Come sarà il nuovo MAN di Nuoro di Luigi Fassi? Intervista al neodirettore

Ecco come sarà il nuovo MAN di Nuoro, che inaugura un fitto programma di mostre il 9 novembre 2018. Ce lo siamo fatti raccontare dal direttore, Luigi Fassi…

È un museo portafortuna e si trova in Sardegna, a Nuoro. Tutti coloro che lo hanno diretto hanno poi conseguito una sfolgorante carriera: da Cristiana Collu, che lo ha lasciato nel 2012 per andare a guidare prima il Mart di Trento e Rovereto, poi la Galleria Nazionale a Roma, a Lorenzo Giusti che nel 2017 è stato nominato direttore della GaMeC di Bergamo. Palestra di talenti o museo quadrifoglio che sia il MAN di Nuoro ha da poco selezionato attraverso bando pubblico Luigi Fassi. Storico dell’arte, un percorso già solido alle spalle di curatore globetrotter con una passione per il Nord Europa, oggi traslocato nel Mediterraneo che più Mediterraneo non si può, in un crocevia che guarda alla Corsica e alla Spagna. Se non c’è due senza tre come sarà il futuro di Luigi Fassi? A questa domanda non possiamo rispondere, nel frattempo però lo abbiamo incontrato per chiedergli come sarà quello più immediato del MAN.

il MAN di Nuoro

il MAN di Nuoro

Come sono stati questi tuoi primi mesi a Nuoro? Che situazione hai trovato?

Ho trovato un museo in ottima salute, in ordine in ogni suo aspetto e, soprattutto, consapevole del suo ruolo e delle sue ulteriori potenzialità. Questi aspetti mi hanno permesso di minimizzare il periodo di ambientamento e di poter accelerare nella costruzione del programma, riorientando alcuni aspetti dell’attività del MAN per rendere ancora più ambizioso il suo ruolo di museo di arte contemporanea di ricerca.

Al di là delle mostre su quali aspetti hai lavorato fin da subito?

Mi sono concentrato su un’intensa conoscenza del territorio. Ho percorso circa 10.000 chilometri in auto in quattro mesi, la Sardegna è infatti come una città diffusa, con tanti quartieri e centri e una scena artistica fatta di interlocutori diversi, che vanno dall’attivismo dei sindaci dei piccoli paesi agli spazi indipendenti. Le realtà culturali sono fatte di una produzione interdisciplinare fluida, come i festival di letteratura (penso ad esempio a Isola delle Storie di Gavoi con cui collaboriamo, a giugno abbiamo organizzato lì una piccola personale di Hans Peter Feldmann) e quelli di danza e di arte.

Cosa ti ha colpito maggiormente?

Mi ha sorpreso la presenza di pubblici dell’arte molto eterogenei. Il MAN è affollato di turisti, di scolaresche che sciamano per il museo ogni giorno (anche oltre mille bambini al mese), di anziani, di ragazzi, tutti con una diversa idea di cosa desiderano vedere e incontrare in un museo. Penso che questa sia una possibile definizione di museo civico quale il Man è: un’istituzione che sa di rivolgersi a residenti, turisti, studenti, appassionati e anche chi capita per caso e apprezza la sorpresa. Due piccoli gesti iniziali sono stati tradurre i testi introduttivi alle mostre in più lingue, non solo inglese ma anche francese tedesco e olandese e raccogliere i commenti alle mostre tramite un registro a disposizione del pubblico.

Roman Signer – Films and Installations - installation view at MAN, Nuoro 2016 - photo Confinivisivi

Roman Signer – Films and Installations – installation view at MAN, Nuoro 2016 – photo Confinivisivi

Hai sempre lavorato in contesti più “nordici”. Come cambierà (se cambierà) il tuo modo di lavorare confrontandoti con un territorio che ha radici totalmente diverse?

Il contesto della Sardegna ha una necessaria e decisiva influenza nel mio lavoro in questo momento. Nelle mie ultime esperienze passate, dall’arge kunst di Bolzano allo Steiriescher Herbst Festival Graz, mi sono confrontato con due territori, il Sudtirolo e la Stiria, caratterizzati da un fortissimo patriottismo regionale. Luoghi dove è stato inevitabile pensare a progetti artistici anche in rapporto alla storia e cultura regionali. La Sardegna offre degli elementi ancora più forti per costruire un programma pensato in stretta relazione con il territorio. Qui si concentrano tantissime urgenze, che sommano alcune difficoltà dell’isola (come il depopolamento delle aree interne) con l’interpretazione spesso negativa che oggi l’opinione pubblica europea ha del Mediterraneo.

