È morta la storica e critica d’arte militante americana Barbara Rose
“Sono sempre contro, è la mia personalità”, diceva Barbara Rose ad Artribune in un’intervista del 2018. Ecco la vita e i passi più importanti di un’imprescindibile figura del mondo dell’arte che all’apice della sua carriera si schierò contro l’arte effimera, cool, riproducibile.
È morta la notte di Natale la storica e critica d’arte Barbara Rose, nata a Washington nel 1936. Docente di Storia dell’arte all’American University di Washington, scrittrice e curatrice di mostre, era partita negli anni ’60 trovandosi immersa nell’età dell’oro della scena artistica americana, tra avanguardie, Minimal Art e Pop Art. È stata anche direttrice di museo, curatrice, corrispondente editoriale e redattrice per numerose riviste (non per ultima Art Forum, che ha contribuito a creare). Rose ha contribuito a inquadrare con esattezza l’arte del proprio tempo, non risparmiandosi da critiche e attacchi dalla fine del secolo, quando la scena artistica fu invasa da postmodernità, kitsch e sensazionalismo che ha rifiutato fino alla fine.
LA VITA E LA CARRIERA DI BARBARA ROSE
Appassionata d’arte fin dalla giovane età, entra a sedici anni allo Smith College di Northampton nel Massachusetts, ma passa presto al Barnard College di New York e poi alla Columbia University, dove si forma con i professori Meyer Schapiro, Julius Held e Rudolph Wittkower. Per pagarsi gli studi entra a lavorare nella galleria del mitico Leo Castelli, nel pieno boom della scena artistica contemporanea americana: in quegli anni conosce Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Jasper Johns e Frank Stella, che sposa nel 1961 e da cui avrà due figli, per poi divorziare otto anni dopo. Nello stesso periodo scrive un noto saggio, ABC Art, pubblicato nel numero di ottobre del ‘65 della rivista Art in America, rimasto impresso per la sua capacità di descrivere attentamente le caratteristiche del Minimalismo americano e analizzarne le radici partendo da un’attenta distinzione tra l’opera di Kazimir Severinovič Malevič, pioniere dell’Astrattismo geometrico, e Marcel Duchamp, padre dell’Arte Concettuale. Due figure considerate un bivio della storia dell’arte del secolo scorso: da una parte La “ricerca del trascendentale, dell’universale, dell’assoluto“, riferito a Malevič, e dall’altra la “negazione totale dell’esistenza di valori assoluti” di Duchamp, capace di trasformare in opera qualsiasi oggetto senza alcun bisogno dell’intervento autoriale dell’artista.
BARBARA ROSE, TRA MUSEI, INSEGNAMENTO E ATTIVITÀ EDITORIALE
Dagli anni ’60 la carriera di Barbara Rose si è divisa tra l’attività editoriale – tra stampa d’arte e generalista – incarichi di rilievo alla guida di musei e insegnamento nelle università americane. Dal 1962 al 1965 è stata corrispondente da New York per Art International; ha collaborato con Art in America, Vogue e Artforum. Dal 1970 al 1971, è stata la prima direttrice del museo all’Università della California a Irvine. È stata la critica d’arte del New York magazine dal 1971 al 1977, consulente di Condé Nast e caporedattrice per il Journal of Art tra gli anni Ottanta e Novanta. Ha curato importanti mostre, tra cui diverse retrospettive sulle avanguardie del primo Novecento, come Miró in America, Fernand Léger and the Modern Spirit: An Avant- Garde Alternative to Non-Objective all’Art Museum of Fine Arts di Houston
BARBARA ROSE, PUBBLICAZIONI E RICONOSCIMENTI
Tra le sue pubblicazioni si ricordano American Art Since 1900: A Critical History (1967), The Golden Age of Dutch Painting (1969) Lee Krasner (1983), e Autocritique: Essays on Art and Anti-Art, 1963-1987, pubblicato nel 1988. Ha ricevuto nel 1966 e nel 1969, il Premio per la critica d’arte da parte del College Art Association of America, ed è comparsa nel 2001 nel docu film sullo scultore della Pop Art George Segal American Still Life. Nel 2010, è stata insignita dell’Ordine di Isabella la Cattolica dal governo spagnolo per i suoi contributi alla storia dell’arte e alla cultura.
BARBARA ROSE IN ITALIA
Barbara Rose è stata legata anche all’Italia, dove ha vissuto molti anni, acquistando una casa presso Todi. È stata Direttrice del programma dell’Istituto Internazionale di Arte e Architettura a Corciano (in provincia di Perugia). Nel 2018, Artribune l’ha incontrata alla Reggia di Caserta, dove ha presentato la sua mostra La pittura dopo il postmodernismo, alla sua terza tappa dopo esser passata a Bruxelles e Malaga. “’Sono sempre contro, è la mia personalità’, dice Barbara Rose seduta tra gli storici dell’arte Claudio Zambianchi e Diane Kelder, l’artista Gianni Dessì e lo stesso Moschini. Sì, ma ‘contro’ cosa? Contro ‘l’arte che non dura’, chiarisce, quella fatta per la riproduzione, caratteristica che a suo dire sta al cuore stesso del cosiddetto – detestato – postmodernismo. Ecco allora la scelta degli artisti presentati a Caserta, che considera accomunati da un’attitudine ‘artigianale’, oltre che ‘mistica’ (in proposito cita Ad Reinhardt). Li chiama ‘resistenti’, li considera dediti a un’arte ‘seria’, quella – appunto – che anzitutto non può essere riprodotta”, scriveva il nostro Pericle Guaglianone raccontando l’incontro con Barbara Rose. A questo link trovate l’intervista integrale.
– Giulia Ronchi
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