Yuval Avital – Three Grades of Foreignness

Informazioni Evento

Luogo
LA FABBRICA DEL CIOCCOLATO
Strada Vecchia 100 CH-6717 , Torre-Blenio, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

dal mercoledì alla domenica, dalle 12:00 alle 19:00 o sotto appuntamento

Vernissage
22/04/2017

ore 17

Biglietti

ingresso libero

Artisti
Yuval Avital
Generi
arte contemporanea, personale

Con la mostra personale Three Grades of Foreignness, frutto di un’accurata attività di ricerca sul territorio svolta da Yuval Avital nel corso della sua permanenza in Valle di Blenio, l’artista presenta tre opere in dialogo con gli spazi espositivi della Fondazione La Fabbrica del Cioccolato, realizzate con lo scopo di esplorare la complessa relazione che intercorre tra uomo e natura.

Comunicato stampa

Nell’ambito del progetto curatoriale foreignness, la Fondazione La Fabbrica del Cioccolato inaugura il 22 aprile (Giornata Mondiale della Madre Terra) la mostra “Three Grades of Foreignness” dell’artista israeliano Yuval Avital, realizzata con il patrocinio dell’Associazione Svizzera Israele (ASI) - Sezione Ticino. La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 1 luglio 2017.

Con la mostra personale Three Grades of Foreignness, frutto di un’accurata attività di ricerca sul territorio svolta da Yuval Avital nel corso della sua permanenza in Valle di Blenio, l’artista presenta tre opere in dialogo con gli spazi espositivi della Fondazione La Fabbrica del Cioccolato, realizzate con lo scopo di esplorare la complessa relazione che intercorre tra uomo e natura. Ne deriva un lavoro profondamente integrato nell’ambiente della Valle, in cui Avital approccia con estrema lucidità e attualità il tema curatoriale foreignness [estericità] facendo emergere le modalità con cui uomo e natura divergono, si scontrano e si ricongiungono continuamente, rendendo dapprima l’essere umano estraneo al contesto naturale e in conflitto con quest’ultimo, per poi ricondurlo alla natura primordiale alla quale esso stesso appartiene e in cui esso trova origine. Il percorso della mostra si snoda attraverso un mosaico di suoni, immagini e luci nel quale il pubblico si muove alla scoperta di tre installazioni interconnesse rappresentanti tre differenti fasi del rapporto uomo-natura: alienazione, conflitto e ricongiungimento.

Nella prima installazione, FOREIGN BODIES, il corpo umano viene raffigurato come elemento intrusivo ed estraneo a una natura utopica. Sette ballerine professioniste, provenienti da corpi di ballo di rinomati centri teatrali internazionali quali La Scala, Bejart e Shan-Wei, compaiono in sette proiezioni video parallele, filmate e dirette dall’artista in numerose scene girate in più di trenta luoghi della Valle con il supporto di due esperte guide alpine locali. Le loro trasformazioni in organismi tremanti incarnano metafore corporali del desiderio di riconnettersi con la natura e dell’inevitabile distanza da essa, apparendo come figure sole, animalesche e meccaniche, mimetizzate e disturbanti allo stesso tempo. Il quadro, comprendente oltre sette ore di filmati, è completato da una partitura elettronica polifonica di più di 90 minuti composta da registrazioni di suoni provenienti dalla Valle, elaborati e distorti.

Uomo e natura entrano in conflitto nella seconda installazione, LANDS. Qui un cerchio di terra agricola si presenta circondato da un anello di altoparlanti mediante i quali viene diffusa una molteplicità di suoni, sia verso il centro che verso l’esterno. La terra agricola delimitata dai confini artificiali rappresenta una lotta dovuta, da un lato, all’impossibilità di scindere le nostre radici dalla natura e, dall’altro, al tentativo umano di controllare e plasmare quest’ultima. Assistendo a LANDS ci si sente immersi in un contesto naturale in cui il canto degli uccelli, il ronzio degli insetti e la brezza popolano l’ambiente. Ma la percezione cambia in fretta: il cinguettio viene gradualmente sostituito da imitazioni meccaniche perturbanti; la parola “land” inizia a risuonare in una varietà di lingue, pronunciata da voci computerizzate; il vento si trasforma in tempesta. Si fa in seguito ritorno alla natura e poi ancora all’artificio, in un andirivieni di suoni che scatena una lotta finalizzata a riconquistare, almeno in parte, una bellezza e una purezza perdute. Il pubblico è invitato a camminare sul terreno, sedersi, sdraiarsi e costruire un percorso individuale, cambiando la propria percezione di ascolto e divenendo attivamente partecipe della performance sonora.

L’ultima installazione, REH’EM (grembo in ebraico), ricongiunge infine uomo e natura, incanalando il pubblico nell’oscurità di un ambiente chiuso, simbolo del grembo materno, dove i suoni legati alla gestazione e alla nascita della figlia di Avital, Alma, si alternano ai suoni dei movimenti sismici della terra, accompagnati dalla proiezione di immagini diafane fluttuanti.

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Nato a Gerusalemme nel 1977 e residente a Milano, il compositore, artista multimediale e chitarrista Yuval Avital sviluppa le sue opere in una varietà di luoghi tra cui spazi pubblici, siti di archeologia industriale, teatri e musei, sfidando le tradizionali categorie cristallizzate che separano le arti. La sua carriera multiforme comprende la realizzazione di installazioni sonore e visive, performance collettive che coinvolgono masse sonore nella creazione di rituali contemporanei, opere icono-sonore, quadri multimediali complessi e progetti tecnologici con il coinvolgimento di scienziati e l’apporto di intelligenza artificiale.
Tra i suoi lavori: ALMA MATER - per 140 altoparlanti, video e performers (Milano, 2015); FUGA PERPETUA - opera icono-sonora creata in collaborazione e patrocinata da UNHCR (Teatro Comunale Pavarotti di Modena, Brighton Festival, NEAT Festival, 2016); REKA - opera di massa sonora per sei cantori tradizionali, due percussioni e una folla di centinaia di voci (Warsaw Autumn Festival, 2014); KARAGATAN - per cento suonatori tradizionali di gong e bamboo provenienti da 11 paesi del Sud-est asiatico (Filippine, 2013); OTOT - sinfonia icono-sonora (inaugurazione della stagione sinfonica del teatro dell’opera di Como, Italia); SPACES UNFOLDED - installazione sonora creata in collaborazione con scienziati NASA ed ESA (Italia, 2012); GARON - per quarantacinque tube, sei percussioni, tre direttori d’orchestra, coro e live electronics (evento conclusivo di Dirty Corner di Anish Kapoor, Milano 2012); quattro opere commissionate da festival italiani (KOLOT 2008, SAMARITANI 2010, LEILIT 2011, NOISE FOR SYD 2013).
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La Fondazione La Fabbrica del Cioccolato ha in carico l’attività culturale nell’ex complesso industriale Cima Norma. Nel 2016, primo anno di attività, viene lanciato il programma foreignness, un progetto curatoriale che si estrinseca quale progetto tematico di analisi sull’interazione tra arte, nelle sue diverse forme espressive, e territorio, inteso come patrimonio culturale, sociale e politico in divenire. Foreignness è un neologismo che in italiano suonerebbe come “estericità (estraneità)”, un nuovo termine che vuole fare emergere le diverse forme e modalità di sentirsi estraneo, diverso, non appartenente e conseguentemente avulso da un determinato contesto in costante evoluzione.