Vittorio Comi – Elogio alle vagabonde
Lavori vivi, mutevoli e in costante evoluzione, in bilico tra scultura, installazione e pittura che, giocando con la tradizione, usano l’erba come materia.
Comunicato stampa
Ci sono giardini eleganti,perfetti, accademici, studiati a tavolino, che seguono una norma senzainterpretarla. Sono giardini senza personalità. Noiose esercitazioni di stile.Non è raro che simili giardini vengano salvati da un’erbaccia. Un’erba selvatica,imprevedibile, capace di “scompigliare la percezione che abbiamo della natura”.Come annota Richard Mabey nel suo “Elogio delle erbacce”: “Le erbacce sono importanti perché hanno lacapacità di riportare in vita terreni abbandonati, maltrattati, distrutti,calpestati. Sono un po’ come infermieri, medici e medicine”. E le erbacce sono,non lo dimentichiamo, libere e anticonformiste. Trovo davvero straordinario chedue erbacce selvatiche come AntonioTesta e Vittorio Comi si sianoincontrate proprio su questo tema: gallerista davvero sui-generis il primo,capace di trasformare il suo negozio in un luogo di riferimentoper l’arte nel territorio, e artista fuori dal comune il secondo, artefice diopere che dialogano con la natura; lavori vivi, mutevoli e in costanteevoluzione, in bilico tra scultura, installazione e pittura che, giocando conla tradizione, usano l’erba come materia. Bene: l’Arte ha bisogno di questo genere di erbe vagabonde.