10 designer IED in mostra a Firenze tra identità e moda. Coordina l’artista Michel Comte
L'artista ha fatto da mentore in vista della collettiva Identity, con cui gli studenti dell’Istituto Europeo di Design hanno partecipato all’ultima edizione di Pitti Uomo. Incrociando arte e moda all’ex Teatro dell'Oriuolo
“C’è un nuovo lusso, ed è il prodotto senza nome. È il prodotto che porti e che conosci: sai che quel tuo capo ti fa sentire bene dentro, ti aiuta a dire ‘io sono io”. A parlare è lo zurighese Michel Comte, artista multidisciplinare che nel corso di una lunga carriera ha lavorato tra arte contemporanea, fotografia, filmmaking e fotogiornalismo, con una particolare attenzione a temi culturali e sociali. Comte ha convogliato la sua capacità creativa, e il suo interesse per i materiali innovativi e i processi di upcycling, facendo da curatore e mentore per dieci giovani designer dei corsi di Fashion Design e Fashion Stylist dell’Istituto Europeo di Design di Firenze.
Identity: il progetto degli studenti IED a Pitti Uomo 2024
Studentesse e studenti dei due corsi hanno quindi realizzato, con la guida di Comte, il percorso Identity, con cui hanno anche partecipato all’ultima edizione di Pitti Uomo tenutasi a giugno 2024 a Firenze. Negli spazi dell’ex Teatro dell’Oriuolo, ogni studente ha inserito il risultato di una personale ricerca della propria espressione identitaria, ma anche di una elaborazione autoriale e consapevole: il risultato sono dieci progetti che, attraverso la moda, hanno lavorato con successo sull’ibridazione di linguaggi diversi. L’installazione collettiva, realizzata anche con il contributo di Interior Designer selezionati da tutte sedi del Gruppo fra Italia, Spagna e Brasile, si compone di capi concettuali alternati a sculture contemporanee, in dialogo con la struttura dell’ex Teatro e il centro storico della città, includendo anche elementi performativi, disegni, foto e video su temi urgenti del contemporaneo.
L’intervista a Michel Comte, curatore e mentor del progetto Identity a Firenze
Perché riflettere su moda e identità?
La moda rappresenta la nostra identità in modi molto diversi. Il punto è che essa, la nostra identità, è diventata molto più debole: è tutto un ‘io sono X’, ‘io sono tot’ ed è, secondo me, tremendo. Una mostra come Identity è importante perché tenta di creare identità in un modo alternativo, di creare un prodotto che puoi mischiare, che puoi anche portare per quattro, cinque stagioni, prendendo un pezzo qui, un pezzo là.
Come il lusso ha influenzato e influenza l’identità?
C’è un grande cambiamento di identità oggi, perché veniamo da 10 anni di grandi marchi. Credo che la gente, soprattutto in questo passato prossimo, stesse perdendo la propria identità. Era tutta una questione di soldi: posso spendere duemila euro per una maglietta e avere il nome di qualcun altro addosso e questo mi dà il potere di dire ‘OK. Faccio parte di un gruppo’, ma credo che questo sia davvero brutto.
Come si esprime l’identità dei giovani designer IED nel percorso di Identity?
In un mondo consumato dal fast fashion, scelgo ad esempio il denim giapponese come simbolo di uno stile sostenibile. Questa filosofia ha guidato la mia curatela dell’installazione IED a Firenze, dove dieci spazi di uguali dimensioni fungono da piattaforme per un’opera d’arte collettiva, fondendo personalità diverse in pura magia.
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