Da Farinetti un milione di euro per il restauro de L’ultima Cena. Potevano mancare le polemiche?
Così come fu per il Colosseo restaurato da Della Valle, anche stavolta si solleva il polverone. Oscar Farinetti, patron di Eataly, stanza un milione in due anni per un raffinato intervento di restauro ambientale, in favore del Cenacolo vinciano. Ma il Codacons nutre dei sospetti…
Forse paga, a caro prezzo, la sua lunga amicizia con Matteo Renzi, il politico italiano più vulcanico, spregiudicato, ambizioso e innovatore degli ultimi 10 anni; ma soprattutto (o proprio per questo) il più inviso alle destre e alle sinistre conservatrici. O forse, Oscar Farinetti, paga semplicemente il fatto di essere un imprenditore di talento, che a partire da una buona idea ha costruito un impero commerciale: il successo, in Italia, è una cosa che genera irritazione, specie se non imbellettato da retoriche populiste.
Certo è che Farinetti, in questi anni, di critiche e antipatie ne ha parate parecchie. Qualche inciampo c’è stato, vedi la multa di 50mila euro inflitta alla sua Eataly dall’Antitrust, per l’etichetta “vino libero” presente su una serie di bottiglie, giudicata equivoca dal Codacons. Ma l’idea di lanciare dei moderni templi del buon cibo a basso costo, brandizzando in piena globalizzazione l’identità enogastronomica italiana, fu senz’altro visionaria e anticipatrice.
OSSIGENO (CON POLEMICHE) PER L’ULTIMA CENA
Tuttavia, il Codacons, ha ancora da ridire. E stavolta non c’entra il food, ma l’arte. Roba che ignorarla sarebbe persino più opportuno: sappiamo bene che costruire contenuti a partire da sparate, significa fare il gioco di chi spara. Ma ogni tanto concedetecelo.
Accade infatti che Oscar Farinetti, da scaltro e illuminato imprenditore qual è, decida di investire un pezzetto del suo fatturato in un progetto culturale per la collettività: se le imprese crescono e fanno utile, grazie ai consumatori, è un bene che parte di quell’utile torni in forma di servizio, di cura, di attenzione allo Stato e alle persone. Elementare.
E allora Farinetti destina un milione di euro per il piano di conservazione de L’Ultima Cena di Leonardo Da Vinci. Non un ennesimo restauro dell’affresco, ma un sistema ambientale – progettato dal MIBACT in collaborazione con istituti di ricerca come ISCR, CNR, Politecnico di Milano e Università Bicocca – che filtrerà circa 10.000 metri cubi di aria pulita al giorno, rispetto agli attuali 3.500. Lo scopo? Assicurare una corretta ossigenazione al fragile capolavoro leonardesco e garantirgli alti 500 anni di salute. Il che significa anche aumentare il flusso di visitatori: oggi possono ammirare l’opera un massimo di 1.320 persone al giorno, per un totale di 400mila all’anno, ma le richieste arrivano a quasi 2 milioni.
Eataly, dunque, come Tod’s, Fendi, Bulgari, Sturbucks, McDonald’s. Mano al portafogli e un sostegno generoso ai tesori nazionali. E la collaborazione tra pubblico e privato è davvero piena: Farinetti mette la sua parte e il restante milione e 200mila euro arriverà dallo Stato. Tutto bene? In teoria sì. Ma il Codacons drizza le antenne. E vuole vederci chiaro. “Vogliamo capire a quali condizioni Farinetti finanzierà il progetto, e quale sarà il ritorno economico per Eataly”, ha spiegato l’associazione. “L’intervento delle mani dei privati su beni che appartengono al patrimonio culturale dell’umanità, come il capolavoro di Leonardo Da Vinci, è un aspetto delicatissimo e sempre spinoso”. Toni enfatici e allarmistici, che francamente odorano di Medioevo.
LE MANI DEI PRIVATI SUI BENI COMUNI
Ancora, nel 2017, si discute di mecenatismo privato a tutela del bene pubblico nei termini di una minaccia aliena? Pare di sognare. E invece il Codacons, deciso a difendere indipendenza e sacralità del patrimonio, ha presentato un’istanza al Ministero dei Beni Culturali e alla Soprintendenza della città metropolitana di Milano, “per visionare l’accordo siglato con Eataly e verificarne tutte le condizioni”. E chiariscono, integerrimi: “Non accetteremo in nessun caso una “privatizzazione” de L’Ultima Cena di Leonardo”.
Ma in che senso “privatizzazione”? L’opera resta – ci mancherebbe – dello Stato. Che ne ha in carico la tutela. E quali strani accordi potranno mai esserci, a favore del brand e a sfavore della comunità? Improbabile (anzi, già escluso) che il Ministero conceda il Refettorio di Santa Maria delle Grazie a Farinetti per organizzare una cena ai piedi dell’affresco (cosa ci sarebbe poi di male andrebbe analizzato nel merito). O che gli consenta di determinare orari di apertura e costi dei biglietti (!). Di solito, queste partnership, garantiscono nome e logo del mecenate nella comunicazione legata al restauro, con la possibilità di utilizzare l’immagine dell’opera in contesti opportuni e regolamentati. Cosa che non ha nulla di trascendentale. Un minimo di ritorno, per uno che ha sborsato 1 milione di euro, ci può stare.
Nel caso specifico, pare che in tutti gli Eataly del mondo sarà allestito un corner dedicato, dove prenotare una visita speciale di 50 minuti (al posto dei consueti 15) in orario serale e a numero chiuso. Promozione e internazionalizzazione culturale, da parte di un’azienda di food retail, che, come ha spiegato Farinetti, “ha la possibilità di fare un invito di questo tipo a livello globale, e a questo ci dedicheremo per i prossimi due anni”.
Giusto in ogni caso vigilare. E chiedere che i punti degli accordi siano resi noti. Ma quel che traspare è una sorta di pregiudizio, una diffidenza a priori. Le “mani dei privati” sui beni comuni: il grande spettro aleggia sulle teste di puristi e antiliberisti tout court.
Intanto la presentazione è avvenuta a Milano lo sorso 19 aprile, col titolo “Una cena da non perdere”. Presenti, oltre a Farinetti, il Ministro per i Beni Culturali, Dario Franceschini, lo scrittore Alessandro Baricco – altro renziano doc – il vicario episcopale per la cultura dell’arcidiocesi di Milano, monsignor Luca Bressan, e la direttrice del Cenacolo Vinciano, Chiara Rostagno. Al netto delle immancabili polemiche e delle minacce di ricorso al Tar, il progetto è ormai cosa fatta. E la “Cenacolo mania” è già nell’aria: la sfida è farne un caso anche oltreconfine.
– Helga Marsala
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