Yto Barrada – The Dye Garden
L’American Academy in Rome inaugura la mostra The Dye Garden, personale di Yto Barrada a cura di Peter Benson Miller, Arts Director dell’American Academy in Rome.
Comunicato stampa
Il 10 maggio l’American Academy in Rome inaugura la mostra The Dye Garden, personale di Yto Barrada a cura di Peter Benson Miller, Arts Director dell'American Academy in Rome (fino all’8 luglio).
La mostra si inserisce nel tema e filo conduttore della stagione in corso, East and West, una serie di appuntamenti con cui l’American Academy, come laboratorio al centro del Mediterraneo, ha voluto esplorare la complessità dei rapporti tra Oriente e Occidente attraverso la molteplicità degli sguardi e delle interpretazioni di diverse personalità del mondo della cultura, quali scrittori, storici dell’arte, architetti, compositori.
The Dye Garden presenta nuove opere della celebre artista franco-marocchina Yto Barrada,
la cui arte intreccia la storia familiare con discorsi socio-politici più ampi ricorrendo a mezzi diversi, tra cui la fotografia, i film, le installazioni, i libri
e i tessuti tinti a mano. Barrada esamina da tempo i gesti e la grammatica della resistenza alle strutture del potere e del controllo. Il suo interesse per i meccanismi dello sradicamento e per le questioni dell’appropriazione e dell’autenticità è costante. Tutti questi temi vengono trattati con arguzia
e un certo gusto per l’enigma.
Il cortometraggio e il libro d’artista intitolati Tree Identification for Beginners (2017), commissionati per Performa 17 (New York), sono stati elaborati durante il periodo di residenza di Barrada all’American Academy in Rome. Nel cortometraggio Barrada rivisita il viaggio della madre, Mounira Bouzid, negli Stati Uniti nel 1966, parte di un programma di viaggi sponsorizzato dal Dipartimento di Stato degli USA. L’organizzazione “Operation Crossroads Africa” cercava di convincere gli studenti africani individuati come futuri leader che “gli Stati Uniti [erano] una società dinamica, degna di essere considerata favorevolmente, o, quantomeno, seriamente.”
Ma la turbolenta estate del 1966 fu il periodo del Panafricanismo, della Conferenza Tricontinentale, del Black Power e dei movimenti contro la guerra in Vietnam.
Sull’animazione in stop motion di giocattoli montessoriani e simboli grammaticali, ripresa in 16mm e montata ritmicamente, le voci fuoricampo del film, tratte da indagini archivistiche (e molte delle quali lette da membri della comunità dell’American Academy), mettono una accanto all’altra le storie della madre di Barrada su quell’estate e il punto di vista dell’organizzazione sull’atteggiamento degli Africani nei confronti di quell’esperimento interculturale, accostando, al tempo stesso, altre voci dell’epoca.
Interessata per molto tempo alla botanica —le palme, gli iris indigeni di Tangeri, le erbacce e i margini irregolari del paesaggio urbano—negli ultimi tempi Barrada ha analizzato la ricerca e l’estrazione dei pigmenti naturali e la tintura dei tessuti, una tradizione antica codificata nella modernità da William Morris, designer tessile e attivista sociale inglese, in The Art of Dyeing (1889), e da altri. Tra i progetti in corso di Barrada c’è la creazione di un “giardino delle tinture” a Tangeri—ispirato al giardino allestito dall’artista dadaista Hannah Höch in Germania—estensione dei suoi progetti multidisciplinari legati alla creazione di comunità che risalgono alla fondazione della Cinémathèque de Tanger undici anni fa.
Le nuove opere tessili qui esposte—create
e tinte a mano da Barrada—richiamano la serie
di pitture fluorescenti di Frank Stella, del 1964-65, ispirate in parte dalle città del Marocco da lui visitate durante la luna di miele. Stella è uno dei tanti artisti internazionali che sono andati alla ricerca dell’ispirazione estetica e della scopertadi sé in Nordafrica. Ci si riferisce spesso a queste epifanie artistiche, esperite nello spazio coloniale e post-coloniale, per spiegare i cambiamenti nelle tavolozze degli artisti. L’esperienza di Paul Klee
in Tunisia, ad esempio, provoca la rivelazione, testimoniata nel diario, che “il colore mi possiede... il colore ed io siamo un’unica cosa. Io sono un pittore.” Allo stesso modo, Robert Rauschenberg si reca in Marocco nel 1953, dove raccoglie materiali da bancarelle di libri d’antiquariato che incorpora in una serie di collage montati su cartoni di camicie; una selezione di queste opere è in mostra nelle teche.
I colori dei tessuti di Barrada si riappropriano delle forme e dei toni delle astrazioni moderniste di Stella e le traspongono su stoffa usando tinture che l’artista ha ricavato nel suo studio da piante, minerali e insetti. L’effetto richiama le opere
dei pittori Mohamed Chebaa, Farid Belkahia
e Mohammed Melehi, fondatori della Scuola di Casablanca negli anni Sessanta, pionieri di un astrattismo modernista nordafricano originato dai motivi e dai materiali di forme d’arte locali
e popolari. Nella logica interconnessa che sottende ai fotogrammi delle caramelle, alle sculture e al film qui proposti, Barrada chiama in causa l’astrattismo, mina gli assunti occidentali, porta alla luce nuove grammatiche di resistenza e celebra la disobbedienza. (Peter Benson Miller)
EVENTI COLLATERALI
17 maggio, ore 18.30
Conferenza - Avinoam Shalem. Dalla porta secondaria: le storie dell’arte e dell’architettura “islamica” in Italia
American Academy in Rome – Lecture Room
18 maggio, ore 10-19
Simposio - Arte e architettura islamica in Italia: tra tradizione e innovazione
American Academy in Rome – Lecture Room