Xmas RestArt – Emilio Isgrò
“dal letame nascono i fiori”, dal letame della mafia, dalla tragica assenza della Natività di Caravaggio, può generarsi un nuovo intervento creativo, una Natività inedita, che pone le radici nel passato, ma che è interamente proiettata nella contingenza del nostro presente. L’arte come momento salvifico, capace di rigenerarsi anche nei momenti più infausti.
Comunicato stampa
La rassegna Next, che quest’anno si avvale del supporto della Fondazione Sicilia e che si inserisce nella programmazione di Xmas RestArt, giunge alla sua XII edizione con una straordinaria opera firmata da Emilio Isgrò, chiamato a realizzare una sua Natività in memoria del capolavoro di Caravaggio, trafugato dall’oratorio di S.Lorenzo a Palermo nel 1969. Artista concettuale noto per le sue cancellature, Emilio Isgrò (Barcellona di Sicilia, 1937) è a pieno titolo tra i più rinomati artisti del panorama artistico contemporaneo. Le sue opere, veri capolavori di poesia visiva, codificano e riscrivono un processo di conoscenza che ha come fulcro la parola, dalla quale ha origine il pensiero. Cancellare, distruggere, mettere in crisi, non è un semplice atto distruttivo, ma la base necessaria per giungere all’innovazione e alla costruzione di nuove riflessioni.
“dal letame nascono i fiori”, dal letame della mafia, dalla tragica assenza della Natività di Caravaggio, può generarsi un nuovo intervento creativo, una Natività inedita, che pone le radici nel passato, ma che è interamente proiettata nella contingenza del nostro presente. L’arte come momento salvifico, capace di rigenerarsi anche nei momenti più infausti.
L’opera sarà inaugurata alla mezzanotte del 24 dicembre e resterà in esposizione fino al 17 ottobre 2022, tragico anniversario del furto del Caravaggio. L’intervento di Isgrò segue un’anteprima digitale, trasmessa in streaming la notte di Natale del 2020, in un periodo di forti restrizioni dovute all’epidemia di Covid 19 (https://www.youtube.com/channel/UC9ocKi2bsJd8gqCdrnmBugg).
Il progetto Next nasce nel 2010 da un’idea di Bernardo Tortorici di Raffadali, Presidente dell’Associazione Amici dei Musei Siciliani, con la realizzazione per l’Oratorio della prima Natività contemporanea ad opera del Laboratorio Saccardi. L’intento era quello di esorcizzare attraverso l’arte uno degli eventi più drammatici della storia del patrimonio culturale, una ferita ancore aperta che attende con speranza un possibile risanamento. Nel corso degli anni si sono avvicendati artisti quali Francesco De Grandi (2011-2012), Studio Azzurro (2012-2013), Adalberto Abbate (2013-2014), Fulvio Di Piazza (2014-2015), Igor Scalisi Palminteri (2015-2016), Daniele Franzella (2016-2017), Alessandro Bazan (2017-2018), Francesco Simeti (2018-2019) e Rori Palazzo (2019-2020), che hanno saputo accogliere con sensibilità una sfida per nulla semplice, confrontarsi con un mostro sacro quale è il grande maestro Michelangelo Merisi.
“ Non sarà la mafia a cancellare la presenza della Natività, la Natività l’abbiamo voluta fare cancellare dall’arte e da un’artista, Emilio Isgrò che, attraverso il suo caratteristico gesto, crea una nuova opera, un nuovo valore, una nuova speranza. E’ stata una scelta simbolicamente molto forte per un’iniziativa che da tanti anni portiamo avanti come un arcaico rituale di auspicio, con l’augurio che possa essere propiziatorio al ritrovamento del capolavoro scomparso” dice Bernardo Tortorici di Raffadali, Presidente degli Amici dei Musei Siciliani.
Al secondo posto nella Top Ten Art Crimes dell’FBI, la Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi (1600 o 1609) di Caravaggio resta avvolta nel mistero. La Pratica 799, redatta dal Comando di Tutela del Patrimonio Culturale, raccoglie un’infinita collezione di dichiarazioni, la maggior parte delle quali ritenute, oggi, inverosimili.
Nel 2009 Gaspare Spatuzza raccontò che il quadro, nascosto in una stalla, fu rosicchiato dai topi e dai maiali ed infine dato alle fiamme nell’intento di disperderne le tracce. La notizia proveniva dal compagno di cella Filippo Graviano, boss di mafia affiliato alla Famiglia di Brancaccio che all’epoca del furto aveva appena otto anni, e che quindi non poteva costituirsi come una fonte diretta.
Un altro pentito, Salvatore Cancemi, riferì che si soleva esporre la Natività durante i summit dei corleonesi di Riina, dichiarazioni poi smentite dal “mozzarella”, Francesco Marino Mannoia. Lo stesso Mannoia si autosconfesserà nel 2017, asserendo di aver mentito quando, durante il Maxiprocesso, aveva affermato di aver bruciato la tela con le proprie mani. Non ritenute pienamente attendibili sono anche le parole di Vincenzo La Piana, che aveva riportato di aver visto la tela all’interno della raffineria di droga del boss Gerlando Alberti.
A far luce sui recenti sviluppi dell’indagine è la confessione di Gaetano Grado, raccolta dalla Commissione Antimafia l’11 maggio del 2017. Grado parla di fatti esperiti in prima persona: «avevo il compito di scendere tutte le mattine nel mercato della Vucciria, per avere notizie dei sopravvissuti della città, delle famiglie mafiose di Palermo. Tutte le mattine loro avevano il compito di venire da me a rapportarmi tutto quello che succedeva: dalla piccola cosa, dal ladro, al rapinatore o altri fatti di sangue, per riferirmi tutto», racconterà il pentito. A due giorni dalla scomparsa della Natività sarà incaricato da Gaetano Badalamenti nel reperimento di informazioni dettagliate sul furto.
Secondo le sue dichiarazioni, furono dei semplici ladri, dei ragazzi, gli autori del crimine. Badalamenti si farà consegnare l’opera, portandosela con sé a Cinisi. Grado apprenderà poi da Badalamenti che il quadro era stato venduto a un trafficante d’arte di origine svizzera, probabilmente di Lugano, un uomo parecchio in là con l’età che aveva espresso l’idea di rivenderlo a pezzi. Una fine misera, che accomuna un capolavoro senza pari a mera carne da macello.
Il coinvolgimento diretto di Badalamenti è confermato anche da un’intervista condotta nel 1994 dalla giornalista Marina Pino e da una videointervista filmata dal regista Massimo d’Anolfi nei primi anni del 2000, resa pubblica soltanto nel 2019. A parlare è il custode dell’oratorio di san Lorenzo, monsignor Benedetto Rocco, contattato dalla mafia di Badalamenti per la richiesta di un riscatto di circa un miliardo di lire. La trattativa non andò a buon fine, anche a causa di una mancata collaborazione con il Soprintendente dei Beni Culturali dell’epoca che, a detta del sacerdote, si limitò soltanto ad accusare il religioso di star intessendo affari criminosi con la mafia.
Quale sia la verità è estremamente difficile stabilirlo, resta il desiderio di poter restituire alla comunità un capolavoro senza tempo e l’impegno di mantenere vivo il ricordo di un crimine i cui nodi attendono di essere sciolti.