Vorticerosa – Fertilizhead
L’esposizione vuole essere un invito a riaccendere il cervello, a riattivare la propria capacità di pensiero critico, per reagire alla crisi e ai malcostumi del nostro paese.
Comunicato stampa
Emozionante è poter seguire da vicino il percorso umano e creativo di ciascun artista, in questo caso di Vorticerosa in particolare: se l’avevamo lasciata meno di un anno fa, in occasione della personale presso il Museo Fermo Immagine, alle prese con La Dignità, il suo alter ego che lotta per tenere l’enorme testa dritta davanti al mondo, ora la ritroviamo presso City Art, un luogo che da sempre porta avanti operazioni di dialogo con lo spazio urbano e i suoi abitanti, impegnata in una ulteriore trasformazione. Se già nello scorso novembre Vorticerosa aveva dialogato e in parte interagito con il pubblico della sua precedente personale, qui il discorso prosegue, perché il pubblico diventi il vero protagonista della sua mostra, così come, del resto, è sempre stato al centro dei suoi pensieri e preoccupazioni.
Vorticerosa infatti non è un’artista che concepisce l’arte e il suo fare come qualcosa di estraneo al mondo; anzi, l’arte per lei è un messaggio, una denuncia, un urlo sbattuto in faccia a chi calpesta la dignità e la vita stessa dell’uomo. Inevitabile perciò la presenza in mostra di opere che scuotano la coscienza dei visitatori e di installazioni che chiedano al pubblico di diventare egli stesso opera d’arte. Forse non è una novità, forse l’idea della foto ricordo (ma che foto!) che ognuno di noi potrà portare con sé uscendo da City Art non è una trovata originale, ma la carica umana e soprattutto la coerenza – questa bellissima parola che non si usa più – che caratterizza Vorticerosa è notevole, e rende l’operazione esplosiva.
Già dal titolo: l’intento è quello di rivitalizzare i cervelli delle persone, annebbiati da anni di televisione, di passiva accettazione di tutto ciò che ci è stato propinato da politici e faccendieri; il nostro cervello deve riaccendersi per far ripartire il paese e uscire da una crisi che, prima che economica, è etica, è annullamento di valori. L’immagine scelta per l’invito è allora particolarmente pregnante: dal cervello fertilizzato dal pensiero, o meglio da una rinnovata attitudine al pensiero critico, può nascere ancora una piantina verde, speranzosa.
Questa è una delle poche opere in mostra che ci vengono consegnate come tali, come quadro da parete – finito in sé e per sé; le altre sono opere da calpestare (“Bianca”: la purezza su cui si passa sopra senza quasi accorgersene), da strappare (“Chissenefrega”: abbiamo mai realizzato quanto possiamo essere brutti anche noi, attraverso un piccolo, apparentemente insignificante, pensiero di menefreghismo?), da bucare (“Prova a sognare”: distruggere i sogni degli altri, che sono creature fragili, è facile e veloce, se agli altri non prestiamo mai attenzione), fino a potersi trionfalmente far fotografare su un trono che però, a ben guardare, è circondato da immondizia, triste metafora dell’Italia di oggi (“Nel mio paese”).
Una mostra forte, per un pubblico altrettanto forte pronto a mettersi in gioco per una rinascita collettiva. Esattamente come Vorticerosa, l’artista che non si tira mai indietro.
Gli arredi sono stati realizzati da Marco Rizzioli e Franco Caselin: il primo, designer e allestitore noto a Milano, ha ideato la monumentale seduta, mentre il secondo, da anni attivo come light designer, ha reinterpretato per l’occasione una sua creazione, la lampada “Aurora B.”, che riecheggia il cervello del quadro che dà il titolo alla mostra.
Micaela Mander