Why? Because life…
La mostra, attraverso un percorso articolato, innesca un dialogo tra coppie di artisti complementari, partendo da una concezione dell’universo inteso come natura benevola e incorrotta, per poi focalizzarsi sulla storia che l’uomo con il suo agire ha scritto per se stesso, lasciando tuttavia aperta la possibilità di un riscatto, di un ritorno alla sua autenticità.
Comunicato stampa
La Galleria Umberto Di Marino è lieta di presentare, giovedì 23 maggio 2013, Why? Because life…, sviluppando un discorso ad ampio raggio su questioni rimaste in sospeso, e che il nostro sguardo, per via dell’abitudine, non riesce più a intercettare. La mostra, attraverso un percorso articolato, innesca un dialogo tra coppie di artisti complementari, partendo da una concezione dell’universo inteso come natura benevola e incorrotta, per poi focalizzarsi sulla storia che l'uomo con il suo agire ha scritto per se stesso, lasciando tuttavia aperta la possibilità di un riscatto, di un ritorno alla sua autenticità.
Satoshi Hirose e Alberto Di Fabio, affascinati entrambi dalla natura e dall’esperienza del viaggio come confronto e accrescimento, s’incontrano a metà strada tra Oriente e Occidente, partendo da culture diverse che finiscono per fondersi nell’analisi della realtà umana e naturale, estendendo la direzione del loro pensiero verso l’infinito, l’oltre.
Così Beans Cosmos di Satoshi Hirose ricostruisce un micromondo attraverso una costellazione di diversi tipi di legumi, riconducibili a popoli distanti eppure accomunati da quell’alimento ancora oggi fondamentale per il loro sostentamento. Parallelamente Splash cosmici e Nebulose di Alberto Di Fabio, attraverso i quali ci si abissa nella profondità della materia costituita da una moltitudine di particelle in continuo divenire, ci guidano in una dimensione che accosta il micro e il macro, il punto zero della creazione e il disfacimento della forma.
Sergio Vega ed Eugenio Tibaldi conducono, invece, un’attenta riflessione sui risultati estetici del territorio alterato dall’uomo e, con sguardo amaro e ironico, realizzano opere dal sapore di cronaca diaristica. Sergio Vega, nell'intraprendere un viaggio nel Mato Grosso, ci rivela il disinganno e le contraddizioni del Modernismo, in una continua lotta tra purezza della natura e mancanza di progettualità estetica degli imponenti edifici borghesi a ridosso delle abitazioni popolari. Con il lavoro Spostamenti verticali all’interno della stessa classe sociale, Vega inverte di segno questa condizione di disparità, simbolo di un diverso status sociale, e seziona alcuni scatti realizzati nei quartieri contadini per poi ricomporli assemblandoli verticalmente, in una salvifica e più giusta ascesa sociale. Ad altre latitudini lo spazio nel quale prendono forma le indagini di Eugenio Tibaldi, per l'installazione Sea Side, è quello dell'area costiera partenopea segnata dal degrado, legata a dinamiche illecite, che si sviluppa in modo spontaneo secondo le esigenze della popolazione, assumendo però, grazie alla sua forza produttiva, un ruolo più importante rispetto alla metropoli.
Tibaldi analizza così le potenzialità di questo territorio, ricercando nel suo caotico sviluppo una nuova forma estetica.
A questa riflessione si allaccia il filo che lega insieme le opere di Jota Castro e di Francesco Jodice, tese a cristallizzare esempi emblematici delle attuali criticità della condizione umana. Jota Castro, indagando gli squilibri e le debolezze della società, mette in luce le assurdità del sistema e ne denuncia così i fallimenti. Con l'opera Because the life, la barca, simbolo dell'esplorazione e della ricerca di mondi diversi, si affolla dei ritratti accartocciati di tanti che, spinti dal desiderio di migliorare la loro esistenza, hanno perso la vita nell’intraprendere un angoscioso “viaggio della speranza”. Essa diventa la triste allegoria delle aspettative deluse, del sogno che conduce alla negazione della vita.
Nel filtrare attraverso l’arte i fenomeni culturali e sociali, anche Francesco Jodice, con sguardo lucido e attento, ne intercetta le alterazioni e lo spaesamento. Il lavoro The Room smonta le certezze visive dello spettatore e, attraverso l’uso dei quotidiani, abbandona la fotografia, nega l’immagine, restituendoci una complessa raffigurazione dell’Italia di oggi: <
Jota Castro, Lima, Perù – 1964, vive a lavora a Brussels, Belgio
Alberto Di Fabio, Avezzano (AQ) – 1966, vive e lavora a Roma
Satoshi Hirose, Tokyo – 1963, vive e lavora a Milano e Tokyo
Francesco Jodice, Napoli – 1967, vive e lavora a Milano
Eugenio Tibaldi, Alba (CN), Italia – 1977, vive e lavora a Napoli
Sergio Vega, Buenos Aires – 1959, vive e lavora a Gainesville (FL), USA