriche, lascia il posto ad una nuova consapevolezza artistica, ad un ritrovato equilibrio mentale che riguarda l’uomo, oltre che l’artista; le nuove divagazioni del blu – da sempre nell’arte colore evocativo della spiritualità – sottolineano il cammino verso una nuova forma di purezza del pensiero, di liberazione del dolore psichico, di avvicinamento all’infinitezza che dovrebbe, nelle intenzioni dell’artista, risvegliare i nostri assopiti mondi interiori, facendo vibrare l’umanità tutta.
Ogni quadro apre i nostri sguardi ad universi espressivi giocati sul confine tra pratica informale e spazialista, con ripidissime discese ed improvvise ascese dentro e fuori l’immagine, conducendoci in un viaggio iniziatico e conoscitivo nel mondo psichico di Vito Campanelli, lungo le connessioni sinaptiche di un artista che altruisticamente non ha mai nascosto la propria vita dietro una tela, rendendola anzi maggiormente pubblica e condivisibile, negli alti e bassi dell’esistenza, proprio attraverso il fare pittura.
Nei parossismi cromatici allora, nei ritmi inferti alla trama pittorica dalle leggere digressioni tonali sul monochrome iniziale, ecco stagliarsi spazi inattesi di profondissima quiete, attimi riflessivi che la pittura, quando smette di ricorrere all’artificio della tridimensionalità per inverarsi nella pura essenza materica, non può non ricercare. Dissolvere le forme, evocando presenze attraverso le assenze, equivale così a suggerire nuovi spunti di osservazione, nuovi inviti a penetrare le immagini assecondandone gli stimoli percettivi.
Non più deduzioni ma intuizioni, indotte dagli imprevisti abbagli dei punti luce di queste magmatiche alterazioni dell’osservare e dell’esistere, soggetti transitanti tra gli stati aggregativi della materia in cui ogni grumo di pigmento è ampliabile all’infinito, come frattale della realtà che satura il vuoto, lasciando intendere che oltre i confini della nostra limitante quotidianità esiste una realtà altra e alta – dirottando l’attenzione dallo spazio del quadro allo spazio nel quadro - che ambisce a raggiungere il mondo delle Idee.