Wunderkammer – Davide Calandra
Wunderkammer diviene lo spazio dove accogliere e valorizzare un’importante opera di Davide Calandra rientrata da un lungo periodo di restauro: si tratta del gesso L’aratro, il cui bronzo si trova alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
Comunicato stampa
A partire dal 17 gennaio 2013, in attesa del prossimo appuntamento dedicato ad opere preziose di Giovanni Migliara, Wunderkammer diviene lo spazio dove accogliere e valorizzare un’importante opera di Davide Calandra rientrata da un lungo periodo di restauro: si tratta del gesso L’aratro, il cui bronzo si trova alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
Protagonista di una delle carriere più fortunate nel panorama della scultura italiana tra Otto e Novecento, Davide Calandra (Torino 1856 – 1915) si formò all’Accademia Albertina di Torino sotto la guida di Enrico Gamba e Odoardo Tabacchi: un’educazione che sarebbe stata completata da un soggiorno a Parigi nel 1881 con il fratello Edoardo.
Il suo lungo e importante impegno nel campo della scultura monumentale prese avvio da una produzione decorativa e di genere, in cui Calandra sperimentò varie possibilità espressive sulla scia della tarda Scapigliatura milanese. Una sensibilità che si intrecciò a suggestioni tardo romantiche, filtrate anche dalla narrativa, ravvisabili in opere come Cuor sulle spine (1882) o Fior di chiostro (1884) entrambe nelle collezioni della GAM.
A segnare una svolta breve, ma significativa nella produzione giovanile dello scultore torinese fu l’adesione, intorno al 1888, ad un verismo legato a temi rustici e campestri di cui è principale testimonianza il gesso qui esposto, L’aratro, cui l’anno dopo si affiancherà, Attraverso i campi, conservato alla Gipsoteca di Savigliano.
Giunto nelle collezioni del Museo nel 1922 attraverso la donazione di Giorgio Calandra, il modello in gesso descrive senza abbellimenti il procedere di un contadino che dissoda con l’aratro il terreno per prepararlo alla semina: una scelta che introduceva in scultura un soggetto che aveva salde radici nella pittura piemontese, da Antonio Fontanesi a Carlo Pittara.
In quello stesso 1888 il gesso fu tradotto nel bronzo che Calandra presentò all’esposizione della Società Promotrice delle Belle Arti di Torino. Noto anche come Il primo solco, il bronzo fu nuovamente esposto a Brera nel 1891 e infine all’Esposizione Nazionale di Palermo del 1891-1892, dove fu acquistato per le collezioni della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, un lusinghiero riconoscimento che avrebbe contribuito a consolidare la carriera dello scultore torinese.
La breve stagione di questi temi agresti ha suggerito che essa abbia rappresentato per Calandra soprattutto un significativo aggiornamento in direzione antiromantica, in stretto parallelo con le scelte letterarie del fratello Edoardo. In questa prospettiva il modello conservato alla GAM rappresenta un primo, originale esito di una ricerca che sarebbe proseguita sino a condurre lo scultore a maturare una peculiare cultura eclettica capace di coniugare un colto storicismo con le eleganti cadenze fin de siècle, la cifra che avrebbe improntato la sua grande scultura celebrativa e di cui è nobile esempio Il conquistatore, posto nel giardino del Museo.
La scultura in gesso è stata restaurata dal laboratorio Nicola Restauri ad Aramengo (AT).
I modelli in gesso del braccio sinistro e della mano destra del contadino, che erano compromessi sul gesso originale, sono stati ripristinati eseguendo un calco direttamente sulla scultura bronzea conservata alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Il gesso si presentava inoltre con una tonalità tendente al grigio a causa della polvere che si era depositata nel corso degli anni, così come un alone giallastro era stato provocato dall’ossidazione dei materiali. Tramite un’accurata pulitura eseguita agendo sotto aspirazione, è stato possibile riportarlo alla sua tonalità originaria.