Cos’è accaduto al mondo del restauro durante il lockdown? Un sondaggio
Un laboratorio di restauro milanese sta diffondendo un questionario rivolto a restauratori e conservatori di tutta Italia, per mappare le criticità del settore durante il lockdown da Coronavirus. Ecco cosa è emerso
“Con l’emergenza sanitaria per il Covid-19 si è fermato anche il lavoro di restauratori e conservatori di beni culturali. La nostra preoccupazione di esperti specializzati è stata di continuare a effettuare almeno i controlli periodici sulle opere, ma finora è stato molto difficile se non impossibile. Ci siamo chiesti se la nostra esperienza sia comune a tutto il settore. Abbiamo creato questo questionario per scattare una fotografia di una situazione in continua evoluzione e cominciare a immaginare nuove soluzioni”. Con queste parole Oltremodo Studio, società di restauro milanese fondata da Marianna Cappellina e Christian Tortaro, invita i colleghi di tutta Italia a rispondere a un questionario (disponibile a questo link e, se si desidera, compilabile anche in forma anonima) che si pone come obiettivo la conoscenza e il confronto di quanto accaduto negli ultimi mesi di pandemia nell’ambito del restauro e dei beni culturali. “La nostra preoccupazione di esperti specializzati è anche quella che si effettuino almeno i controlli periodici sulle opere, il che finora in ambito privato è stato molto difficile se non impossibile”, ci spiega Marianna Cappellina. “Al contrario, sappiamo che in ambito pubblico, sebbene non in modo omogeneo, in molti si sono organizzati per monitorare le opere lasciate da sole durante questa lunga quarantena”. Delle difficoltà anche di natura burocratica del lavoro dei restauratori durante il lockdown da Coronavirus ha già parlato in maniera esaustiva Silvia Conti in questo articolo; con Cappellina invece abbiamo parlato delle ragioni che l’hanno spinta, insieme al suo socio, a realizzare il questionario, facendoci raccontare cosa è emerso finora dalle risposte ottenute da oltre 130 colleghi.
RESTAURO E PANDEMIA. COSA È ACCADUTO NEGLI ULTIMI MESI?
“Ci siamo chiesti se la nostra esperienza sia comune a tutto il settore”, continua Cappellina. “Abbiamo creato e stiamo diffondendo il questionario per scattare una fotografia di una situazione in continua evoluzione e cominciare a immaginare nuove soluzioni per il futuro. La nostra ambizione è quella di mappare il territorio con le sue situazioni particolari e poi confrontarlo regione per regione, e se riusciremo anche con altri paesi europei, e acquisire dati prima che le cose cambino di nuovo per poter imparare qualcosa da questa situazione completamente nuova”. In questa intervista vi raccontiamo qual è l’impatto che la pandemia ha avuto e sta avendo sul lavoro dei restauratori.
Cosa è accaduto quando è iniziato il lockdown? In che termini la pandemia ha bloccato il vostro lavoro?
Al momento della chiusura di tutte le attività nel marzo di quest’anno, tantissime opere che si trovavano in restauro presso laboratori privati sono rimaste chiuse fuori dai musei ed effettivamente sotto la responsabilità delle ditte affidatarie degli incarichi. Di queste fa parte anche la mia società. Come tutti, anche i restauratori non hanno potuto proseguire i lavori nel periodo di quarantena e le opere sono dunque state lasciate senza un controllo adeguato e spesso a metà dei trattamenti conservativi: solo il 2% dei partecipanti al questionario ha potuto concludere i lavori anticipatamente o modificare i progetti per ragioni di urgenza.
Quali sono le principali difficoltà riscontrate dai restauratori autonomi subito dopo il lockdown? Come hanno gestito le opere rimaste in laboratorio?
Nel silenzio istituzionale i restauratori hanno dovuto organizzarsi secondo il loro buon senso e assumersi la responsabilità delle proprie azioni su beni che sono di interesse pubblico; trovandosi a dover riorganizzare la permanenza delle opere in laboratorio da casa con l’estensione a proprie spese delle polizze assicurative, il blocco dei trasporti, la sospensione delle mostre e il cambiamento stagionale che incide molto sulle condizioni dei materiali artistici.
