William Kentridge – Respirare
Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e la Fondazione CRC presentano la mostra William Kentridge, Respirare a cura di Carolyn Christov-Bakargiev coadiuvata da Giulia Colletti, Assistente Curatore.
Comunicato stampa
Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e la Fondazione CRC presentano la mostra William Kentridge, Respirare a cura di Carolyn Christov-Bakargiev coadiuvata da Giulia Colletti, Assistente Curatore. Allestita presso la Chiesa di San Domenico ad Alba, la mostra è parte del progetto di collaborazione volto a promuovere nel territorio cuneese la conoscenza dei lavori artistici presentati dal Museo e offrire così al pubblico l’opportunità di ammirare opere come Breathe (Respira, 2008) e Shadow Procession (La processione delle ombre, 1999) di William Kentridge (Johannesburg, 1955), tra i più noti artisti internazionali.
L’esposizione costituisce inoltre l’esordio del progetto espositivo biennale Espressioni che indaga le forme espressioniste d’arte e le sue ricorrenti fratture estetiche che a livello culturale spesso accompagnano momenti di grande innovazione scientifico-tecnologica e le crisi legate a queste rivoluzioni.
In una contemporaneità in cui l’istinto di respirare è fisiologicamente anelato da pazienti affetti da un virus globale, sistematicamente negato a diverse minoranze ancora soffocate da segregazione e abusi ed ecologicamente compromesso da asfissianti politiche deforestanti, William Kentridge, Respirare ci invita a non trattenere più il fiato. La mostra è una vorticosa danza sinestetica in cui luce e suono, ombra e silenzio si compenetrano. Le opere video si aggregano e disgregano in strutture molecolari, in un impulso a distruggersi per poi ri-materializzarsi.
Muovendosi lungo la navata centrale e la zona afferente all’abside della Chiesa di San Domenico, il visitatore incontra l’opera Shadow Procession, contro-altare al mito della caverna di Platone e manifesto contro l’asservimento della conoscenza e l’oppressione umana. Come un concerto da camera, Shadow Procession è diviso in tre movimenti. Appena compare la luce sullo schermo entrano da sinistra verso destra le ombre di alcuni minatori che trasportano pale – allusione al Sudafrica e alle sue miniere – e di lettori con libri aperti in mano. I suoni che aprono il video annunciano il ritmo e il fluire della processione di ombre indicate dal titolo. Si tratta di silhouettes costruite e animate dall’artista in collaborazione con la Handspring Puppet Company, simili a quelle del teatro d’ombre greco e turco. Su queste ombre se ne accavallano altre sfuocate che procedono cadenzate dal suono della fisarmonica. Ombre di uomini mutilati che agitano le stampelle e incedono derelitti, altri minatori e di nuovo ombre di ombre, nella cui sostanza Kentridge, politico e antiplatonico, afferma di credere. E di nuovo ombre che si sovrappongono a padri che portano i loro figli, a un carro che porta un impiccato, a microfoni, a personaggi che portano sulle loro spalle una città distrutta. L’ultima persona trascina con sé una tenda nera, che è il sipario.
Nel film emergono temi contrastanti: l’avidità e il potere contrapposti alla lotta per l’emancipazione, sullo sfondo del dolore e della sofferenza di soggetti quanto mai diversificati. Il lavoro di Kentridge non scaturisce dal desiderio di riprodurre il movimento, quanto piuttosto dall’impulso di interrompere lo scorrere fluido del film per tornare a una forma rudimentale di sovrapposizione di storie e immagini.
A metà della navata centrale il visitatore può contemporaneamente fruire dell’opera Breathe installata in una delle navate laterali. Non più in un carosello, bensì in un soffio di vento – alludendo al respirare suggerito dal titolo per l’appunto – l’artista frantuma e ricompone le immagini di carta velina nera. Come coriandoli, queste volteggiano creando direttrici casuali o soggetti ben precisi: una cantante, un megafono, un telefono, il primo piano di una bocca. Il respiro dona ritmo al turbinio dei pezzettini di carta che si raccolgono e disperdono. In entrambi i film, Kentridge si serve di marionette di carta lacerate e stracciate nei propri arti e connotati. La potenza di questi esseri animati risiede proprio nella capacità di muoversi, sebbene disgregati, per librarsi in aria.
I suoi cortometraggi animati, le sculture, le installazioni, i disegni a carboncino su carta – basati sulla pratica della cancellatura – e la sua attività di regista e scenografo teatrale indagano la natura della memoria e delle emozioni, l’ambiguità e la complessità dei conflitti che affiorano nella società contemporanea nell’epoca della globalizzazione, e propongono un’inedita visione elegiaca e insieme drammatica della vita, fonte di perpetuo cambiamento, processo e trasformazione, sempre in equilibrio tra etica, responsabilità e poesia. Le sanguinose tensioni che hanno caratterizzato gli anni dell’apartheid in Sudafrica e le contraddizioni che successivamente hanno segnato il difficile percorso di riconciliazione sono il contesto all’interno del quale sono nate molte opere di William Kentridge. Dal 1989, l’artista realizza brevi film animati, incentrati soprattutto su due personaggi principali, Soho Eckstein e Felix Teitlebaum. Figure di invenzione, le cui caratteristiche rappresentano il commento dell’artista rispetto alla realtà che lo circonda. Se il primo è infatti un imprenditore bianco la cui vita descrive una parabola di successo e poi di fallimento, Teitelbaum è invece un sognatore, identificabile come un alter ego dello stesso Kentridge. In base a una tecnica a lui peculiare, l’artista realizza le proprie opere in video disegnando, cancellando e ridisegnando sempre su pochissimi fogli, filmando e montando in sequenza le varie fasi. La centralità affidata in questo procedimento all’atto del cancellare è aderente all’amnesia nei confronti delle ingiustizie che, secondo Kentridge, affliggono l’essere contemporaneo. Tale dolore esistenziale è talvolta espresso anche mediante l’inserimento di sequenze documentarie che, alternate ai disegni, hanno valore autocritico. Oltre ai video digitali e ai film in 16 e 35 mm, l’ampio corpus di opere di Kentridge include disegni, incisioni, sculture, arazzi, bronzi e lavori per il teatro. La varietà delle scelte tecniche corrisponde all’ampiezza degli interessi dell’artista e alla sua dichiarata mancanza di certezze, rispondente ai profondi mutamenti politici e sociali in corso nell’epoca contemporanea.