Collezione Maramotti di Reggio Emilia: Sara Piccinini nuova direttrice. L’intervista
In seno alla Collezione dal 2007 ricoprendo diversi ruoli (l’ultimo quello di senior coordinator), Sara Piccinini è stata nominata direttrice della prestigiosa raccolta d’arte voluta dall’imprenditore e mecenate Achille Maramotti
Il 2021 inizia con importanti novità per la Collezione Maramotti: la prestigiosa raccolta d’arte contemporanea nata dalla volontà dell’imprenditore e mecenate Achille Maramotti e con sede a Reggio Emilia nell’ex stabilimento della casa di moda Max Mara (fondata proprio da Maramotti) ha nominato da poco il suo nuovo direttore. Chi andrà a dirigere quello che di fatto è uno dei più importanti musei d’arte contemporanea in Italia? Si tratta di Sara Piccinini, che già dal 2007, anno di apertura della Collezione, ha ricoperto diversi ruoli all’interno dell’istituzione, occupandosi di comunicazione, progetti espositivi ed editoriali e residenze. Una carriera tutta interna. Nel 2018, a conclusione del mandato di Marina Dacci come direttrice, Piccinini è stata nominata senior coordinator, assumendo piena responsabilità dell’organizzazione e della programmazione delle attività interne ed esterne della Collezione, attivando collaborazioni con musei e istituzioni pubbliche e private italiane e internazionali. La nomina di Sara Piccinini a direttrice della Collezione Maramotti si presenta quindi come una naturale evoluzione del suo percorso all’interno dell’istituzione, in continuità con i progetti già avviati e in corso.
IL RIALLESTIMENTO DELLA COLLEZIONE MARAMOTTI
Tra i progetti più importanti avviati negli ultimi anni e seguiti da vicino da Piccinini è senza dubbio Rehang Maramotti: nel 2019 infatti dieci sale del secondo piano sono state riallestite con opere e progetti di artisti presentati nei primi dieci anni di apertura della Collezione (Enoc Perez, Gert & Uwe Tobias, Jacob Kassay, Krištof Kintera, Jules de Balincourt, Alessandro Pessoli, Evgeny Antufiev, Thomas Scheibitz, Chantal Joffe, Alessandra Ariatti). “La Collezione Maramotti ha aperto al pubblico alla fine del 2007 e l’esposizione permanente, salvo piccoli cambiamenti, è sempre rimasta uguale. Questo Rehang manifesta il desiderio di presentare un parziale aggiornamento del percorso di visita, per valorizzare l’attività portata avanti nel corso di oltre undici anni, principalmente attraverso progetti commissionati direttamente ad artisti giovani e mid-career”, ci spiegava Piccinini durante un’intervista.
LA MOSTRA MOLLINO/INSIDES ALLA COLLEZIONE MARAMOTTI
Attualmente chiusa per via dalle restrizioni imposte dalla pandemia, alla Collezione Maramotti fino al 16 maggio 2021 è in corso Mollino/Insides, mostra che presenta opere pittoriche di Enoc Perez e fotografie di Brigitte Schindler e Carlo Mollino. Attraverso alcuni scorci dell’ultima enigmatica dimora di Mollino in via Napione a Torino – che ospita ora il Museo Casa Mollino – trasformata dall’interpretazione pittorica di Perez e dall’occhio fotografico di Schindler, si accede poi alle fotografie degli anni Cinquanta e Sessanta delle modelle del fotografo, sfumate nell’essenza misteriosa dell’immaginario che abitano. Oltre al soggetto delle opere in mostra, trasformazione e creazione visionaria accomunano i tre autori.
INTERVISTA A SARA PICCININI
Nata a Reggio Emilia nel 1983, Sara Piccinini dopo gli studi in Scienze della Comunicazione a Bologna, improntati soprattutto alla Semiotica e alle sue applicazioni, partecipa al programma di internship della Collezione Peggy Guggenheim a Venezia nel 2006. Inizia a lavorare presso la Collezione Maramotti a febbraio 2007 seguendo, successivamente, diversi corsi formativi, tra cui nel 2012 il Summer Study in Art Marketing & Communications, Sotheby’s Institute of Art, New York.
Il tuo percorso alla Collezione Maramotti è iniziato nel 2007, anno il cui la Collezione è stata aperta al pubblico. Da allora hai ricoperto diversi ruoli, tra cui quello (dal 2018) di Senior Coordinator. Adesso sei stata nominata Direttrice. Come commenteresti, in breve, il tuo percorso fino a oggi?
