Un kit antistereotipi per i Musei. L’incontro al Museo del 900 di Milano e i risultati presentati
Museums & Stereotypes. Una conversazione su musei e pregiudizi L'incontro con professionisti internazionali tenutosi al Museo del 900 dove è stato presentato un kit antistereotipi ideato da ABCittà
Si parla tanto dell’impatto sociale dei musei sul territorio, per fortuna, si discute sempre di più di come accogliere tutti i pubblici, dell’esigenza di incontrare sguardi differenti sulla città e sul mondo, magari, perché no, cercare di cambiarlo anche grazie ai musei in meglio. Si parla ancora troppo poco, invece, dei pregiudizi, delle diversità che ci abitano, degli stereotipi che ci imbrigliano.
LA SCUOLA DI FORMAZIONE INTERNAZIONALE SU MUSEI E STEREOTIPI
I laboratori della Scuola, la cui seconda edizione si è conclusa in questi giorni, hanno offerto l’opportunità di esplorare e sviluppare prospettive critiche attraverso voci e approcci diversi, per rendere i musei luoghi coinvolti, volti a generare impatti culturali, attraverso narrazioni sul tema della diversità e dell’inclusione. I promotori della cooperativa sociale ABCittà hanno spiegato come si viva quotidianamente di pregiudizi e stereotipi, raramente acquisiti da esperienze in prima persona. Si etichettano le identità per sopravvivere alla complessità e sentirci al sicuro all’interno dei nostri gruppi. Siamo noi, all’interno del gruppo e, loro, fuori dal gruppo. Le nostre identità sono descritte attraverso molti aggettivi, le “loro” sono spesso racchiuse in una sola parola: migranti, persone con disabilità, rom o persone LGBTQ, senza tetto, disoccupati, prostitute, per esempio. Ecco, dunque, la nuova proposta: supportare in ogni modo l’inclusione sociale, smantellare gli stereotipi attraverso strategie diverse, cominciare dentro al museo per uscire poi sul territorio. Studiare i non-pubblici e metterli nella condizione di scegliere se andare o no al museo.
LE RELATRICI
A moderare gli incontri sono state Anna Chiara Cimoli e Maria Chiara Chiaccheri di ABC, sono intervenute: Aurora Rodonò, responsabile della diversità presso il Museo Etnografico di Colonia; Sarah Smed, capo del Danish Welfare Museum; Bernadette Lynch, scrittrice, ricercatrice e professionista museale con trent’anni di esperienza nella direzione senior nei musei del Regno Unito e del Canada. Hanno raccontato una nuova visione della Storia, del colonialismo, dei vincitori, dei vinti, delle migrazioni, degli ultimi, sottolineando il fatto che, per avere successo nella propria mission, i musei devono dare voce all’anonimo, rendere visibili le persone spesso considerate invisibili e, allo stesso tempo, fornire nuove intuizioni, nuove ricerche, su nomi ed eventi familiari. I musei sono istituzioni privilegiate, sono disposte a condividere questi privilegi? Come rispondono le politiche neoliberiste alla ricerca di condivisione e democrazia? Il parterre al femminile, però, fa anche rilevare come gli atteggiamenti liberali e i discorsi socialmente progressisti, tipici di molti musei, troppo spesso non si riflettano sul loro obbligo etico verso il personale e i loro salari, soprattutto quelli delle donne. I musei avrebbero la possibilità, adesso, di rompere anche questo stereotipo: diventare leader nell’equità retributiva sul posto di lavoro.
IL TOOLKIT
Il kit di Museums & Stereotypes è uno strumento pensato per professionisti e progettisti museali ma che può fare discutere chiunque abbia una sensibilità estetica e una passione per questi luoghi incantati che accompagnano le nostre vite. Attraverso stupende immagini, scattate da fotografi del Novecento e realizzate quasi tutte nei musei, comincia un giro di domande aperte, cui provare a rispondere condividendo le proprie esperienze, per supportare l’indagine critica degli stereotipi più diffusi al museo. Ci si avvicina e si chiacchiera. Si può anche non rispondere a una domanda, se non si sa che cosa dire. Non esistono risposte stupide. Se immagine sollecita reazioni ci si spiega il perché. C’è qualcosa che infastidisce, qualcosa che suona familiare? Si parla così di politiche identitarie riguardanti genere, sesso, età, provenienza culturale, abilità, ma anche di ambiti prettamente museali come l’allestimento, l’educazione, la comunicazione. Quali connessioni di senso è possibile rintracciare associando fra loro carte diverse? Quanti e quali pubblici riconosciamo, per quali musei? Perché spesso gli allestimenti preferiscono l’estetica alla comprensibilità? Chi guarda i guardiani? Chi cura i curatori? Perché costa tutto così tanto nei negozi dei musei? Acchiappate quel bambino! ehi, ma non dovrebbero pensarci i genitori? Perché nei musei storico-artistici gli allestimenti sono spesso cronologici? Museo e democrazia: un binomio impossibile? In che senso il museo è il luogo dell’educazione informale? Come mai i musei tendono a esplicitare più risposte che domande visto che ce ne sono così tante aperte?
-Mercedes Auteri
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