Intervista a Ilaria Borletti Buitoni premiata a Genova al Festival dell’Eccellenza al Femminile
L’ex sottosegretario Mibact Ilaria Borletti Buitoni è stata insignita a Genova del Premio Lady Truck. A marzo 2018 ha presentato la Carta Nazionale del Paesaggio - Elementi per una Strategia per il paesaggio italiano alla memoria di Giuseppe Galasso. L’intervista
Ilaria Borletti Buitoni è stata insignita lo scorso novembre a Genova presso il Teatro Duse, nell’ambito della XIV edizione del Festival dell’Eccellenza al Femminile organizzato da Consuelo Barilari, con il Premio Lady Truck. Questo premio, consistente in un’opera di Raimondo Sirotti, un artista amato da molti genovesi, è il riconoscimento per le donne che nelle professioni più onerose hanno saputo coniugare progetti e imprese di successo con attività di eccellenza nella cultura e nel sociale. Abbiamo intervistato Ilaria Borletti Buitoni nell’occasione. Nata a Milano nel 1955 e laureata in Scienze Politiche, ha ricoperto, tra l’altro, diversi incarichi-chiave nel panorama istituzionale del nostro paese. Ne ricordiamo due tra tutti: come Sottosegretario al Ministero dei Beni Culturali, dal 2013 al 2018 (nel Governi presieduti da Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni) e come presidente del FAI – Fondo Ambiente Italiano, dal 2010 al 2012.
Lei sintetizza apertamente i suoi intenti nella vita: “Arte, cultura, paesaggio, beni culturali, diritti civili, cooperazione internazionale, Africa, musica classica. Questi sono stati e saranno sempre temi ai quali dedicherò il mio impegno”. L’arte ha il primo posto in questa serie di parole-chiave e c’è anche la musica. Cos’è per lei l’arte? E l’arte contemporanea, nello specifico?
L’arte è una parte importantissima delle nostre vite e del nostro patrimonio culturale. Sono membro di istituzioni che promuovono la conoscenza della musica da camera e ingegni musicali da tutto il mondo. La contemporaneità, in particolare, proprio perché esiste un’omologazione terribile, permette al talento di esprimersi. Sono estremamente favorevole a questo vitalismo individuale: dobbiamo sostenerlo e favorirlo, contro l’omologazione di pensieri appiattiti, che si possono dirigere e indirizzare come si vuole. Più artisti, più compositori, più architetti abbiamo e più la società è vitale, in grado di esprimere, perciò, pensieri individuali, in contrasto con ciò che il web, ad esempio, ci spinge a diventare come massa.
Il paesaggio, un bene apparentemente immateriale, come si può definire e, quindi, tutelare?
Il paesaggio è il racconto della vita di una comunità: serve a sapere chi siamo. In questi tempi di globalizzazione, in cui è diffuso un certo smarrimento, si espande l’estremismo dettato dall’insicurezza. Il paesaggio offre una lettura di chi siamo, dovrebbe essere il riferimento per l’azione singola e per l’azione pubblica, volta a migliorare la vita delle comunità che vi abitano. Il paesaggio è un parametro utile per la vita delle persone. È stato dimostrato che, dove c’è più degrado paesaggistico, c’è anche un maggiore disagio sociale.
Come si può creare una sensibilità maggiore del cittadino per questo bene culturale? Quali strumenti, secondo Lei, occorrerebbe attivare per riuscirci?
Gli strumenti sono essenzialmente due. Il primo è l’educazione nelle scuole, per cui bisogna rendere i bambini e gli studenti consapevoli e sensibili rispetto al luogo in cui si trovano. Anche qui ci sono delle grandi differenze da paese a paese, in Europa. In Italia, ricordo di aver visto una scolaresca passare davanti ai Bronzi di Riace come se si fosse trovata in una gelateria. In Inghilterra, dove ho vissuto dal 1995 per otto anni, osservavo, invece, le scolaresche sedute e composte a disegnare in silenzio nei musei.
