26 quadri sequestrati dalla Procura della Repubblica. Cosa succede a Noto?
Cerchiamo di capire cosa è successo sul caso della mostra “L’impossibile è Noto” e delle opere presunte false sequestrate in questi giorni. Qui il corsivo di Aldo Premoli
Il linciaggio è una pratica che non sopporto. Quello per via mediatica poi pare anche più infame. Ma il fatto esiste, e giornali siciliani ribollono (cosa assai singolare) di pagine e doppie pagine dedicate a una manifestazione di arte contemporanea.
Martedì 2 settembre 26 opere facente parte della mostra curata da Giancarlo Carpi e Giuseppe Stagnitta sono state sequestrate dai Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale. Le indagini, coordinate dalla procura di Siracusa, sono scattate dopo la denuncia del presidente della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico sull’esposizione di quattro opere attribuite a Giorgio de Chirico e sconosciute alla Fondazione. La Procura di Siracusa chiede a Sicilia Musei di risponde di 22 opere “di dubbia autenticità” e 4 di de Chirico ritenute false. In risposta Sicilia Musei diffonde un dettagliatissimo comunicato stampa stando al quale 22 sarebbero assolutamente certificate e ha poi nominato consulente tecnico di parte Vittorio Sgarbi.
LA MOSTRA L’IMPOSSIBILE È NOTO
Ma prima di passare all’affaire Sgarbi una precisazione va ancora fatta. L’impossibile è Noto è una delle 21 mostre prodotte negli ultimi 4 anni da Sicilia Musei che fa capo a Gianni Filippini. 21 mostre allestite senza contributo pubblico, ma stornando ai comuni ospitanti il 10% degli incassi sulla biglietteria. Almeno per capire il quadro politico culturale e economico in cui si inserisce la vicenda. Sicilia Musei è un progetto ambizioso, soprattutto per il contesto siciliano. Filippini stava creando una vera e propria egemonia su comuni come Trapani, Ragusa, Noto, Catania e Siracusa: magari non un’esclusiva ma di certo una fortissima influenza. E un aostano stabilitosi sull’isola (in particolare a Noto da qualche anno divenuto meta di flussi turistici di grande intensità) dà nell’occhio, non gli si perdona il troppo successo alla botteghino (si tratta sempre di mostre molto fruibili, popolari) e il pedigree poco blasonato. Prima di dedicarsi all’arte contemporanea Filippini ha lavorato a Torino e a Milano tra l’altro come manager sportivo, poi trasformatosi in impresario teatrale.
Filippini non ne ha mai fatto mistero e interpellato telefonicamente a questo proposito risponde esattamente come ci si aspetta da un impresario: “Soltanto a Noto per realizzare le mostre negli ultimi 4 anni Sicilia Musei ha investito 720.000 mila euro. Nonostante gli inviti da me rivolti a vari possibili partner – indifferentemente pubblici o privati – in questo periodo non abbiamo visto altre realtà disposte a investire in modo importante per sostenere il progetto Noto Città d’Arte su cui stiamo lavorando da tempo”.
VITTORIO SGARBI
E veniamo all’affaire Sgarbi. Già Assessore alla Cultura dell’Assemblea Regionale Siciliana (2017-2018), il Vittorio nazionale ha lunga e intensa consuetudine con l’isola. Lo scorso 30 agosto è stato ospite di Filippini proprio nel cortile del Convitto delle Arti che ospita la mostra incriminata. Lo ha fatto per la conferenza di lancio di uno dei suoi volumi dedicati al Novecento: una conferenza-show (palco all’aperto, video proiezione e conturbante racconto di un oltre mezzo secolo di arte in 35 minuti) che ha fatto il tutto esaurito: presenti le autorità tutte e un gran struscio di signore in lungo accompagnate da azzimatissimi fan. E proprio in questa occasione per la mostra prodotta da Filippini il critico non ha lesinato gli elogi. Nella stessa occasione il duo Sgarbi-Filippini ha addirittura fatto balenare l’intenzione di costruirne nel 2020 una nuova vasta e diffusa mostra dedicata agli artisti siciliani in tutti gli ambienti disponibili a Noto. Si farà ancora dopo quanto accaduto?
Personalmente ho avuto modo di polemizzare proprio su Artribune circa l’allestimento di una mostra prodotta da Gianni Filippini e curata da Vittorio Sgarbi al Castello Ursino di Catania. E ho ricevuto una risposta piccata proprio da quest’ultimo che – si sa – quanto a polemiche non teme confronti.
Sarebbe interessante sapere ora che la Procura della Repubblica di Siracusa è intervenuta così clamorosamente per quali ragioni il critico ferrarese torna in difesa dell’impresario aostano.
– Aldo Premoli
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