Volterra accoglie Marco Cavallo
Simbolo della libertà e della chiusura dei manicomi. Un progetto speciale di VOLTERRA XXII. Prima Città Toscana della Cultura 2022.
Comunicato stampa
Per celebrare la Festa della Toscana 2022 e rappresentare appieno il tema della “rigenerazione umana” di Volterra XXII Prima Città Toscana della Cultura, Volterra accoglie, mercoledì 30 novembre, Marco Cavallo, la scultura di legno e cartapesta alta 4 metri e di colore azzurro per ricordare quanto accadde nella epica giornata del febbraio 1973, quando Franco Basaglia, insieme ai suoi collaboratori e ai pazienti, sfondò con una panchina di ghisa alcune porte e un’architrave del muro di cinta dell’Ospedale psichiatrico triestino di cui era direttore, permettendo così l'uscita dell'installazione e la rottura anche del muro reale e simbolico fra il "dentro" e il "fuori".
Con questa iniziativa l’Amministrazione Comunale di Volterra organizza un momento di importante riflessione comunitaria a partire da un grande evento collettivo che sarà, di fatto, uno degli eventi conclusivi delle attività di Volterra22 Prima Città Toscana della Cultura che ha incentrato il suo operare sul tema della “rigenerazione umana” attraverso la cultura, individuando nel manicomio e nel carcere presenti nella città di Volterra due pilastri ispiratori. In questa occasione, e nei giorni successivi, sono in programma una serie di importanti eventi, alcuni dei quali sono il risultato di intensi processi partecipativi che hanno coinvolto tutta la comunità: incontri, presentazioni, mostre ed altre attività collegate.
PROGRAMMA
Mercoledì 30 novembre ore 10 - Piazza dei Priori
BENVENUTO MARCO CAVALLO!
Simbolo della libertà e della chiusura dei manicomi in occasione della Festa della Toscana 2022. Festa di accoglienza di Marco Cavallo da parte di tutta la comunità volterrana e di tutte le scuole di ogni ordine e grado.
Discorso di benvenuto del sindaco di Volterra Giacomo Santi. Letture di Paul Cocian, Lucio Di Iorio, Fabio Valentino - attori della Compagnia della Fortezza. Interventi sonori a cura della Accademia della Musica Città di Volterra. Musiche di Andrea Salvadori
Sabato 3 dicembre, ore 17.30 - Sala del Maggior Consiglio di Palazzo dei Priori
Premio "Ultima frontiera/Ombra della memoria" a GIULIANO SCABIA
Premio “Ultima frontiera/Ombra della memoria”, XI edizione, a Giuliano Scabia. Interventi di Athos Bigongiali, Andrea Mancini. Letture di Gianni Calastri (da "Il ciclista prodigioso", Einaudi, 2022). Sarà presente a ricevere il Premio Cristina Giglioli Scabia.
Domenica 11 dicembre
IN CORTEO CON MARCO CAVALLO VERSO NOF4
evento a cura di Inclusione Graffio e Parola Onlus
ore 10.30 ritrovo in Piazza dei Priori
ore 11 partenza del corteo per l’ospedale psichiatrico
ore 12.30 arrivo al Centro Sociale dell’Ospedale Santa Maria Maddalena, accoglienza e presentazione dell’installazione delle opere realizzate negli anni dai degenti dell’Ospedale Psichiatrico presso l’atelier artistico del Centro Sociale del manicomio di Volterra negli anni '70/'74.
Ore 13 Centro Sociale Ospedale Santa Maria Maddalena - Borgo San Lazzero
A PRANZO CON MARCO CAVALLO
a cura di CIR food
Ore 14 Padiglioni Ex Ospedale Psichiatrico e Cortile del Ferri
INCONTRO CON NOF 4
Inizio visite guidate teatralizzate al graffito di NOF4
Pranzo e visita guidata a numero limitato e prenotazione obbligatoria (20 euro) entro il 9 dicembre. Info e prenotazioni: Consorzio Turistico 058886099 [email protected] o direttamente sui siti www.inclusionegraffioeparola.it www.manicomiodivolterra.it www.liveexperience.it.
In caso di maltempo il corteo potrebbe essere annullato, mentre si svolgeranno sicuramente il pranzo sociale e le visite guidate. cCon la partecipazione di Gianni Calastri, di tutti i volontari di Inclusione Graffio e Parola Onlus e degli allievi dell'Accademia della Musica Città di Volterra.
Giovedì 15 dicembre, Teatro di San Pietro, Via don Minzoni 49, ore 17
LE PAROLE SFONDANO I MURI
A cura di Inclusione, Graffio e Parola Onlus. Letture dal percorso di scrittura creativa di gruppo al tempo del Covid.