In che modo possono intervenire gli artisti?

Gli artisti attivi nel bacino del Mediterraneo, con il loro patrimonio culturale e le loro ricerche possono aiutarci a recuperare il senso della relazione tra il Mediterraneo e l’Europa. È interessante, mediante l’arte, guardare al Mediterraneo da Sud, esplorando sue prospettive e storie neglette. Ad esempio, che immagine si può avere della Sardegna guardandola dal continente africano? Stiamo provando a rispondere a questa domanda con la mostra personale dell’artista ivoriano François-Xavier Gbré, che in questi ultimi mesi si trattenuto in residenza in Sardegna su nostro invito. Penso che nessuno più di chi vive nel Mediterraneo abbia oggi gli strumenti per interpretare il futuro prossimo dell’Europa, nella consapevolezza storica che trasmigrazioni, spostamenti e formazione di nuove culture hanno forgiato la storia europea.

E la Sardegna?

È un immenso archivio di ricerca sul mondo mediterraneo e per gli artisti che concepiscono la propria attività come forma di pensiero complesso, è proprio il mondo del Mediterraneo insulare a presentarsi quale luogo particolarmente ricco di suggestioni, falda di storia lenta, come ha scritto lo storico Fernand Braudel, che offre formidabili strumenti di lavoro.  A Nuoro ho trovato alcuni archivi eccezionali, dall’Archivio di Stato a quelli dell’ente etnografico regionale, l’ISRE, sino alle biblioteche e a fondi privati. Enti e risorse con cui stiamo mettendo in contatto diversi artisti per permettere loro di sviluppare ricerche e produzioni.

Roman Signer – Films and Installations - installation view at MAN, Nuoro 2016 - photo Confinivisivi

Roman Signer – Films and Installations – installation view at MAN, Nuoro 2016 – photo Confinivisivi

Ci racconti la programmazione da qui a novembre? Hai già idea di come sarà la programmazione del museo da marzo in poi?

Il nuovo programma si avvia il 9 di novembre, con due personali e una collettiva. L’idea è che nel programma di novembre possano emergere le linee guida del Museo per il prossimo futuro, con un’ attenzione intensa alla scena artistica mediterranea orientale e a una riflessione sul Mediterraneo e la Sardegna osservate da Sud. Tutto questo accompagnato da un’operatività fatta di commissioni e residenze. Dor Guez, un’artista palestinese-israeliano presenterà con Sabir il suo Christian Palestianian Archive, un progetto che sviluppa da alcuni anni e che racconta un’odissea mediterranea dimenticata, quella della comunità cristiano palestinese cui lui appartiene. In mostra ci sarà poi una grande audio installazione ambientale commissionata all’artista dal MAN, un racconto sonoro della storia della sua famiglia sulle rive del Mediterraneo a Jaffa.

Poi c’è la personale di Gbré…

Sì, si intitola Sogno d’oltremare. Qui l’artista franco ivoriano François-Xavier Gbré racconterà la Sardegna da una prospettiva africana, tra fallimenti, sfruttamento del suolo e utopie di espansione coloniale. Dopo aver trascorso alcune settimane di residenza sull’isola in partnership con la Sardegna Film Commission, l’artista esporrà un nuovo ciclo fotografico realizzato in Sardegna assieme ad alcuni suoi lavori prodotti in Togo, Senegal, Mali e Benin. Nelle sue opere la differenza tra Africa ed Europa sfuma e i confini perdono definizione, perchè Gbré mostra un Mediterraneo ignoto, nell’intuizione qui stia la chiave per comprendere quanto e come cambierà l’Europa nel prossimo futuro.

Infine…

O Youth and Beauty! è invece una collettiva a tre con Louis Fratino, Anna Bjerger e Waldemar Zimbelmann. È una mostra che vuole continuare e rinnovare l’attenzione del MAN e del suo pubblico per la pittura, ma anziché guardare al passato di questo medium, lo fa mostrando tre giovani artisti che dietro un tratto diretto e sinuoso raccontano la storia della vita quotidiana, l’identità sessuale, i sogni e le inquietudini del presente. La mostra individua così nella forma della pittura un’ipotesi d’interpretazione della soggettività individuale che trasfigura i gesti e le situazioni più prosaiche in una soffusa e sobria inquietudine.

Perché per il tuo “esordio” sardo hai scelto di non coinvolgere nemmeno un artista italiano?

Stiamo lavorando intensamente a dei progetti molto ambiziosi con artisti italiani per i prossimi mesi, mettendo sempre al centro le caratteristiche del MAN, la sua storia e la sua geografia.

– Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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