E il secondo?
Il secondo strumento è che i cittadini chiedano alla politica di occuparsi dei loro interessi. Basti pensare ai danni che fa il condono. Ad esempio, in Campania, in un’area come quella alle pendici del Vesuvio, l’abusivismo coinvolge migliaia di persone e distrugge non soltanto il paesaggio, ma mette a repentaglio le vite di tutti in caso di catastrofe.
Quale è lo stato dell’arte nel nostro Paese?
In Italia siamo molto indietro su questi temi. La Baukultur è un concetto che ancora non ci appartiene, ma è molto considerato in centro Europa, in Germania e in Svizzera, dove si studia attentamente il contesto culturale e paesaggistico, prima di realizzare nuovi progetti di costruzioni. Si valutano materiali, architetture, ambiente e identità culturale locale, che devono essere rispettate nel processo di rigenerazione urbana.
Che funzioni ha davvero la “Carta Nazionale del Paesaggio – Elementi per una Strategia per il paesaggio italiano”?
La Carta del Paesaggio, presentata il 14 marzo di quest’anno, è un documento di diritto politico che chiude un lungo percorso di lavoro e di riflessione, elaborato dall’Osservatorio nazionale per la qualità del paesaggio, da me presieduto, e compiuto nelle due giornate degli Stati Generali del Paesaggio del 26 e 27 ottobre 2017. La Carta indica una strategia nazionale per il paesaggio, in modo che venga messo al centro delle politiche pubbliche come strumento di sviluppo, coesione, legalità, educazione e formazione. Sta anche ai cittadini, adesso, ricordare alle istituzioni che il documento esiste e sollecitarle a usarlo, ad applicarlo e ad attuarlo.
Quanta parte hanno, o dovrebbero avere, questi valori culturali all’interno dei diritti civili?
Sebbene tutelato dall’articolo 9 della nostra Costituzione – “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione” –, il diritto al paesaggio è respinto dai giuristi in punta di penna. Esiste però da un punto di vista etico e civile, perché tutti abbiamo il diritto incontestabile a vivere in un paesaggio non degradato, paesaggio che è patrimonio di ognuno di noi.
La sua autobiografia del 2014 ha un titolo molto significativo: “Cammino ControCorrente”. Qual è principalmente la corrente alla quale si riferisce?
Sin dai nomi che porto, la mia estrazione sociale è evidente e, in teoria, sarebbe stato prevedibile per me un destino “protetto”, meno esposto e meno battagliero. In questo senso, il percorso della mia vita, che mi ha condotto dall’Inghilterra all’Africa, si può definire, dunque, controcorrente. Inoltre, sono contraria al politicamente corretto: fa parte del mio carattere un atteggiamento psicologicamente diverso, che mi ha portato dall’esperienza imprenditoriale all’estero all’impegno sociale, fino alla scelta di entrare in politica.
Lei, che proviene da una importante dinastia imprenditoriale lombarda – suo nonno, Senatore Borletti, era il proprietario del primo grande magazzino italiano, La Rinascente –, racconta nello stesso libro di un’Italia in costruzione all’inizio del secolo scorso, dove piccole realtà̀ locali si trasformeranno in imprese di rilevanza nazionale e dove “il successo non è dovuto ai privilegi ereditati ma all’impegno e alla lungimiranza”. Quanto sente attuale o tramontato, oggi, quello spirito progressista? Perché?
Lo sento molto tramontato. Oggi il conservatorismo prevale, con la paura e il terrore di perdere ciò che si ha. Si manifesta di continuo l’aggressività verso chi è diverso. Questi sono grossi errori, se si pensa che è previsto che, entro il 2050, arriveranno dall’Africa 150 milioni di persone. Invece di erigere muri assurdi, dovremmo costruire opportunità.
– Linda Kaiser
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