Venerdì 16 dicembre
Ore 16, Sala espositiva sottotetto del Palazzo dei Priori
Inaugurazione della mostra
IL POETA D'ORO. IL GRAN TEATRO IMMAGINARIO DI GIULIANO SCABIA
Prima grande esposizione dedicata all'artista, poeta e scrittore scomparso nel 2021 con foto, disegni, poesie, pubblicazioni, costumi, oggetti, piccoli pupazzi, totem giganti e cantastorie arricchiti da contributi video e sonori, che ricreano le suggestioni poetiche dello scrittore e drammaturgo, regista e romanziere, affabulatore ed esploratore dell'immaginario, provando a ricostruirne le idee e le azioni rivoluzionarie. A cura di Andrea Mancini e Massimo Marino. Organizzazione Cooperativa ITINERA. La mostra resterà aperta al pubblico fino al 26 febbraio 2023.
Ore 17, Sala del Maggior Consiglio di Palazzo dei Priori
Presentazione del libro
IL POETA D'ORO. IL GRAN TEATRO IMMAGINARIO DI GIULIANO SCABIA
Il libro di Massimo Marino, ed. La Casa Usher. Sarà presente l'autore in dialogo con Armando Punzo, regista e fondatore della Compagnia della Fortezza e Dario Danti, assessore alle culture del Comune di Volterra.
Figura complessa e risplendente nel panorama culturale e artistico italiano, possiamo considerarlo prima di tutto un poeta in viaggio continuo nelle trasformazioni della lingua e della società italiana alla svolta del Millennio. Dolce e acuto è stato il suo sguardo alla natura e alle sue trasformazioni causate dagli interventi umani. Dagli inizi degli anni Sessanta del Novecento, con il suo Teatro Vagante ha rotto i canoni della tradizione teatrale, dilatando la scena, praticando un teatro a partecipazione che è andato nei manicomi, in paesi della montagna e della pianura, in quartieri periferici e centri storici di città, in festival internazionali, guidato sempre dal motto di Witold Gombrowicz: «Coloro insieme ai quali canti modificano il tuo canto». All’interno delle esperienze condotte a Trieste da Franco Basaglia nel 1973 ha costruito con altri artisti, con dottori, infermieri e pazienti, Marco Cavallo, grande animale azzurro di cartapesta simbolo della liberazione dall’oppressione manicomiale, contribuendo al processo che ha portato alla Legge 180 e alla chiusura degli ospedali psichiatrici. Ha insegnato per più di trent’anni al Dams di Bologna, mettendo alla prova nei suoi corsi testi e convenzioni teatrali (il libro Scala e sentiero verso il paradiso, pubblicato postumo nel 2021 da La casa Usher, documenta questo percorso). È autore di numerose opere teatrali, di poesia e dei romanzi dei due cicli dell’Eterno andare e di Nane Oca, pubblicati da Einaudi.
TUTTI PAZZI PER MARCO CAVALLO
Bookshop tematico alla Libreria L’Araldo, via Ricciarelli 30
Durante tutta la permanenza di MARCO CAVALLO a Volterra, sarà attivo il bookshop tematico presso la Libreria De L'Araldo di Volterra, dove saranno disponibili i libri presentati di Giuliano Scabia e Massimo Marino e quelli della Collana 180 delle Edizioni Alphabeta Verlag diretta da Giuseppe Dell'Acqua.
Collana 180 lavora dal 2010 e a oggi ha pubblicato 28 titoli; è nata con il compito di tenere viva la memoria e di leggere il presente e individuare orizzonti possibili rispetto alla salute mentale, oggi quanto mai necessari. Si muove intorno alla rivoluzione aperta da Franco Basaglia e al capovolgimento del paradigma medico tutto interno alle fortune del positivismo scientifico dello scorso secolo, partendo dall’ottica del malato e non la malattia, le singole persone con le loro storie. È stata e continua a essere una “scommessa” sull'importanza, o meglio sulla necessità, di affrontare il problema della trasmissione di un sapere pratico che rischia sempre di finire nei luoghi comuni e nella smemoratezza, uno dei mali più atroci dei nostri tempi. I libri della Collana hanno dimostrato di essere un “pre-testo” di grande profondità che provoca discussioni, denunce, dibattiti, ricerche, analisi, riflessioni. La Collana vuole inoltre dare valore e risalto alle tante voci spesso inascoltate: al lavoro svolto da istituzioni, operatori, associazioni che sostengono, curano e accompagnano le persone, le famiglie, i progetti e le politiche sensate di cambiamento.
LA STORIA DI MARCO CAVALLO
«Una mattina era arrivato in visita, sul prato della direzione, un destriero blu di cartapesta, montato su ruote, lunghe zampe, alto quattro metri. "Marco" lo chiamavano; era il cavallo che un tempo trascinava il carretto con la biancheria da lavare, per tutti il simbolo della libertà conquistata. Da "I diritti dei più fragili" di Paolo Cendon».
