Paola Marini lascia le Gallerie dell’Accademia di Venezia. Riflessioni e bilanci
Anche Paola Marini rientra fra i direttori dei musei autonomi che a breve dovranno essere sostituiti per sopraggiunti limiti di età. Con lei abbiamo stilato il bilancio di un incarico durato tre anni, che ha contribuito a rilanciare il ruolo delle Gallerie dell’Accademia nel panorama culturale veneziano
Paola Marini, ma perché si è arrivati anzitempo alla conclusione del suo incarico?
La notizia della fine del lavoro ci ha colto un po’ di sorpresa, ma in realtà era un fatto scritto nel contratto, in cui si parlava di “quattro anni salvo scadenza di legge”. Forse avremmo dovuto chiarirlo al momento della firma, ma eravamo tutti troppo protesi verso il futuro e non lo abbiamo fatto.
Che bilancio può fare del suo mandato?
Sono stati anni impegnativi, ma abbastanza proficui. Il sostegno della città si è rivelato molto grande, a conferma del fatto che le Gallerie dell’Accademia sono davvero nel cuore dei veneziani e non solo. Credo siano stati apprezzati l’impegno e la dedizione dimostrati da parte mia. I cittadini, gli studiosi e i musei internazionali hanno potuto trovare nelle Gallerie un punto di riferimento preciso. Io non mi aspettavo che il lavoro fosse così intenso, anche sul fronte delle strutture operative e degli uffici, che, fino all’autonomia, erano siti in Piazza San Marco, presso l’ex Soprintendenza. A differenza di Brera e degli Uffizi, dove il museo, poi diventato autonomo, era anche sede della Soprintendenza, a Venezia, presso il museo, non esistevano degli uffici e ancora scarseggiano gli spazi fisici per questo.
Anche sul fronte espositivo il suo lavoro è stato incessante.
Il protrarsi del cantiere ha fatto sì che io abbia dovuto e potuto lavorare nel campo delle mostre temporanee, della cui qualità sono orgogliosa. Da Manuzio a Giambono, da Philip Guston a Canova, Hayez, Cicognara al giovane Tintoretto fino al prossimo Georg Baselitz, passando per i disegni di Leonardo. Sarò ancora più contenta quando vedrò iniziato l’allestimento del primo piano.
Dunque lei seguirà da vicino, nei prossimi mesi, queste operazioni?
Il bando è uscito il 23 novembre, l’interim è gestito intanto dal segretario generale Panebianco che sta per dare una firma a due funzionari interni. Se fa piacere, io intendo manifestare la mia vicinanza. Tutto ovviamente in attesa del nuovo direttore. A quel punto sparirò completamente [ride, N.d.R.].
Credo che il suo lavoro abbia lasciato un segno, dunque sarà arduo per lei “sparire”.
Spero sia un segno di fiducia e una prova che, nonostante le difficoltà, le Gallerie hanno, nella Storia e nel presente, una funzione di concentrato della pittura veneziana e che sono orgogliose di questo ruolo. È facile per loro dialogare con il mondo, come è stato con l’ultima mostra sul Seicento veneziano ad Ajaccio, fatta con il Musée Fesch, e la mostra su Tintoretto realizzata insieme ai Musei Civici, di cui io sono davvero contenta. A me sembra una cosa naturalissima, ma in realtà non lo è. Tutti siamo innamorati del nostro patrimonio culturale, ma poi spesso ci dividiamo tra università, musei civici e musei statali. Bisogna fare squadra.
Siete riusciti a creare una sinergia fra due grandi istituzioni che collaborano all’interno della stessa città.
Sì, rispettando la coralità del progetto, che ha un grande valore in sé, ma anche riuscendo a esprimere il proprio punto di vista e la propria originalità. Sono operazioni che, nel momento in cui vengono messe in campo, non risultano semplici. Basti pensare anche agli aspetti pratici, come realizzare una gara per i trasporti insieme alla Fondazione Musei Civici. Questo ha significato risparmiare moltissime energie nella movimentazione, cioè disturbare meno i musei prestatori, nel senso che i prestiti venivano concepiti come unitari, e risparmiare pure in termini economici. Mattia Agnetti, responsabile amministrativo dei Musei Civici, ha giudicato tutto ciò una procedura estremamente innovativa. Sono stati loro la stazione appaltante perché hanno delle strutture amministrative più articolate delle nostre, ma abbiamo lavorato e steso il bando insieme. Anche dal punto di vista amministrativo, dunque, una piccola ma non marginale innovazione.
C’è quindi da augurarsi che il suo successore possa continuare in questo solco.
Insieme al CdA abbiamo rivolto i nostri inviti. Ci sono persone che ci interessano e di cui peroriamo la partecipazione al bando. Poi ognuno, ovviamente, ha la sua responsabilità.
Cosa sta lasciando in eredità al suo successore sul fronte operativo?
Siamo riusciti ad avviare la gara per il trasferimento alla Giudecca dei depositi. Nel gennaio 2017 abbiamo dovuto svuotare rapidamente il deposito di San Gregorio perché questo è stato destinato a essere la futura sede del Museo Orientale. La maggior parte dei dipinti è andata nel grande salone della Scuola Vecchia della Misericordia. Io temevo che questo vincolasse l’attività di restauro che si svolge alla Misericordia. È il più grande laboratorio di Venezia ed è giusto che quando i vari comitati o la Soprintendenza assegnano dei lavori a restauratori che non hanno uno studio abbastanza vasto il laboratorio rimanga a disposizione della città. La gara per il trasferimento alla Chiesa della Croce alla Giudecca di tutti i dipinti temporaneamente ricoverati alla Misericordia e dei gessi che sono rimasti a San Gregorio è stata vinta dalla ditta Apice.
E per quanto riguarda il resto?
Sono in fase di conclusione le gare Consip per i nuovi concessionari della biglietteria e del bookshop. Ci sono cinque concorrenti e credo che nel prossimo paio di sedute la commissione a Roma, in cui c’è il nostro rappresentante Giulio Manieri Elia, dovrebbe concludere lo screening delle proposte. Infine abbiamo bandito la dichiarazione di interesse per l’allestimento degli ultimi due saloni del piano terra, che saranno dedicati al Sei e Settecento. In questi anni abbiamo dato l’incarico a Tobia Scarpa per il progetto esecutivo, questo è stato ingegnerizzato, la Soprintendenza l’ha approvato e Venetian Heritage ha garantito tutti i fondi per realizzare l’allestimento e il restauro di una buona parte delle opere. Con me o senza di me il trasferimento del deposito e l’allestimento dei saloni andranno comunque avanti.
Sta lasciando un’eredità importante.
Non so, io sono una storica dell’arte di vecchia scuola, ho cercato di operare con buon senso, lavorando con i collaboratori. Siamo anche molto lieti dell’arrivo dei cinque nuovi funzionari del cosiddetto concorso dei 500, che hanno arricchito lo staff. Ora il gruppo è articolato, c’è un bel clima, molto propositivo.
‒ Arianna Testino
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati