SMATH, il progetto dell’Università Ca’ Foscari porta gli artisti in residenza nelle aziende
Abbiamo intervistato Fabrizio Panozzo, docente del Dipartimento di Management di Ca’ Foscari, capofila del progetto che ha sperimentato l’inserimento di 6 artisti all’interno di altrettante aziende venete, con lo scopo di rinnovare filiera e produzione delle imprese. Ecco i risultati – anche scottanti – che sono emersi durante il progetto…
In che modo possono essere declinati i rapporti tra cultura ed economia, e in particolare quello tra arte e impresa? Questi due mondi, apparentemente distanti, possono in realtà essere conciliati e addirittura creare sinergie e collaborazioni da cui trarre beneficio entrambe? Se il rapporto arte-impresa di solito riconduce al concetto di mecenatismo, quello studiato e sperimentato in Veneto dal Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia pone l’attenzione e prova a dare risposte ad alcune domande: “cosa succede quando un artista entra in un’azienda?”; cosa generano la sua visione e il suo pensiero?”; “quale innovazione può nascere dalla contaminazione tra arte e impresa?”. Si intitola SMATH il progetto di “Art Thinking” che ha visto 6 artisti entrare in altrettante aziende venete con una residenza artistica finanziata con fondi pubblici, con l’obiettivo di sviluppare idee progettuali per dare vita a servizi e prodotti innovativi. In altre parole, l’artista e la sua creatività sono entrati a far parte della filiera di produzione aziendale, contribuendo attivamente al suo funzionamento e/o miglioramento. Le 6 residenze artistiche rappresentano la fase conclusiva del progetto internazionale “Smart Atmospheres of social and financial innovation for innovative clustering of creative industries in Med area”, finanziato dal programma Interreg Med 2014-2020, che vede capofila la Regione del Veneto con il Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia. Responsabile scientifico del progetto è Fabrizio Panozzo, docente del Dipartimento di Management di Ca’ Foscari: “alla base del progetto è Art&Business, la metodologia di ‘Art Thinking’ fondata sull’interazione tra arte e impresa che la nostra ricerca ha ideato e codificato in questi ultimi anni”, spiega Panozzo. “Abbiamo la convinzione che ‘pensare artisticamente’ renda le aziende anche più competitive e innovative, e sia necessario e possibile un nuovo modo di intendere e costruire le relazioni tra i due universi”.
SMATH IN VENETO. GLI ARTISTI E LE AZIENDE DEL PROGETTO
Chi sono gli artisti e le aziende che hanno sperimentato il progetto promosso da SMATH? Il visual artist giapponese Kensuke Koike realizzerà un’installazione destinata a un luogo pubblico per valorizzare il sistema virtuoso di raccolta, smaltimento e riciclo dei rifiuti di Contarina spa (Spresiano, Treviso); il collettivo di artisti digitali padovani D20 Art Lab realizzerà un intervento di data-art partecipativa presso Electrolux spa (sede di Susegana, Treviso), coinvolgendo i lavoratori nella progettazione di spazi comuni di pausa e relax permeati da suoni e immagini generate elaborando i dati digitali della fabbrica 4.0; l’artista visiva e fotografa slovena Špela Volčič curerà un “laboratorio di immagini” sulla panificazione per Pane Quotidiano (della cooperativa sociale Idea nostra di Vicenza), spazio aperto a utenti, dipendenti e cittadini da cui nasceranno i materiali di comunicazione della cooperativa; Studio Tonnato (Venezia) insieme all’azienda F/Art (Preganziol, Treviso) attraverso un percorso di Land Art Industriale daranno vita a un “Museo dell’Accumulo” che valorizzerà la stratificazione industriale, produttiva e socioculturale dell’area; il duo artistico veneziano Teoria&Preda darà vita a opere di grafica e poesia utilizzando l’inchiostro ricavato a partire da un processo innovativo di recupero dei gas di scarico dei macchinari di Gv3 Venpa spa (Dolo, Venezia); infine, gli artisti Alessio Ballerini e Simona Sala (Ancona/Torino) con la coop sociale Verlata (Villaverla, Vicenza) proporranno workshop sensoriali di educazione acustica coinvolgendo le persone della cooperativa e il territorio, per realizzare poi un’opera di videoarte e soundscape che racconti promuova il progetto della loro Fattoria “Don Manfrin”. Del progetto e soprattutto dei risultati emersi durante il periodo della sua realizzazione abbiamo parlato con il Prof. Fabrizio Panozzo.
Come nasce il progetto SMATH?
Si tratta della prima iniziativa in Italia di questo genere, con il quale viene introdotto un modello di progettazione artistica attraverso modalità competitive innovative, grazie al supporto di un finanziamento pubblico. SMATH si inserisce all’interno di un lavoro di ricerca che stiamo portando avanti come Laboratorio di Management dell’Arte e della Cultura di Ca’ Foscari, da 5 anni impegnato a indagare e sperimentare le connessioni tra cultura ed economia, e in particolare tra arte e impresa, rapporto questo che spesso rimane un proclama grandi potenzialità ma dai pochi esempi pratici, se non nei casi in cui all’artista viene commissionata un’opera che rimane però separata dall’attività industriale.
Da quali riflessioni siete partiti e in che modo si sono poi concretizzate?
Abbiamo voluto riflettere sulle possibilità dell’interazione del lavoro artistico all’interno delle dinamiche di lavoro delle imprese. Abbiamo iniziato a immaginare che il lavoro artistico si potesse dispiegare all’interno dell’impresa non tanto come opera finita che viene portata nello spazio aziendale, ma sotto forma di ideazione artistica che si implementa nei processi dell’azienda. Abbiamo così iniziato con le prime sperimentazioni, e poi con i primi finanziamenti abbiamo sistematizzato a livello regionale e anche oltre questo modello. Con SMATH lo trasferiamo su scala europea perché siamo capofila di questo progetto, andando così a sperimentare la fattibilità di queste interazioni nell’area mediterranea.
Che tipo di risposte avete ottenuto finora da parte delle aziende aderenti al progetto? Hanno registrato cambiamenti/miglioramenti/benefici a livello produttivo ed economico dopo questa esperienza?
Da parte delle aziende abbiamo notato, soprattutto nelle fasi iniziali del progetto, grande entusiasmo e disponibilità. A esperienza conclusa, però, abbiamo anche notato come le aziende abbiano difficoltà a dare un senso e un proseguo al nuovo modello sperimentato, e quindi a integrarlo nella propria filiera. Ci siamo impegnati infatti per offrire supporto nel gestire l’interazione tra aziende e artisti, fornendo strumenti che possa aiutarli a portare avanti questo tipo di attività anche a progetto terminato (e finanziato con fondi pubblici).
Perché un’azienda dovrebbe “dotarsi” o collaborare con un artista? In che modo il lavoro e la visione dell’artista può migliorare il prodotto o il sistema di produzione di un’azienda?
Una collaborazione sistematica con un artista può aiutare un’azienda in tre punti: nella comunicazione, dando così all’azienda un’immagine più contemporanea che vada oltre la mera “decorazione”; nell’organizzazione interna dell’azienda, intervenendo così sui processi; nell’innovazione del prodotto, cioè nei casi in cui (e abbiamo avuto modo di osservarne e studiarne) l’idea artistica si è tramutata in prodotto, diventando così per l’azienda un’occasione per riflettere sulla propria produzione. Quindi comunicazione, cambiamento organizzativo e innovazione di prodotto e di processo: sono questi i punti su cui ci stiamo concentrando in questo momento.
Un sistema di questo tipo come potrebbe influire sull’attività di un artista?
Con questo tipo di esperienza all’artista si apre l’opportunità di una nuova area di business, una nuova possibilità rimunerativa oltre alla sua attività di ricerca autonoma. Con questo modello di business l’artista si pone quindi come una sorta di fornitore di servizi per il mondo aziendale, come un collaboratore che su base anche continuativa può proporre interventi artistici. Non più quindi come un soggetto che porta avanti la propria ricerca e poi cerca sostenitori e sponsorizzazioni per realizzare i propri progetti. Una cosa su cui stiamo lavorando infatti è insegnare agli artisti come presentarsi alle aziende in veste di fornitori di servizi che con esse può elaborare progetti e interventi.
Che tipo di risposta e reazioni avete riscontrato negli artisti durante queste esperienze in azienda?
Abbiamo notato che con ricettività e sensibilità diverse gli artisti stanno capendo che in questo ambito c’è una possibilità di lavorare e di avere un canale diverso rispetto a quello delle gallerie e del più tradizionale mercato dell’arte. Un altro aspetto significativo è la comprensione da parte dell’artista del reale funzionamento dell’economia: spesso gli artisti sono interessati al capitalismo e all’economia in chiave critica, ma spesso non c’è una reale e concreta conoscenza di questi fenomeni.
Ha notato nelle giovani generazioni di artisti interesse e apertura nei confronti di queste forme di business? L’artista di oggi è aperto e pronto a presentarsi alle aziende non solo come “artista” ma anche come fornitore di servizi, riuscendo quindi a trovare un equilibrio tra le visioni (apparentemente contraddittorie) creativa e quella produttiva?
Noto una spaccatura: se vogliamo categorizzare in maniera sintetica, possiamo dire che ci troviamo di fronte a due macro-categorie di reazioni da parte degli artisti: da un lato sono quelli che abbracciano e aderiscono con parecchio entusiasmo a queste attività, dall’altro sono quelli che portano avanti una visione molto retorica e stereotipata dello scontro di culture tra il mondo della produzione aziendale e quello dell’arte, convinti che quest’ultima per definizione debba svolgersi in altro contesto, sebbene quello dell’arte sia anch’esso un mondo basato sulla produzione e sul mercato.
Da cosa dipende questa spaccatura di visione da parte degli artisti?
Dipende molto dalla condizione economica dell’artista. Se ci troviamo di fronte a un artista che per background familiare non ha l’urgenza di lavorare per vivere, può permettersi di mantenere una posizione distante e dialettica; quelli invece che vogliono contemperare il proprio lavoro artistico con la sopravvivenza, cercano di trovare posizionamento all’interno di questo mondo.
Quindi la scelta di partecipare o meno a progetti di questo tipo dipende in gran parte dalla posizione sociale/economica dell’artista?
Diciamo che se l’artista ha necessità di tipo economico, aderirà con più facilità a questo tipo di progetti; dall’altro lato l’artista che vanta invece una posizione economica e sociale che gli permette di portare avanti la propria ricerca in maniera “pura”, rinuncerà argomentando con ragioni di natura ideologica.
Un progetto incentrato sul rapporto arte-impresa vi ha condotto così ad affrontare temi di natura anche sociale…
Nel contemporaneo non c’è più la storia sociale dell’arte. Si dovrebbero analizzare le attuali generazioni degli artisti visivi o anche del cinema: avremmo modo di vedere come esista una fortissima correlazione tra condizione sociale di partenza e possibilità di agire autonomamente e professionalmente nel mondo dell’arte. Questo è un tema tangente, lo vediamo nel corso del nostro progetto: soprattutto nelle fasi iniziali, sono i figli delle persone abbienti a fare arte, mentre i figli di operai fanno maggiore fatica, a prescindere dal talento e dalle capacità.
– Desirée Maida
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