Marco Cavallo è una scultura di legno e cartapesta in forma di “installazione” e "macchina teatrale”. L'opera fu realizzata nel 1973 all'interno del manicomio di Trieste da un'idea di Giuseppe Dell’Acqua, Dino Basaglia, Vittorio Basaglia e Giuliano Scabia. È considerata un'opera collettiva realizzata con il contributo dei laboratori artistici creati all'interno della struttura nosocomiale da Franco Basaglia, allora direttore dell'Ospedale Psichiatrico, e si avvalse del contributo ideale e immaginifico dei pazienti allora reclusi. Alto circa 4 metri e di colore azzurro, come deciso dagli stessi pazienti, lo si volle di così grandi dimensioni, per poter idealmente contenere tutti i desideri e i sogni dei ricoverati, e portare all'esterno un simbolo visibile e rappresentativo dell'umanità allora "nascosta" e "misconosciuta" all'interno dei manicomi. Divenne pertanto "icona" della lotta etica, sociale, medica e politica a favore della legge sulla chiusura dei manicomi, la cosiddetta Legge Basaglia del 1978, nonché simbolo per gli stessi pazienti delle loro istanze di libertà, liberazione e riconoscimento della loro dignità di persone, fino ad allora negate. Da allora è esibito in tutto il mondo come installazione itinerante per sensibilizzare l'opinione pubblica e il mondo politico sui problemi della salute mentale. In Italia è stato esibito anche all’Expo 2015 per puntare l'attenzione sulle condizioni degli Ospedali psichiatrici giudiziari.
Nel giugno del 1972, i ricoverati dell'ospedale psichiatrico di Trieste inviarono una lettera al Presidente della provincia di Trieste Michele Zanetti, con un appello per la sorte del cavallo "Marco", un cavallo reale che dal 1959 era adibito al traino del carretto della lavanderia, dei rifiuti e del trasporto di materiale vario nel manicomio. Il testo, scritto in prima persona come fosse redatto dal cavallo, ne chiedeva in luogo della prevista macellazione, il dignitoso "pensionamento" all'interno della struttura, per "meriti" lavorativi e per l'affetto che sia il personale che i pazienti nutrivano verso l'animale. In cambio si offriva il versamento di una somma pari al ricavato della vendita dell'animale per la macellazione, e il mantenimento a proprie spese per tutta la restante vita naturale. Il 30 ottobre dello stesso anno la Provincia di Trieste accolse la richiesta, stanziando l'acquisto di un motocarro in sostituzione del cavallo, che veniva appunto ceduto e affidato alle cure dei pazienti residenti nel manicomio. Questa prima favorevole accoglienza delle autorità di una richiesta diretta da parte di ricoverati di un manicomio, allora privati dei diritti civili, venne vista come una apertura e un'occasione verso un possibile riconoscimento della loro dignità personale. Lo scrittore e drammaturgo Giuliano Scabia, l'artista Vittorio Basaglia, cugino dello psichiatra Franco, insieme ad altri operatori, a infermieri e pazienti, all'interno del Laboratorio P, installato nel gennaio del 1973 nell'Ospedale psichiatrico, uno spazio libero di creatività, idearono il cavallo, che fu realizzato sotto la direzione di Vittorio Basaglia. Era un cavallo di legno e cartapesta di dimensioni monumentali che rappresentava l'animale reale, e voleva diventare il simbolo della fine dell'isolamento dei malati mentali, un “cavallo di Troia” che potesse invece essere contenitore delle istanze di libertà e umanità dei malati mentali. Scabia racconta così la nascita di Marco Cavallo nel libro dedicato all'esperienza, pubblicato da Einaudi nel 1976 e ristampato da edizioni Alfabeta Verlag nel 2011: «Terzo giorno - 12 gennaio, venerdì. [...] Dai malati emerge con più forza l'idea di fare il cavallo (sono più contenti all'idea di costruire il cavallo). Un cavallo con pancia che contenga cose. Dunque l'idea di fare una casa, che ci era sembrata nascere da un'esigenza profonda, è già saltata appena l'azione pratica ha avuto inizio».
I pazienti non si occuparono direttamente della costruzione, ma vennero coinvolti nell'opera di realizzazione dei contenuti artistici e immaginifici da inserire nell'opera. I pazienti dunque decisero il colore azzurro, simbolo della gioia di vivere e decisero che la "pancia" del cavallo dovesse contenere i loro desideri, sogni e istanze.