Formativo, multiforme, entusiasmante. Quando ho iniziato l’edificio che ospita la Collezione era completamente vuoto, nella sua ultima fase di ristrutturazione. Nei primi mesi sono arrivate e sono state allestite le opere della permanente, l’anno successivo sono iniziati i progetti e le mostre, i libri… Tutto ha preso forma organicamente, ogni esperienza era nuova e poneva sfide diverse. Questo non è cambiato, è una stimolante costante di chi ha il privilegio di lavorare a stretto contatto con gli artisti. Io mi sono occupata soprattutto di comunicazione, ma negli anni ho avuto modo di seguire tanti processi. E dopo la nomina a Senior Coordinator nel 2018, di allargare le responsabilità. Penso che sentirsi parte di una realtà – a base locale e vocazione internazionale – che nasce, cresce e ottiene riconoscimento e apprezzamenti sia un’occasione rara. E ringrazio sinceramente la famiglia Maramotti, Marina Dacci, prima direttrice della Collezione, e tutti i collaboratori – uno staff giovane, stabile, di persone appassionate e preparate – per il loro indispensabile contributo nel dare forma a tutto questo.
La tua nomina a Direttrice arriva in un momento storico difficile, caratterizzato da restrizioni e chiusure dei luoghi della cultura (ad oggi, come tutti i musei italiani, la Collezione Maramotti è chiusa al pubblico). In che modo la Collezione sta lavorando e lavorerà per attraversare questo momento di crisi globale?
La situazione sanitaria, dallo stato emergenziale della primavera 2020 è diventata ormai, dopo quasi un anno, un elemento dalla dimensione temporale dilatata e credo che le sue conseguenze ci accompagneranno da qui in avanti. La crisi ha richiesto un’accelerazione e saranno sempre più necessari nuovi modi di immaginare, di costruire storie, di condividerle, anche indipendentemente dal perdurare della pandemia. Abbiamo cercato, stiamo cercando e continueremo a cercare nuove forme per raccontare la Collezione, sia per quanto riguarda la macro-sfera digitale, sia per la visita in presenza – esperienza che mi auguro torni presto una possibilità, perché insostituibile. Abbiamo messo a disposizione video sulle mostre, interviste e conversazioni con gli artisti, contenuti di approfondimento sulle nostre attività, sia sul nostro canale YouTube che tramite i canali social. E presto inaugureremo nuove serie video sulla nostra biblioteca-archivio, che contiene materiali rari e preziosi, sia sul nostro archivio opere, delle pillole di “open storage” su lavori che non sono abitualmente visibili al pubblico.
Nel 2019 avete realizzato il riallestimento della Collezione permanente, nella quale sono entrate a fare parte progetti e opere esposti negli ultimi anni. Iniziativa, questa, che rispecchia la natura “in progress” della Collezione. Anche alla luce dell’attuale periodo storico, come procederà in futuro l’evoluzione e l’aggiornamento della Collezione?
Per il momento abbiamo dovuto posticipare e riprogrammare, ma fortunatamente non annullare, progetti e attività su cui stavamo lavorando. Nel 2020 siamo riusciti a presentare le mostre Two Thoughts di Svenja Deininger e Mollino/Insides, inaugurata a ottobre e in esposizione fino a metà maggio 2021, con opere di Enoc Perez, Brigitte Schindler e Carlo Mollino. In entrambi i casi, alcune delle opere esposte, come sempre accade, sono entrate a far parte della nostra raccolta. La Collezione sta continuando il suo percorso di condivisione e acquisizione iniziato nel 2008 con la prima mostra, anche se con uno sguardo temporale più vincolato all’evolversi della situazione.
Potresti anticiparci qualcosa circa le mostre e i progetti futuri della Collezione?
Abbiamo in programma l’apertura di nuovi progetti espositivi per il 2021, il primo di ruby onyinyechi amanze a fine febbraio e il duo artistico TARWUK a metà ottobre: tutti loro stanno preparando opere concepite specificamente per la Collezione. Stiamo anche lavorando su mostre con materiale dai nostri archivi, in prosecuzione di una linea intrapresa negli ultimi anni, per espandere lo sguardo sulle opere e sulla ricerca degli artisti in molteplici direzioni. Ci auguriamo poi che quest’anno possa riprendere il corso del Max Mara Art Prize for Women, in collaborazione con Whitechapel Gallery, dopo un anno di pausa forzata: Emma Talbot, la vincitrice dell’ottava edizione, dovrebbe iniziare i suoi sei mesi di residenza in Italia ad aprile 2021, per sviluppare un nuovo progetto centrato sulla rappresentazione del potere, sulla governance e su una figura femminile che eroicamente cerca di ricostruire la società contemporanea, in una nuova configurazione uomo/natura – immagini che pongono interrogativi e riflessioni oggi sempre più stringenti. Inoltre, stiamo discutendo un nuovo progetto di collaborazione con la Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, per l’autunno: l’ultimo è stata la potente performance site specific di Dimitris Papaioannou a fine 2019 (di cui è appena stato pubblicato il libro, con Silvana Editoriale), e non vediamo l’ora di accogliere nuovamente uno sguardo coreografico nei nostri spazi!
– Desirée Maida
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati