Vittorio Cavallini – Chemical Test
Nella mostra si alternano lavori nuovi, generati dalla sollecitazione dello spazio e realizzati appositamente per MOO con opere prodotte in tempi diversi, come il candelabro.
Comunicato stampa
Vittorio Cavallini
Chemical Test
“Mi sono sempre chiesto cosa deve fare un artista. Non ho mai avuto un lavoro specifico, non mi sono mai buttato su un materiale, o un idea particolare. Ogni volta che inizio un lavoro parto da zero. Tale azzeramento è forse dovuto a una fede nel dubbio. Mi chiedo sempre che cosa dovrei fare, per chi dovrei farla. Tale incertezza deve dare da pensare, anche a me. Questo non mi blocca, anzi mi porta a lavorare su tanti ambiti e con tanti mezzi, a concentrarmi sul come. Come fare per realizzare qualche cosa, come reagiscono i materiali, come mostrare quello che vedo. La risposta a queste domande, nonostante ne possa tirare fuori di provvisorie, non è mai completa. Mi tiene in questa zona di “inconoscenza”. Non mi dà chiarezza sul tutto ma mi lascia intravedere delle parti, non si rivela mai a pieno.”
Così Vittorio Cavallini nella sua conversazione con Davide Danimos in occasione della mostra intitolata “Io penso, Io sono” ospitata nel 2015 a Villa Pacchiani definisce il suo lavoro di artista in bilico fra design e arte visiva, tra materia, funzione e funzionalità. Un artista che testa materiali diversi e ne studia le reazioni, che opera in continuo confronto con altri artisti e artigiani, perché, per sua definizione, “Un artista non è mai solo”.
Nella mostra si alternano lavori nuovi, generati dalla sollecitazione dello spazio e realizzati appositamente per MOO con opere prodotte in tempi diversi, come il candelabro. Le opere ci mostrano la capacità di Vittorio di lavorare con materiali nobili e con materiali “da costruzione” giungendo alla “visione della forma”. Un atto creativo che parte da un test sui materiali che oggi nascono da una nuova alleanza instaurata fra la chimica, che da sempre conosce le regole sottili della combinazione dei singoli elementi, e la fisica che è in grado di “dominare” la materia fino alla scala atomica, secondo approcci un tempo sconosciuti.
Pannelli isolanti mostrati nella loro duplice anima di gesso e fibra si trasformano in tappeti, ogni materiale o elemento precostituito o prefabbricato, nell’immaginazione dell’artista si proietta in una dimensione in cui viene ripensato e al quale si conferiscono attributi differenti da quegli usuali, e pertanto riadattato, ribaltato, rigirato, capovolto, unito, diviso, conferito ad altro uso o significato.
L’elemento compositivo rappresenta la conclusione del processo di ricerca e di sperimentazione, in pratica si rivela all’osservatore o all’utilizzatore nella sua pienezza di significato sia materico che formale, molto semplicemente è l’elemento rivelatore della sintesi dell’equilibrio raggiunto tra tradizione e innovazione, tra usuale e sorpresa, nonché tra sensazione e osservazione, tra ordinario e contaminato.
Francesca Doni
CV
Vittorio Cavallini è nato a Lucca nel 1973; dopo essersi diplomato in scultura all’Accademia di Belle Arti di Firenze, si è trasferito a Marti, una piccola località della Toscana, dove ha trasformato un vecchio fienile nel suo laboratorio ed ospitato a più riprese artisti di diversa provenienza. L’attitudine per il lavoro in spazi condivisi, gli ha permesso di sviluppare nel tempo progetti che coinvolgono gruppi di persone con interessi e modalità di lavoro diverse e di lavorare con artisti internazionali, teorici e musicisti. Nel 2013 ha fondato, insieme a Paola Mariani, lo studio di design Vano Alto con il quale ha esposto i suoi oggetti a Milano, Torino, Parigi e Londra. I suoi lavori sono presenti in collezioni pubbliche e private.