Walled Gardens in an Insane Eden
In linea con l’umore prevalente nel 2016 e dovuto alla perdita assoluta delle certezze politiche in Europa, la mostra a cura di Marcelle Joseph presenta le opere di sette artisti residenti a Londra, alcuni per la prima volta esposti a Roma.
Comunicato stampa
“È soltanto il panorama esterno a trasformarsi? Quanto spesso, negli ultimi tempi, la maggior parte di noi ha avuto una sensazione di déjà-vu, di aver già visto tutto questo, addirittura di ricordare fin troppo bene queste paludi e queste lagune? Per quanto selettiva possa essere la parte cosciente della mente umana, la maggior parte dei nostri ricordi biologici è legata a eventi spiacevoli, echi lontani di pericoli e di terrori. Nulla dura più a lungo della paura.”
J.G. Ballard, Il mondo sommerso (1962)
In linea con l’umore prevalente nel 2016 e dovuto alla perdita assoluta delle certezze politiche in Europa, la mostra a cura di Marcelle Joseph presenta le opere di sette artisti residenti a Londra, alcuni per la prima volta esposti a Roma.
Appropriandosi di una frase de Il mondo sommerso, primo romanzo di fantascienza di J.G. Ballard e racconto distopico ambientato a Londra, Walled Gardens in an Insane Eden ritrae il mondo in cui viviamo oggi : sull’orlo del collasso, ma pieno di speranza per un futuro meno fragile. Guardando i vari eventi nel corso dell’ultimo anno – una bomba in Turchia un giorno, un terremoto in Umbria quello dopo, un deputato britannico ucciso fuori da una biblioteca con una pistola artigianale, 49 persone uccise in un club gay di Orlando con un’arma automatica, il Regno Unito che vota a favore della Brexit, 80 persone falciate da un enorme camion il giorno della presa della Bastiglia a Nizza, la Francia che vieta l’uso del “burkini” sulle spiagge, Donald Trump che vince le elezioni per la presidenza degli Stati Uniti e il paragone fatto da lui in campagna elettorale tra immigrati e serpenti – non si può evitare di sentirsi oppressi e desolati. Alcune delle opere raccolte per questa mostra possono essere intese come espressione di scetticismo, a partire dai disegni di Marie Jacotey che urlano “No!” e “Non vedi che hai fatto abbastanza danni qui?”, al dipinto di Gabriella Boyd di un uomo che tiene in mano un bicchiere mezzo vuoto, spesso si parla dell’arte come di un catalizzatore di cambiamenti sociali. Gli spettatori possono cercare il lato positivo nel lavoro di Rhys Coren, una nuvola fumettistica dipinta e intagliata, o essere affascinati dalle fiamme nel lavoro tessile di Zadie Xa, simbolo di magia ed epurazione nella tradizione sciamanica della Corea del Sud. Continuando a pensare all’arte come terapia, Florence Peake rappresenterà con il corpo e con la voce le perdite personali e le preoccupazioni politiche dei vari membri del pubblico durante la performance The Voicing il 10 marzo, diventando canale tra luogo immaginario e luogo reale nelle vesti di uno spirito o entità di un altro spazio e tempo. Nell’ultima sala, gli spettatori entreranno infine in un labirinto scultoreo simile ad uno degli ambienti londinesi de Il mondo sommerso di Ballard. Invece di una palude disabitata, insopportabilmente calda e governata da rettili primordiali e da un’aggressiva vegetazione tropicale, ci introduciamo in una giungla urbana più ospitale popolata da parti del corpo e sagome, piccole e grandi, di materiali e colori diversi, dove coesistono armoniosamente i lavori di Rebecca Ackroyd, Kira Freije e Florence Peake.
Possa il vostro bicchiere essere mezzo pieno nel 2017.
Rebecca Ackroyd
Gabriella Boyd
Rhys Coren
Kira Freije
Marie Jacotey
Florence Peake
Zadie Xa