Il programma 2020 della Fondazione Marconi di Milano. Intervista a Giò Marconi
Continua il ciclo di interviste che Artribune ha dedicato ai musei e alle fondazioni italiane nel difficile anno che stiamo vivendo. Giò Marconi ci racconta il programma della Fondazione che porta il suo nome
Un ciclo di mostre che si concentrerà su tre decenni di storia: gli anni Sessanta, Settanta e infine gli anni Ottanta e la voglia di fare il punto riordinando sito, archivio e idee per il prossimo futuro. Così Giò Marconi, gallerista alla guida della Fondazione di Milano che porta il suo nome e quello di papà Giorgio racconta progetti e condivide riflessioni sui mesi che verranno. Ecco cosa accadrà da qui al 2021.
Come è l’autunno 2020 per la tua istituzione?
Diverso dal solito. Faremo delle mostre ma al tempo stesso ci concederemo anche del tempo per una riorganizzazione generale all’interno della Fondazione. Penso al sito web, al riordino dell’archivio e degli spazi, alla programmazione per il prossimo anno…
Cosa ti aspetti dai mesi che verranno?
Mi aspetto un ritorno alla normalità con un bagaglio in più di nuove esperienze. Sarebbe bello uscire da questa situazione con una rinnovata consapevolezza su quel che facciamo e su come lo facciamo. Mi piacerebbe se dall’emergenza che stiamo vivendo potesse nascere qualcosa di nuovo.
Che attività hai in programma?
Inaugureremo un ciclo di mostre che si concentrerà su tre decenni di storia: gli anni Sessanta, Settanta e infine gli anni Ottanta. A novembre cominceremo con i Grandi anni ’60: un viaggio per immagini attraverso un periodo di straordinario fermento creativo e culturale e caratterizzato da una grande varietà di movimenti e correnti: dall’informale al concettuale, dall’arte cinetica al nouveau réalisme fino alla celebratissima pop art. Per l’occasione lanceremo il nuovo sito della Fondazione Marconi, arricchito di nuovi contenuti e con una veste grafica completamente rinnovata.
Farai delle modifiche ai tuoi progetti iniziali per adattarli alla situazione in corso?
Direi di no perché in realtà i miei progetti si stanno progressivamente adattando alla situazione in modo del tutto naturale. Non c’è nessuna modifica o forzatura, stiamo sviluppando idee compatibili con quella che è la situazione attuale e per adesso continueremo così.
Quali pensi che saranno le sfide che i musei dovranno affrontare nel prossimo futuro?
La sfida sarà riuscire a convivere con il virus, intraprendere nuove strade per interagire con il pubblico, senza perdere di vista la prerogativa principale di una sede espositiva che è quella di instaurare un rapporto di fiducia con il suo pubblico e di tenere viva l’attenzione, alimentandola con nuovi stimoli e progetti.
Cosa chiedi alla politica in questo momento comunque difficile?
Sicuramente chiedo di non dimenticare l’arte, lo spettacolo, la cultura in genere, quindi anche la scuola; di non sottovalutare il valore che questi settori hanno nella nostra formazione e nella vita di tutti i giorni.
Consigliaci un libro.
Suggerisco Come un respiro, l’ultimo romanzo di Ferzan Ozpetek che apprezzo molto come regista e come autore. Mi piace il suo modo di raccontare la vita, pieno di sorprese e colpi di scena: nulla è mai come appare a un primo sguardo.
– Santa Nastro
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