Un grosso problema sorse in occasione della prima esibizione nel febbraio 1973. Costruito all'interno della struttura, non si era tenuto conto delle dimensioni monumentali dell'opera e nessuna delle porte dell'ospedale era sufficientemente grande da permetterne l'uscita. La difficoltà causò la profonda frustrazione dei pazienti, dato l'evidente e immediato paragone con il loro stato di reclusione forzata, dovuta alle allora vigenti leggi ospedaliere in merito ai malati mentali. L'impasse venne risolta sfondando alcune porte e un'architrave, permettendo così l'uscita dell'installazione e la rottura anche del muro reale e simbolico fra il "dentro" e il "fuori".
Un ringraziamento particolare per la preziosa collaborazione a tutte le scuole di ordine e grado di Volterra, a tutti i volontari, a tutte le associazioni, alle cittadine e ai cittadini di Volterra, a tutti gli uffici comunali e al personale dell'ufficio tecnico del Comune di Volterra, a Giuseppe Dell'Acqua, a Massimo Marino, a Domenico Castronuovo e a... MARCO CAVALLO per aver scelto di venire a Volterra
Il racconto di Peppe Dell'Acqua, psichiatra, uno degli ideatori di Marco Cavallo:
«Gennaio ’73. Nel manicomio aperto di San Giovanni è da poco nata la prima cooperativa. Basaglia mette a disposizione degli “artisti” uno dei primi reparti vuoti. Giuliano Scabia scrittore, regista e attore, e Vittorio Basaglia, pittore e scultore, danno inizio a un singolare laboratorio. “Vediamo cosa sapete fare in un manicomio che si apre” aveva detto loro Basaglia qualche settimana prima, provocando alla sua maniera. Mentre attraversano l’affollatissimo Reparto Osservazione donne, Giuliano e Vittorio s’imbattono in Angelina Vitez, una calabrese emigrata a New York, sposata a un triestino, tornata in patria e ora ricoverata a Trieste. Angelina sta disegnando un cavallo; tracciando delle linee lo divide in sei scomparti e in ognuno disegna una cosa: un vaso di fiori, un'oca, una pentola, una casa, un albero e un Pinocchio. Dice che si chiama Marco, come il cavallo che porta su e giù per San Giovanni il carretto della biancheria sporca e che ormai vecchio sta per essere mandato al macello. È così che nasce Marco Cavallo. Il laboratorio per due mesi accoglie centinaia di ricoverati. Tutti sono invitati a scrivere, disegnare, raccontare, partecipare. Si scrivono libri colorati su grandi fogli bianchi. Si raccolgono storie. Si rappresentano operine recitate e cantate. Si parla del cavallo che sta prendendo forma in legno e cartapesta e di come procedono le iniziative per salvarlo dal tremendo destino che lo attende. Il cavallo azzurro e l’avvio tumultuoso del laboratorio stravolsero definitivamente quello che restava dell’ordine e della disciplina manicomiale (e asburgica) già minata nelle fondamenta dalle porte aperte. Fino a quel momento i bisogni, sepolti nella malattia, inavvertiti e annientati, prendevano timidamente il sopravvento sulla totalizzazione, sull’omologazione, sull’appiattimento. Quell’esplosione di parole, di storie, di aperture, di allusioni alla libertà prima di tutto, e poi alla casa, ai diritti, all’uguaglianza, all’amore, all’amicizia, disorientavano tutti. Sconvolgevano le geometrie istituzionali, fredde ma sicure, che erano state bene o male la certezza della secolare riproduzione del manicomio e della psichiatria.
Marco Cavallo è la storia della libertà riconquistata dagli internati che apre alla possibilità, costringe a una scelta di campo. In fondo quella straordinaria e impensabile uscita, che oggi ci permette di “vedere”, di denunciare i letti di contenzione, le porte chiuse, gli abbandoni, le miserie dei luoghi della cura è stata ed è la conseguenza del crollo dei muri e della frantumazione irreparabile delle false profezie delle psichiatrie. Le persone sono entrate sulla scena e la psichiatria, i suoi saperi, le sue inaccessibili istituzioni hanno svelato l’infondatezza delle loro certezze, le loro false profezie. Per cogliere oggi il senso della presenza di Marco Cavallo basta pensare alla tragica oscenità dei reparti psichiatrici che ancora segnano dolorosamente le ricche democrazie europee con le porte blindate, i letti di contenzione, le persone abbandonate in un tempo senza fine nelle “strutture residenziali”, i centri di salute mentale vuoti, l’impiego massiccio e irrazionale dei farmaci, le solitudini, gli abbandoni…. Il racconto di Marco Cavallo, tanti anni dopo, continua a incontrare migliaia di giovani e i loro bisogni irrefrenabili di cambiamento e di futuro».
Volterra XXII è organizzata dal Comune di Volterra con il sostegno di Regione Toscana e il contributo di Iren, Altair Chimica, Solvay, Unicoopfirenze, Magazzini Mangini, Toscana Energia, Gruppo Granchi.