I restauratori autonomi che tipo di indicazioni hanno ricevuto da parte dei proprietari delle opere? Avete inoltre raccolto dati da parte di restauratori che lavorano in enti di conservazione?
Quasi il 70% dei restauratori autonomi interpellati non ha ricevuto indicazioni da proprietari ed Ente di Tutela su come comportarsi al momento del lockdown, e più della metà dei partecipanti non ha mai avuto modo di verificare le condizioni delle opere lasciate in laboratorio. Anche i dati raccolti fra i lavoratori interni agli enti di conservazione raccontano che il 20% degli intervistati ha potuto verificare sporadicamente le opere, e il 15% invece ha potuto controllare costantemente verificando anche i parametri ambientali. I dati raccolti non sono al momento sufficienti per valutare questa varietà di protocolli, ma sembra plausibile una notevole sperequazione di organizzazione tra enti ministeriali, enti locali ed enti privati.
Dai dati emersi è possibile intuire come sarà e che difficoltà presenterà la “fase 2” per i restauratori? Anche dal punto di vista delle nuove misure di sicurezza…
Il 65% dei restauratori privati ha in questo momento in laboratorio opere sulle quali potrà riprendere il lavoro tra le incertezze della “fase 2”, il restante 35% al momento della sospensione stava lavorando direttamente nei musei o in cantieri esterni, che dovrebbero ripartire ma immaginiamo ci saranno differenze caso per caso. L’aspetto della sicurezza dei laboratori di restauro appare in generale molto alta: allarmi con collegamento ai proprietari e alle forze dell’ordine, sensori di movimento e perimetrali presenti in quasi tutti i laboratori interpellati, ma l’aspetto dell’abbandono del presidio ha senz’altro un grande impatto come già detto a livello conservativo, e anche sotto il profilo assicurativo.
Cosa potrebbe accadere?
Le condizioni di frequentazione del posto di lavoro sono infatti cambiate e il rischio di malfunzionamento degli impianti, o addirittura di intrusione, è oggettivamente un dato che cambia le condizioni del rapporto con l’assicurazione. La chiusura oggi è stata causata da un’emergenza sanitaria, ma potrebbe ripresentarsi per altre ragioni. Le principali assicurazioni fine arts sul mercato si stanno interrogando sull’argomento con webinar e conferenze, sia per quanto riguarda le condizioni offerte dai privati, sia per la gestione dei protocolli di sicurezza dei musei. Ma la discussione è appena cominciata. Il mondo del restauro sembra perciò essersi fatto trovare impreparato dall’emergenza che ha comportato la condizione di isolamento delle persone e dei beni.
In che modo potrebbe/dovrebbe essere gestita l’attuale emergenza?
La gestione di conservazione e valorizzazione del patrimonio storico culturale nel nostro paese si fonda sulla compresenza e la corresponsabilità di intervento pubblico e partecipazione dei privati, e in questo intreccio gli operatori del restauro sono per la maggior parte professionisti privati coinvolti alla fine del flusso di studio sui beni. Se in condizioni di vita normali le falle del sistema si richiudono strada facendo, nell’attuale situazione emergenziale queste rappresentano delle perdite imponenti di forze lavoro e cautela sui beni. Forse, per un settore che dovrebbe preoccuparsi del futuro, è importante aprire un dibattito fra tutti gli attori in campo che metta in discussione alcuni fondamenti burocratici del sistema della tutela in funzione di una maggiore flessibilità. Attraverso la diffusione del questionario e grazie ai professionisti che vorranno contribuire con le loro risposte, auspichiamo di raccogliere i dati necessari ad avviare uno studio sistematico, che ci piacerebbe definire per riflettere collettivamente su modalità e strategie di ripartenza nel particolare settore del restauro.
– Desirée Maida
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