Vito Capone – Antologia poetica
La Fondazione Berardelli è lieta di annunciare la nuova mostra dedicata a Vito Capone,
quello straordinario pittore a secco in carta, come lo definì il grande critico Enrico Crispolti.
Comunicato stampa
La Fondazione Berardelli è lieta di annunciare la nuova mostra dedicata a Vito Capone,
quello straordinario pittore a secco in carta, come lo definì il grande critico Enrico Crispolti.
Nel solco della tradizione iniziata da Paolo Berardelli, la Fondazione propone una
selezione di opere donate dall’artista che spaziano dalla ricerca segnica degli anni
Settanta, sino ai Libri-Libri esposti al MoMA di New York nel 1992 e che lo hanno
consacrato tra i massimi artisti dediti al Libro d’artista.
Siamo onorati di poter presentare alcuni lavori inediti degli anni Settanta che dimostrano la
potenza del segno e del gesto che si esprimono all’unisono nell’agire di Capone e che
deflagrano sul foglio, ancora, ma per poco, inerme.
Le opere segniche di quegli anni chiamate Guazzi, realizzate coi colori terrosi e ferrosi
donati dalla sanguigna, dalla seppia e dal carboncino, hanno il coraggio del non-finito,
lasciano infatti che i corpi siano solo intuibili e le intelaiature prospettiche siano ridotte a
sospetti. Le nebulose biancastre provocate dalle cancellature sfidano la forma e offuscano
il segno già quasi inciso sul foglio.
Da lì a poco l’artista sentirà la necessità di liberarsi dagli orpelli decorativi, dal colore, dalle
forme preimpostate e di scarnificare tutto all’essenza: sprigionerà il segno nell’aria e lo
lascerà librarsi sulla carta che diverrà “materia”: la vera protagonista dell’opera.
Sono gli anni Ottanta quando inizia a cesellare la carta industriale con un taglierino di
quelli di dotazione scolastica quando giunge ad un esito altissimo: è il suo fare tabula rasa
del figurativo, è la dedizione al bianco intesa come assenza di colore ed è l’avvicinarsi al
vuoto. È una scelta concettuale precisa e diametralmente opposta rispetto a quella in uso
in quegli anni: eppure l’artista ha un’umiltà e un rispetto per la materia tali, che non lo
offende se lo si avvicina ad un artigiano dedito con l’esperienza e il tempo, a trovare i
rimedi naturali per colorare la carta e a conservarla al meglio.
Fare la carta diviene un rito che porta avanti per quarant’anni con quel rispetto per la
tradizione, la materia naturale e la parsimonia tipico di chi sui banchi di scuola ha imparato
a cancellare e riutilizzare il foglio innumerevoli volte. L’approdo è il Libro-libro, una serie
di sculture imbevute della luce del sud e della carta intagliata che ricorda i ricami che si
scorgono dietro i vetri delle case o sulle facciate delle chiese della sua Puglia. In una
versione etimologica si legge che la parola “Libro” potrebbe derivare dal latino 'lègere',
ovvero “raccogliere segni”: ecco quindi che queste sculture sono un omaggio all’idea di
libro non solo perché ne hanno la forma ma perché ne incarnano la sostanza.
Siete tutti invitati a questa mostra che offre oltre 100 opere di impareggiabile bellezza.